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La Montagna Infinita: intervista ad Americo Marconi

San Benedetto del Tronto | Una spedizione attraverso le montagne sacre, in cui l'autore segue le linee del pensiero orientale e occidentale, che si fa percorso spirituale fino alla vetta dove il silenzio gli svela il divino.

di Cristina Grossi

Americo Marconi, autore del "La Montagna Infinita"

Americo Marconi, medico e appassionato alpinista ha recentemente pubblicato con "Pazzini", una casa editrice attenta alla spiritualità, "La Montagna Infinita".

Lei è nato a San Benedetto del Tronto, una località di mare. Quando ha iniziato a frequentare la montagna?
Molto presto durante l'infanzia, con le associazioni cattoliche. Poi, intorno ai venti anni, ho iniziato a praticare l'alpinismo, una passione che ha sempre superato la scomodità geografica di non avere le montagne molto vicine. I monti della mia formazione sono stati I Sibillini e il Gran Sasso.

Cosa l'attrae di più della montagna?
Il rapporto con il silenzio. L'alpinista è solo con se stesso anche quando è in cordata. Da sempre la montagna, l'altitudine suscita in me un senso di sacralità; attraverso un percorso di pensiero ho scoperto Mircea Eliade, ermeneuta e storico delle religioni, riuscendo a dar voce a quel senso del sacro che inizialmente era una pura sensazione. Per Eliade il sacro si mostra negli oggetti del mondo immanente, come può essere una pietra di montagna, e per chi ha un'esperienza religiosa quegli oggetti diventano simboli di trascendenza.
Il pensiero simbolico rende tale mondo aperto: un oggetto non è mai solo se stesso ma rimanda a una realtà trascendente. La montagna, in questo senso, è il luogo in cui Cielo e Terra si congiungono e attraverso il quale passa l'Axis mundi, l'Asse del Mondo. L'altitudine, che è una caratteristica della montagna, è simbolicamente legata all'ascensione, al superamento dello spazio e della finitezza umana.

Altre religioni o filosofie hanno influenzato il suo pensiero?
Nel mio primo viaggio in Oriente visitai il Nepal ed ho conosciuto il buddismo. Rimasi colpito dal senso diffuso di religiosità e dal diverso rapporto che gli orientali hanno con la morte. Solo frequentando la Scuola Superiore di Filosofia Orientale e Comparativa di Rimini sono riuscito a comprendere le suggestioni riportate da quel viaggio e da tanti altri.

Quali sono a suo avviso le montagne considerate più sacre?
Il Kailash in Tibet è considerato sacro da induismo, buddismo, giainismo e bön; in ossequio alla sua sacralità non è permesso a nessuno di raggiungere la cima. Il Taishan in Cina è di certo la montagna sacra visitata dal maggior numero di pellegrini al mondo e il famoso monte Fuji in Giappone, vero e proprio simbolo della religiosità e della nazione. Il buddismo giapponese dell'VIII secolo vede nella disposizione delle montagne un mandala.

Cos'è il mandala?
La parola mandala significa cerchio sacro ed è la rappresentazione grafica delle relazioni esistenti tra microcosmo e macrocosmo, tra Uno e Tutto, tra mente ed universo. Per il buddismo giapponese la disposizione a cerchio di certe montagne intorno a luoghi sacri o delle cime di una stessa montagna sono un mandala, detto in giapponese mandara.

In Occidente esistono montagne ritenute sacre?
Per i tre monoteismi le montagne non sono sacre ma luoghi ove sono avvenute delle rivelazioni: sul monte Sinai, o Horeb, Dio parla a Mosè e gli consegna le tavole della legge. I pellegrini che salgono il monte lo fanno commemorando tale evento. In Italia ci sono i Sacri Monti, luoghi di devozione in cui vengono riprodotte scene della Vita e della Passione di Gesù e dei Santi. La croce che talvolta troviamo sulla cima dei monti ha un forte valore simbolico: il braccio orizzontale rappresenta l'uomo, la sua condizione di immanenza, il verticale la trascendenza divina. L'intersezione dei due bracci incontra il Cristo che è, al contempo, umano e divino e che infine ascende al cielo.

Nel libro colpiscono molto le immagini del Nemrud Dag, un monte che è considerato ammantato da un particolare alone di sacralità. Perché?
Innanzi tutto la collocazione. Pensi ad una cima di una montagna alta 2150 che è un enorme cumulo di sassi grandi un pugno e che certamente cela il luogo di sepoltura di re Antioco I Theos, ai suoi lati altari che contengono colossi di pietra alti 16 metri rappresentanti divinità sincretiche. Scritte in greco di difficile traduzione, improvvisi mutamenti atmosferici... il luogo non può che parlare di altri tempi attraverso un linguaggio misterico e sacrale.

Parliamo dell'ultima parte del suo libro. Lei dice "La montagna reale è scomparsa, ne rimane il simbolo rappresentato da salite del tutto interiori: i cammini mistici". A partire dal percorso di ascesa in sette tappe che compiono i sufi, arriva a elencare diversi cammini ascetici, anche nella tradizione cristiana, accomunati dalla ricorrenza del numero sette. Perché riveste un significato così importante questo numero?
Il sette è numero di perfezione secondo molte trazioni religiose e altrettanti cammini mistici di  ascensione si compiono in sette fasi. Per brevità nel libro ho dato spazio solo ad alcuni di essi: i sette gradi di Agostino di Tagaste, i sette stadi di Bacone, le sette mansioni di Teresa d'Avila, le sette balze di Giovanni della Croce, per la tradizione cristiana. Anche il percorso tantrico è composto da sette cakra. L'ultimo stadio, che venga definito appagamento, contemplazione, estasi, matrimonio mistico è il ricongiungimento tra l'individuo e il Divino, tra il particolare e l'universale.

Per lei come si manifesta il Divino?
Mi sento di condividere i percorsi dell'apofatismo sulla definizione di Dio. Agostino diceva: Si capisti, non est Deus, se lo comprendi non è Dio. La descrizione della divinità per via apofatica o per negazione ha una lunga tradizione. I termini per definirla sono stati quiete deserta, impenetrabilità, abisso, tenebra. Attraverso i non attributi di Dio non posso che pervenire al silenzio, lo stesso che domina la vetta della montagna; qui il silenzio che regna mi dispone verso un'Entità che è ineffabile, che va al di là di ogni affermazione e che posso solo silenziosamente accogliere.

02/02/2012





        
  



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