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Prescrizione dei reati, pro e contro la riforma

San Benedetto del Tronto | Riflessioni tecniche sull'ennesimo scontro politico-istituzionale in materia di giustizia

di Ettore Picardi

La modifica della disciplina della prescrizione dei reati, in cantiere come c.d. legge ex Cirielli e più volgarmente detta salva-Previti, ha riportato alla ribalta il tema sempre rovente della giustizia italiana, la crisi e le riforme proposte. Tanto bollente è il tema che si è arrivati in questo caso addirittura ad un passo da un'inedita crisi istituzionale tra Presidenza del Consiglio e Presidenza della Repubblica.

Questo accade perchè oltre al problema obiettivamente grave della giustizia agonizzante si aggiungono speculazioni politiche e interessi di parte nel trattare l'argomento. Infatti l'impressione è che l'attuale maggioranza abbia al suo interno diverse componenti che serbano rancore verso la magistratura e covano sentimenti di rivalsa, mentre l'attuale opposizione critica tale atteggiamento della controparte più per calcolo propagandistico che non per convinta difesa dell'autonomia della giurisdizione. Come al solito sarebbe il caso di ragionare sulle questioni sul tappeto da un punto di vista tecnico e con serenità di spirito.

Innanzitutto va ricordato come lo scopo dell'istituto della prescrizione dei reati risponda ad un'esigenza di giustizia sostanziale. Impedire cioè punizioni troppo tardive rispetto a fatti che ormai appartengono ad un'epoca passata, che hanno quindi esaurito del tutto la loro attualità. In questi casi la pena, detentiva o pecuniaria che sia, colpirebbe una persona dopo troppo tempo perchè permanga un legame attuale con le colpe che furono.

Sia il condannato che il contesto sociale col passare del tempo non avvertono più il ricordo vivo e quindi il disvalore dell'illecito compiuto e non comprendono più il senso della eventuale sanzione, retributivo o rieducativo che sia tale significato.

Nell'ordinamento vigente la legge stabilisce dei criteri generali per calcolare qual'è il limite oltre il quale il reato ha socialmente esaurito il suo valore lesivo e quindi non risulta più opportuno perseguirlo. La normativa proposta, al centro di vivacissime polemiche in queste settimane,intenderebbe cambiare il modo di calcolo di questo limite.

Non vi sarebbero più scaglioni di reati con prescrizioni a tre, cinque, dieci anni ed oltre a seconda se il massimo della sanzione prevista rientri o meno in una certa tipologia e fascia numerica, bensì verrebbe introdotto un metodo di calcolo fondato direttamente sulla pena massima di ciascun reato. Per esemplificare, oggi se un reato è punito con un massimo di sei anni di reclusione si prescriverà in dieci anni, come tutti quelli che sono puniti nel massimo da cinque a dieci anni.

Con la riforma oggi in discussione la prescrizione di quel delitto sarebbe pari proprio alla pena più alta prevista dalla norma, ovvero sei anni. Ciò tralasciando ulteriori dettagli tecnici, come ad esempio i meccanismi processuali che possono allungare fino al 50% il termine estintivo.
Un effetto della riforma sarebbe chiaro: la prescrizione diventerebbe più breve, decorrererebbe molto più velocemente e migliaia di processi in corso sparirebbero nel nulla.

Ed è qui la chiave del dilemma. Da un lato  pare giusto evitare di mantenere troppo a lungo le persone imputate nel processo legate lungo e a fatti ormai storici. Da altro verso impedire che chi colpevolmente ed intenzionalmente commetta crimini faccia affidamento sulla disorganizzazione del sistema, quindi sulla lunghezza del processo e una sempre più probabile chiusura del procedimento per decorsa prescrizione.

Pertanto si torna sempre al nodo cruciale di ogni dibattito in tema di giustizia: solo un sistema ben funzionante e quindi veloce ed affidabile potrà far celebrare tempestivamente i processi e concederrsi il lusso di accorciare i termini della prescrizione dei reati.

Il legislatore dovrà poi riflettere anche sulla sensibilità mutata dell'opinione pubblica che tende oggi ad essere spesso smemorata, anche per fatti gravi, se non viene sollecitata emotivamente dai mezzi di informazione. Siamo sicuri che accorciare i termini di prescrizione sia così opportuno, o piuttosto non assecondi la superficialità e la svagatezza dei nostri tempi?

 

03/03/2005





        
  



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