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Il perchè del NO al Casinò

| SAN BENEDETTO - I punti focali che il Dr. Claudio Cacaci, Presidente del Comitato per il NO, segnala per speigare la propria decisione.

di Il Comitato per il NO al casinò

Il Comitato per il NO al casinò, presidente Dr.Claudio Cacaci, è decisamente contrario al gioco d'azzardo in generale ed in particolare al casinò e propone i seguenti spunti di riflessione per spiegare la propria posizione.

1)      La Costituzione italiana fonda la nostra Repubblica sul lavoro.

Lo Stato è il garante della legalità, così la promozione del gioco non è la via adatta per garantire il rispetto della carta costituzionale, delle leggi e, quindi, della legalità.

Neppure discutibili logiche di incremento delle pubbliche finanze possono giustificare la diffusione legalmente promossa dell'azzardo.

Negli ultimi anni stiamo assistendo a un proliferare spasmodico di giochi: il lotto -che si giocava solo il sabato- ora si gioca più volte a settimana; per il totocalcio in declino subentra la modifica del sistema per renderlo più concorrenziale e accattivante; poi ci sono tris, totogol, totosei, superenalotto, videogiochi, videopoker; ultimo arrivato il bingo; e ora si pensa di istituire un casinò in ogni regione, non più municipale, come i quattro esistenti, ma  gestito da privati. E ciò partendo da una deroga al codice penale che agli artt.718 e segg. Condanna il gioco d'azzardo.

Questo 'scivolare' verso una cultura che non è quella del popolo italiano, contribuisce a innescare un processo di caduta dei principi etici, morali e di legalità, impoverendo il nostro patrimonio e il nostro tradizionale ingegno.

2)      Gli operatori economici ritengono che il casinò incrementi il turismo.

E' necessario fare una riflessione: l'Italia, al contrario di tante altre nazioni, non ha bisogno di gioco per incrementare il turismo. Abbiamo mare, campagna, colline e montagne. Abbiamo  un clima che pochi altri luoghi possono vantare. Abbiamo storia e cultura (di tutti i tipi, anche culinaria). Abbiamo ricchezze artistiche incommensurabili. Abbiamo paesi e città stupendi. Gli sforzi vanno indirizzati in altre direzioni. C'è chi, fra i nostri parlamentari, propone di inserire il casinò in circuiti gastronomici e culturali per unire l'esercizio del gioco alla valorizzazione di elementi tipici del territorio. Da poeti, navigatori, eroi, scienziati a&giocatori che nelle pause visitano fugacemente piazze e musei. A questo ha portato la scolarizzazione?

3)      Il gioco d'azzardo è una delle cause del sovraindebitamento delle famiglie.

 Cioè di quella condotta riferita a chi consapevolmente e coscientemente accumula debiti. E la famiglia, oltre ad avere difficoltà economiche, entra in un vortice di bugie, litigi, sofferenze di cui è succube il coniuge, i parenti e, soprattutto (e questo è il fatto più grave) i figli, coinvolgendone l'educazione con tutte le conseguenze per il singolo e il contesto sociale nel quale dovrà vivere e con il quale dovrà confrontarsi.

4)      Dietro il gioco d'azzardo si staglia un'erronea figura di uomo che presenta la possibilità di  raggiungere guadagni senza fare sforzo, trattenendo le persone da un lavoro fatto di pazienza e di una migliore qualificazione professionale e che presenta la vita stessa come un gioco d'azzardo, nel quale vi sono appunto vincitori e perdenti.

Il profitto non può assurgere a unica o prevalente motivazione dell'agire umano; ciò appartiene a una cultura che ha perso il senso del vivere e del convivere.

Occorre ricordare sempre che il denaro è un mezzo e non un fine e bisogna farne un uso responsabile. Occorre recuperare la centralità dell'uomo.

5)      Con il gioco legalizzato non si elimina il gioco clandestino.

Nel gioco d'azzardo c'è l'ingaggio di una sfida (mito di Prometeo) dove si misurano le capacità, le doti, la resistenza e perfino la razionalità. Il percorso, dalla puntata in poi, viene fatto apparire come affidato alle virtù di chi prova a vincere. La controllabilità è il fattore che scatena l'attitudine al gioco.

Al casinò si entra con denaro contante. Quando finisce il denaro, non finisce la febbre del gioco, anzi, questa è all'apice. Soccorrono le bische clandestine, dove la contropartita può essere anche di altro genere, non certo legale.

6)      Il danno sociale è rilevante perché la società deve farsi carico dei singoli e delle famiglie da  sostenere economicamente e psicologicamente.

Stanno già sorgendo in Italia associazioni per aiutare i malati da gioco d'azzardo ed anche i SERT si stanno occupando di questa dipendenza. Nelle stesse proposte di legge in discussione si riserva una quota degli introiti allo Stato e alle Regioni, al finanziamento dei servizi sociali, con particolare riferimento al gioco compulsivo e alle persone svantaggiate in ragione di condizioni fisiche, psichiche, sociali o familiari. A prescindere dal fatto che le stesse proposte di legge riconoscono la dannosità del gioco d'azzardo, questa quota di 'autofinanziamento' non sarà certo sufficiente perché è una piccolissima parte del già ridotto introito pubblico; infatti il gestore privato tratterrà una percentuale da concordare senza limiti di sorta. La percentuale residua andrà al 25% allo Stato, al 25% alla Regione e al 50% al Comune.

