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Partito Democratico tra "Primarie" e "Doparie"

San Benedetto del Tronto | Dopo aver segnalato il caso delle primarie gestite dalla "clancrazia", per la scelta dei candidati provinciali, mi sono convinto di raddoppiare. E quindi propongo: "Primarie" e, in più, il progetto "Doparie". Vi spiego di cosa si tratta...

di Tonino Armata

Tonino Armata

Per evitare equivoci, premetto che sono un fiero sostenitore delle "Primarie". Vivo da quasi 30 anni in questa città e, da cittadino, ho visto la sua lenta decadenza politica, pertanto non posso non chiedermene le ragioni.

Altri, più partecipi di me alla quotidianità sambenedettese, dicono che l'indole conservatrice della popolazione, gli interessi di categoria che prevalgono su quelli generali, l'impossibilità di introdurre elementi nuovi nella gestione politica hanno generato negli anni appiattimento e connivenze.

Non so se questo sia vero, ma c'è una convinzione diffusa che le decisioni che contano siano prese da un gruppo ristretto di persone, sempre le stesse, che sono ostaggio di corporazioni e impedisce alla popolazione la scelta dei propri rappresentanti in Comune di San Benedetto è per tradizione una città di sinistra. Epperò, la sinistra, non sa parlare alla gente, crede che la gente abbia sentimenti antipolitici e non sa guardare al futuro. Per provare a cambiare un meccanismo che produce sfiducia e indifferenza, il PD è stato il primo partito a teorizzare le primarie come metodo di elezione di un candidato.

Ma se i candidati che concorrono alla poltrona di Presidente della provincia di Ascoli Piceno sono scelti dai delegati del partito, è solo finzione, poiché è lecito pensare che ancora una volta si mettano d'accordo fra loro sul nome che deve vincere e quello che deve perdere. Le primarie rappresentano un'idea forte di democrazia e una discontinuità effettiva rispetto alla vecchia politica. Un tentativo di cambiamento, di vera "Democrazia Partecipata". Per creare finalmente una politica felice, noi dobbiamo decidere di dargli vita. Impedire che i soliti noti se la cantino da soli e decidono per tutti.

E' sempre più evidente lo scollamento tra l'elettorato del PD della nostra città e della nostra provincia e chi dovrebbe rappresentarlo. Prevale nella cosiddetta base l'impressione di non contare nulla, premessa di un assenteismo punitivo nelle prossime elezioni provinciali. Eppure è paradossale che il fenomeno del distacco avvenga in un'epoca caratterizzata, come non mai, dalla possibilità ampiamente realizzata da milioni d'individui, di scambio di massa tra le persone singole e tra queste ed ogni tipo d'istituzione.

E vero, non esistono quasi più o sono semi deserti i circoli territoriali, ma quanti milioni di collegamenti si realizzano in rete e si articolano in blog, facebook, fogli d'informazione trasmessi via e-mail e altri accessi in Internet? Il PD nostrano, anchilosato dai suoi vecchi marpioni e nei riti ormai disseccati, sembra non accorgersi del cambiamento imposto dall'avvento dell'era informatica e ricalcitra di fronte all'idea di farlo proprio. Non si tratta, però, di un'idiosincrasia tecnica ma di una resistenza politica.

Non si vuole l'irrompere nel gioco interno della nomenklatura di una base messa in grado di manifestare a maggioranza una volontà propria, di sostenere l'emergere di nuovi personaggi, di mandare a casa chi non riscuota più la sua fiducia. Una conferma viene dal riemergere di una sorda ostilità verso le primarie. Vedi ad esempio nella riunione per la scelta dei candidati alle elezioni provinciali, l'affermazione di alcuni esponenti del Pd cittadino, l'ex sindaco Paolo Perazzoli e l'ex deputato Paolo Menzietti, secondo i quali "le primarie rispondono a un'idea presidenziale, e che non appartengono alla cultura politica italiana ed europea".

La pulsione a riproporre il vecchio copione, per cui i soliti noti se la cantano e se la suonano, non rispondono mai dei loro errori, si autoassolvono di fronte ai militanti e cercano di condizionare con tutte le loro forze il partito verso il futuro, mi ha spinto a prestare attenzione a chi invece è molto intenzionato a far crescere il PD e spingerlo a un migliore futuro. Per questo dopo aver segnalato il caso delle primarie gestite dalla clancrazia, per la scelta dei candidati provinciali, mi sono convinto di raddoppiare.

E quindi propongo: "Primarie" e in più il progetto "Doparie". Non starò a riassumere i dettagli tecnici e mi limiterò a dire che le "Doparie" dovrebbero svolgersi nei periodi post elettorali (non servono quindi per scegliere candidati) per prendere decisioni con procedura simile alle primarie su alternative di scelta affidate alla democrazia partecipativa degli elettori: (alimentazione forzata sì o no? Tav sì o no? ritorno al nucleare sì o no? Città dei bambini sì o no? Torre dell'Agraria sì o no? ecc.).

