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Referendum, l’antipatia per l’astensione

San Benedetto del Tronto | Quattro buone ragioni per votare si’.

di Tonino Armata


Il referendum sulla procreazione assistita ha il difetto di tutti i referendum, e cioè costringe alla strozzatura del “sì” e del “no”. Ma, in questo caso, schierarsi è obbligatorio perché la disputa rimanda a una questione d’enorme importanza, e cioè se si debba nascere all’interno di vincoli morali e sociali tradizionali, o si possa nascere anche nei nuovi territori (anche etici) che la scienza spalanca alle donne e agli uomini. Il veto della legge in vigore contro la fecondazione eterologica è, in questo senso, il più significativo: è lucidamente consequenziale al tabù dell’adulterio e che, alla stessa stregua, tanto varrebbe dichiarare fuorilegge l’adulterio (come accadeva, in Italia, fino a pochi decenni fa).
 
Pare, anche se le statistiche in materia sono impossibili, che un italiano su dieci (ma c’è chi dice uno su cinque) sia frutto di una relazione extraconiugale, segno che l’eros, ben più della provetta, ha già provveduto, e da millenni, a rimescolare le carte della vita, troppo molteplici e sorprendenti perché le loro combinazioni possano  esaurirsi nelle regole fisse di ciò che chiamiamo “famiglia”. E’ soprattutto per questo, per difendere la vita così com’è davvero dal “come dovrebbe essere” imposto dalla morale religiosa o, peggio, dal conformismo che voterò quattro sì.


Nell’attesa che termini il balletto delle poltrone, c’è una questione urgente che il servizio pubblico deve affrontare. La commissione parlamentare di Vigilanza ha approvato un regolamento, in cui stabilisce che gli interventi per l’astensione vanno collocati all’interno degli spazi del No, nel rispetto della legge sulla “par condicio” che prevede un’equa ripartizione dei tempi tra favorevoli e contrari. Ed essendo richiesto il “quorum” del 50% dei votanti per la validità della consultazione, questo potrebbe essere un fattore decisivo per l’esito finale, tanto più dopo l’invito a non votare rivolto dal cardinal Ruini ai cittadini di religione cattolica.

La Rai non sembra orientata, però, ad applicare le disposizioni della Vigilanza. In un breve Tg curato della Testata servizi parlamentari sulla rete Uno del 28 aprile, su 55 secondi di campagna referendaria, ben 43 sono stati appannaggio dello schieramento contrario ai quesiti referendari, solo 12 allo schieramento del sì (dati del Centro d’ascolto dell’Informazione Radiotelevisiva). Ma la polemica non risparmia neppure la televisione privata. Secondo la gara d’oscuramento Mediaset batte di gran lunga la Rai. Su 2880 ore di programmazione, appena sette saranno dedicate al referendum.

E’ chiaro che per andare a votare a ragion veduta, bisognerebbe quantomeno conoscere il testo dei quattro quesiti, comprenderne gli effetti e le conseguenze, essere in grado di valutarli sul piano medico e scientifico. Anche questo è un problema di comunicazione.
Cominciamo dal titolo, vagamente blasfemo e comunque ambiguo: “Procreazione assistita”.

Se la Creazione per i credenti compete in esclusiva al Padre eterno, la procreazione spetta in sua vece alla donna o forse sarebbe meglio dire all’uomo e alla donna, insomma alla coppia che si unisce e mette al mondo un figlio. L’idea di “assistere” la procreazione, perciò, è già di per sé offensiva per il buon Dio e irrispettosa per i genitori terreni, almeno per quelli di fede e religione cattolica che ritengono la vita un dono del Signore di cui loro stessi sono soltanto tramite e strumento. Per i non credenti, la procreazione resta un evento naturale, fisiologico, che caso per caso può essere più o meno aiutato dalla scienza e dalla medicina, prima o durante il concepimento come al momento del parto. Per gli uni e per gli altri, è più corretto perciò parlare di fecondazione assistita, posto che a questa può anche non seguire la procreazione perché la gravidanza viene interrotta o non va a buon fine.

Passando poi dal titolo al contenuto della legge, per maggiore chiarezza i quattro quesiti potrebbero essere riformulati in questi termini: 1) volete che la ricerca scientifica sia libera di sperimentare sull’embrione nuove cure contro malattie come l’alzheimer, il parkinson, la sclerosi e il diabete? 2) volete che sia possibile creare in vitro anche più di tre embrioni per poi impiantarli in tempi successivi nell’utero materno? 3) volete che i diritti dell’embrione non siano considerati equivalenti a quelli delle persone già nate? 4) volete che sia ammessa la fecondazione eterologa, cioè l’utilizzazione di un gamete (ovulo e sperma) di un donatore esterno alla coppia?

Si può votare Sì, per permettere tutto ciò e abrogare le norme che lo impediscono.
E si può votare No, per confermarle. Chi si astiene e non va neppure a votare, contribuisce ad abbassare il “quorum” e quindi, di fatto, rafforza il No. Ma un’informazione corretta, almeno da parte del servizio pubblico, non può contemplare il Nì.
 
 
SCHEDE E QUESITI, ECCO I COLORI:
 
Scheda celeste - Quesito 1
Il referendum vuole abrogare il divieto di prelevare, a fini di ricerca  scientifica, cellule staminali da embrioni non impiantati.
 
Scheda arancione - Quesito 2
Si vuole cancellare il limite dei tre embrioni per ogni ciclo di trattamento, permettere la diagnosi pre-impianto degli embrioni, estendere alle coppie portatrici di malattie genetiche (oltre che a quelle sterili) la possibilità di ricorrere alla fecondazione assistita.
 
Scheda grigia - Quesito 3
Il referendum chiede di abrogare l’articolo che riconosce al “concepito” gli stessi diritti della persona già nata. 
 
Scheda rosa - Quesito 4
L’obiettivo dei promotori del referendum è rendere lecita la fecondazione eterologica, cioè realizzata ricorrendo alla donazione di gameti esterni alla coppia (seme maschile oppure ovocita femminile), oggi vietata dalla legge 40.

20/05/2005





        
  



4+1=

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