I dati parlano chiaro: già oggi 700.000 persone in Italia sono affette da sindrome patologica da gioco d'azzardo, che gli psichiatri chiamano GAP. La patologia colpisce un po' tutte le fasce d'età, anche se l'identikit del giocatore risulta abbastanza stereotipata: nella maggior parte dei casi si tratta di persone il cui reddito è basso, spesso ai limiti della sussistenza. Il 66% dei giocatori fissi è disoccupato, il 47% appartiene a fasce più povere; in genere, dati alla mano, è possibile affermare che oltre la metà dei giocatori proviene dalle fasce medio-basse. Davanti a questi dati è facile capire che il giocatore proveniente da queste fasce, cerca una strada per risollevarsi, per trovare un po' di benessere che, per molteplici motivi, la sua condizione non gli consente. Basti pensare all'elevato numero di disoccupati che ricorrono al gioco. Fino a questo punto tutto potrebbe essere fisiologico, in qualche modo comprensibile. Il problema nasce quando il bisogno si trasforma in dipendenza: qualcosa di molto simile alla dipendenza da droga e da alcol con effetti che vanno a colpire un po' tutte le sfere, da quella fisica a quella sociale. Chi è  'ammalato di gioco' spesso soffre di varie forme d'ansia, depressione, alterazione dell'autostima e vi possono essere eccessi di senso di onnipotenza. Sul piano fisico le ricadute sono notevoli e coinvolgono numerosi aspetti neurologici che si accentuano durante l'astinenza. Molteplici gli effetti nelle relazioni sociali, dall'ambito familiare a quello professionale. La perdita di valori conduce spesso al desiderio di distruzione della propria vita: il suicidio, di quattro volte superiore alla media italiana tra i giocatori che soffrono del GAP, per molti diviene l'unica strada per uscire dal gorgo di un meccanismo che, paradossalmente, era iniziato come un gioco.

Nel 1977 si spendevano 1.000 miliardi per il gioco d'azzardo, nel 1999 tale cifra ha raggiunto i 36.000 miliardi. Oggi, in Italia, 30 milioni di persone tentano la fortuna, vale a dire il 58% delle persone adulte. Febbre del gioco e conseguente indebitamento  delle famiglie; pochi vincono (specchietti per le allodole) e molti perdono.

7)      Il danno sociale è rilevante anche sul versante criminalità.

La società deve farsi carico di arginare e reprimere i fenomeni di macro e micro criminalità che ruotano inevitabilmente intorno al gioco d'azzardo. Riciclaggio di denaro, usura, truffe e tutti quei reati e comportamenti illeciti che sono comunque collegati al reperimento di denaro.

Atti criminosi interni ed esterni al casinò. Basta scorrere le cronache italiane di questi ultimi giorni per avere esempi concreti che non lasciano spazio a repliche: i fatti del casinò di Venezia, che hanno ripercussioni anche sulla giunta comunale; un 'prestasoldi' aggredito e malmenato a Saint Vincent che è anche spunto per il giornalista per ripercorrere gli altri episodi violenti che negli ultimi anni hanno coinvolto dei 'prestasoldi' in quella città.

La previsione della Polizia del casinò, di un tetto massimo di puntata e quant'altro, è solo un palliativo. Si pensa di aumentare la posta e di prevedere supervincite al bingo, entrato in maniera soft, figurarsi se verrà 'snaturato' il casinò.

8)      Si dice: gli incassi dei quattro casinò esistenti sono alti e consentono ai Comuni di realizzare

 opere pubbliche senza gravare sui cittadini. Si, forse, ma quei casinò sono municipali.

La previsione politicamente trasversale dei futuri casinò è la seguente: -il Ministero dell'Interno (che è già destinatario di una quota istituzionale dei proventi del gioco), sentita la Regione, rilascerà la licenza al comune; -il comune indirà bandi di gara per delegare la gestione ai privati.

9)      Per poter aprire un casinò è necessario derogare al codice penale.

Il potere di deroga è detenuto dal Ministero dell'Interno.

Con una deroga si rende lecita una attività illecita, ma a favore solo di coloro che vinceranno i bandi di gara. Tutti gli altri, se giocheranno d'azzardo, rischieranno l'arresto e l'ammenda.

10)  E' poi il caso di chiedersi se in una nazione come la nostra, che sta perdendo competitività  un po' in tutti i campi e che da produttrice di beni e di ricchezze si sta trasformando in mercato di consumatori, non è il caso di ritornare alle antiche virtù  dei nostri padri, pena un declino inarrestabile a livello mondiale in cui tra poco, invece che essere invitati al G8, saremo considerati alla stregua di un 'paese dei balocchi', con quel che ne consegue come 'peso decisionale', già fin troppo scarso.

 

Il Comitato per il NO al casinò è fortemente preoccupato per questa 'voglia' di gioco e per tutto quello che vi ruota intorno. Quando l'economia deperisce, l'azzardo fiorisce. La correlazione negativa tra il destino della ricchezza nazionale e il diffondersi di lotto, scommesse, lotterie istantanee e casinò sembra confermata dagli ultimi dati in campo nazionale. Non si argina la crisi, che, peraltro, è mondiale, con il casinò. Non è attraverso una attività illegale, che diventa lecita solo in virtù di una ipocrita deroga alla Costituzione e al Codice Penale, che si può basare l'economia di un comprensorio.

Un'ultima domanda a chi vorrà provare a dare una risposta: cosa c'è dietro tutto questo accanimento a voler aprire e in fretta tante case da gioco?

 

A cura del Comitato contro il casinò 

17/04/2003





        
  



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