Secondo il progetto le "Doparie" nazionali e/o locali dovrebbero svolgersi una o due volta l'anno in seggi predisposti dai Movimenti, dai partiti o coalizioni dove si recherebbero gli iscritti (e gli elettori simpatizzanti). In tal modo le decisioni più controverse uscirebbero dalle compromissioni verticistiche e rifletterebbero la volontà maggioritaria dei votanti. Sul fine vita, ad esempio, quanti "cattolici adulti" potrebbero far sentire una voce ben più forte di quella di quattro teodem? Detto questo aggiungo che le votazioni sarebbero più agevoli se si svolgessero anche col sistema informatico.

Anche questo è un nodo politico. Il nuovo statuto del Pd, infatti, prevede, all'art. 28, referendum interni informatici. Non è un caso se quell'articolo sia stato subito dimenticato e Veltroni sia giunto a dimettersi senza che nessuno abbia chiesto un parere ai tre milioni e più che lo avevano eletto.

DOPARIE

Le doparie non sono state immaginate come referendum aperti alla partecipazione di tutti i cittadini italiani, bensì come consultazioni tra partiti e quella parte di cittadini che si riconoscono come loro elettori. Come nel caso delle primarie, i risultati delle doparie non hanno valore vincolante, ma servono principalmente a riannodare il legame allentato e sfilacciato tra partiti e loro elettori, che sono un fattore centrale della crisi delle odierne democrazie rappresentative.

Viviamo nel nostro Paese una fase politica molto difficile. Abbiamo di fronte una democrazia seriamente ammalata in cui esplodono a raffica difficoltà e tensioni sociali, e in cui è profondamente intaccato il rapporto di lealtà tra cittadini e politici. C'è ancora qualcosa che si può fare per fermare il declino e invertire la rotta?

Studi scientifici sulle emozioni dimostrano che gli istituti di democrazia diretta incrementano la felicità personale: i cittadini svizzeri sono più soddisfatti nei cantoni, dove possono influenzare maggiormente le decisioni politiche. Ci vorrebbe nel nostro Paese un nuovo strumento di partecipazione democratica allargata, che riavvicini gli elettori alla politica e che consenta loro di provare nuovamente fiducia nei confronti dei politici, senza più considerarli come appartenenti ad una casta privilegiata e intoccabile. Lo strumento per rispondere validamente alla crisi della politica e alle denunce dell'antipolitica sono le DOPARIE, ossia, le "primarie" svolte dopo le elezioni e vertenti su questioni e decisioni di governo.

Il termine "doparie" ha un significato duplice: si collega al termine primarie: mentre le primarie si fanno prima delle elezioni, le doparie si fanno dopo elezioni, quando è maggiore lo scollamento tra politica e problemi dei cittadini; fa venire in mente il fenomeno del doping, però in questo caso si tratta di doping positivo: come il movimento del corpo fa bene al cervello, così i movimenti della società civile e la partecipazione democratica possono aiutare i partiti a governare.

Attraverso una doparia, il partito o le coalizioni al potere potrebbero consultare i propri elettori a proposito di questioni non previste al momento della redazione del programma di governo, oppure riguardo a questioni previste dal programma ma che spaccano la coalizione. Si veda, ad esempio, la tassazione al 20% delle rendite finanziarie, che era presente nel programma dell'Unione ma che ha spaccato la coalizione di governo.

Una doparia consultiva su questo tema avrebbe degli effetti sicuramente positivi: gli elettori si sentirebbero spinti a interessarsi delle questioni pubbliche e si sentirebbero finalmente coinvolti e ascoltati dai politici per le decisioni più importanti; i politici stessi riacquisterebbero una parte della fiducia degli elettori; il governo avrebbe la forza e il consenso per prendere decisioni difficili. Ma le doparie oltre a essere consultive, potrebbero anche essere propositive. Qualora i cittadini si accorgessero di un problema sociale per loro importante ma assente dall'agenda politica, essi potrebbero spingere la propria coalizione di governo a indire una doparia.

Un esempio? Il doppio cartellino dei prezzi in euro e in lire. Se ci fossero state le doparie nel 2002, quando dopo il cambio lire-euro è iniziata la speculazione sui prezzi dei beni al consumo, i cittadini avrebbero potuto costringere i politici a rendere obbligatorio il doppio cartellino, con un chiaro effetto deterrente contro l'aumento sconsiderato dei prezzi.

Altri esempi? L'istituzione di un salario di disoccupazione. La Tav in Val di Susa. L'innalzamento dei fondi per la ricerca scientifica e per la cultura...Questo strumento di democrazia partecipativa nelle mani dei cittadini costituirebbe una continuazione ideale di movimenti e processi associativi della società civile, che sono nati, sono cresciuti dal punto di vista mediatico e poi sono sfioriti proprio per l'assenza di strumenti di partecipazione.

13/04/2009





        
  



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