"Nessuno ci ridarà Riccardo e la sentenza non attua alcuna giustizia".

Suona più o meno così il commento che è circolato a Casette d'Ete - luogo d'origine del giovane Riccardo Rossi, ucciso nel febbraio dello scorso anno all'uscita dal night Josephine a causa di un colpo di karate ben assestato - all'indomani della sentenza che ha condannato il reo di tale assurdo gesto.

Una sentenza che è stata accolta con amarezza da chi, genitori di Riccardo in prima fila, ritengono davvero troppo pochi sei anni e dieci mesi di reclusione a fronte della perdita di un figlio in circostanze tanto tragiche.

Una sentenza che è destinata a far parlare a lungo di se e che se, da una parte, viene considerata severa da chi conosce il buttafuori - e si appella alla legittima difesa di un ragazzo trovatosi in mezzo ad un manipolo di altri ragazzi - alimenta tutt'altra reazione in chi attendeva speranzoso che quel ragazzo ritenuto colpevole della perdita di Riccardo pagasse in maniera più pesante.