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Il cervello dei Nobraino

San Benedetto del Tronto | Nobraino "L'ultimo dei Nobraino"

di

NOBRAINO

"L'ultimo dei Nobraino"

Con la solita ironia gli originali Nobraino titolano l'atteso nuovo album con l'equivoco aggettivo "ultimo". Se fossere inglesi avrebbero preso una posizione (last or latest) ma, sapendo giocare con le parole e col nostro dizionario lasciano a noi il dubbio se il lavoro sia solo ultimo in ordine di tempo o ultimo prima dello scioglimento. Per essere una band non più emergente ma in forte ascesa (è sintomatico il passaggio ad una major discografica) c'è da pensare che questo sia solo il nuovo disco del gruppo che si avvale della magnifica voce del leader, Lorenzo Kruger, ricca di molte colorature, da Fabrizio De André a Francesco Bianconi dei Baustelle. E in tempi difficili in cui i nuovi autori vivono scontri interiori con la ricercà del nuovo, fuori dal "già detto in passato", la creatività si misura sulla citazione più intelligente e sui riflessi di un vissuto musicale un po' ingombrante. I mediocri cascano sempre nella trappola mentre i veri creativi come Dente o Nobraino riescono ad emergere sempre.

E la quarta/quinta prova discografica dei Nobraino, quintetto di Riccione/Rimini, conferma il valore di una formazione matura e di livello che ha fatto della strada il suo vero palcoscenico. Originali in tutto, dai titoli degli album alle antologie, dai live fatti di inediti ai testi esplicitì e pieni di linguaggio quotidiano. E tra i brani conosciuti e apprezzati dal suo pubblico appaiono qui veri e propri inni che tutti i fan ballano e cantano nei concerti: "Bigamionista", "Esca viva" e "Lo scrittore". Quello che più soprende nelle canzoni dei Nobraino sono i testi estremamente originali "raccontati" da Kruger dentro storie da teatro dell'assurdo. E l'impatto dell'album è dato proprio dalle tre canzoni citate. Ne "Lo scrittore" il protagonista usa una "biro da due soldi di una cassa di risparmio che è fallita proprio qualche giorno fa" per buttar giù "ettolitri di endecasillabi per rime senza originalità". Lo stesso amore è lo strano sentimento di un camionista bigamo ("Bigamionista") che ha una donna, a Natali alterni, tra Marsiglia e Siviglia, e decide alla fine di scappare con la terza il giorno del pensionamento. E' un concetto che ritorna in certo modo anche in "Un'altra ancora" ("Ora che potrei amarti ti lascio andare"). In "Esca viva" Kruger diventa il Burroughs della situazione e produce una sorta di cut-up da titoli di giornali e cuce originalità, realtà e parole forti che non andranno mai in Tv. Davvero intrigante la brillante scommessa, nel confronto con Fabrizio De André in "Miche". Kruger rilegge la storia ricomponendo con grande intelligenza un'altra canzone.

Ideologicamente nella scrittura di queste canzoni c'è un moderno Serge Gainsbourg che straccia la realtà stralciandone valori e immagini e travolgendo i luoghi comuni. Le cartoline sanvalentinesche strizzano l'occhio ad innocenti ed ironiche perversioni fatte di corde e frustini tanto da far diventare Jacques Prévert in Pervert. Qui siamo lontani anni luce da Sanremo o da quadretti da mulino bianco. Ci sono storie quotidiane di droghe comuni a uomini e animali. Ci sono solo strade che portano "alla morte degli dei e agli oracoli sbagliati", a conversazioni assurde con il nuovo dio-semaforo, arbitro di un'intera giornata, alla faccia delle profezie. Piacerebbero molto a Paolo Conte queste canzoni (ascoltate "Rallentare a Pietracuta" e ve ne farete un'idea) fatte di ballate pseudo urbane piene di "pura malinconia da masticare" e che riflettono provincia e balere, polka e Romagna ("sei la mia troia, sei la mia famiglia").

Voto 8/10

15/02/2014





        
  



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