Il reo confesso condannato per calunnia
Nereto | Quasi tre anni all'ex collaboratore di giustizia. E uno dei due complici è morto a Pescara per overdose.
di Nicola Facciolini
Si tinge di giallo la vicenda della mattanza dei coniugi Masi, una tragedia avvolta in una fitta nebbia dalla quale però cominciano ad emergenze piccoli sprazzi di luce. Dopo due lunghi anni di investigazioni, il caso del duplice delitto dei coniugi Masi, barbaramente uccisi nella loro villetta di Nereto il 2 giugno 2005, è ancora senza soluzione. Gli assassini sono ancora sconosciuti e in libera circolazione come se niente fosse.
Ma gli inquirenti non hanno mai smesso di lavorare alla ricerca di ogni possibile indizio, elemento, testimonianza, utile a dare un volto ai criminali. Si procede anche per esclusione. Per quella orribile mattanza, infatti, ci sono due arresti e soprattutto una condanna. Un anno e mezzo fa finì in galera un millantatore esperto in presunte rilevazioni militari satellitari, qualche giorno fa, dopo una detenzione di oltre 3 mesi, è stato condannato il disoccupato ex collaboratore di giustizia che aveva raccontato agli investigatori di sapere chi aveva ucciso l'avvocato Libero Masi e la moglie Emanuela Cheli: lui stesso e due complici.
La procura non gli ha creduto, lo ha arrestato e lo lo ha fatto condannare a due anni e 10 mesi di reclusione per calunnia aggravata. M.B., 37 anni e residente a Nereto, aveva riferito molti particolari a chi stava indagando sul duplice delitto Masi del giugno 2005. Alcune cose poco precise, altre inutili. Altre così dettagliate da diventare pomo della discordia tra chi gli credeva e sottolineava perché avrebbe dovuto mentire accusandosi della partecipazione a un delitto da ergastolo, e chi lo riteneva un millantatore, animato da voglia di protagonismo. La sentenza di condanna ha dato ragione alla procura.
Nel giorno della sua condanna, inoltre, muore uno dei due che M.B. indicava come autori materiali del duplice omicidio: un uomo ucciso - a quanto pare - da un'overdose di droga a Pescara. Il mistero resta fitto, perché al di là della condanna per calunnia, bisogna interrogarsi sui perché della chiamata in correità di M.B. che si era definito il "palo" della banda e che lo scopo del blitz in casa Masi era una rapina, finita tragicamente perché evidentemente i due coniugi avevano riconosciuto uno degli aggressori, tra l'altro una volta cliente di studio.
Occorre approfondire la faccenda, abbiamo le professionalità e le autentiche tecnologie per farlo. Non solo perché a distanza di quasi due anni non abbiamo ancora fatto giustizia di quell'incredibile orribile mattanza, ma anche perché i cittadini di Nereto ci credono ancora nella Giustizia e, come tutti i cittadini di questa nostra ex tranquilla provincia di Teramo, vogliono gli assassini in prigione e con un'esemplare condanna all'ergastolo sulla loro orribile fedina penale.
Ma gli inquirenti non hanno mai smesso di lavorare alla ricerca di ogni possibile indizio, elemento, testimonianza, utile a dare un volto ai criminali. Si procede anche per esclusione. Per quella orribile mattanza, infatti, ci sono due arresti e soprattutto una condanna. Un anno e mezzo fa finì in galera un millantatore esperto in presunte rilevazioni militari satellitari, qualche giorno fa, dopo una detenzione di oltre 3 mesi, è stato condannato il disoccupato ex collaboratore di giustizia che aveva raccontato agli investigatori di sapere chi aveva ucciso l'avvocato Libero Masi e la moglie Emanuela Cheli: lui stesso e due complici.
La procura non gli ha creduto, lo ha arrestato e lo lo ha fatto condannare a due anni e 10 mesi di reclusione per calunnia aggravata. M.B., 37 anni e residente a Nereto, aveva riferito molti particolari a chi stava indagando sul duplice delitto Masi del giugno 2005. Alcune cose poco precise, altre inutili. Altre così dettagliate da diventare pomo della discordia tra chi gli credeva e sottolineava perché avrebbe dovuto mentire accusandosi della partecipazione a un delitto da ergastolo, e chi lo riteneva un millantatore, animato da voglia di protagonismo. La sentenza di condanna ha dato ragione alla procura.
Nel giorno della sua condanna, inoltre, muore uno dei due che M.B. indicava come autori materiali del duplice omicidio: un uomo ucciso - a quanto pare - da un'overdose di droga a Pescara. Il mistero resta fitto, perché al di là della condanna per calunnia, bisogna interrogarsi sui perché della chiamata in correità di M.B. che si era definito il "palo" della banda e che lo scopo del blitz in casa Masi era una rapina, finita tragicamente perché evidentemente i due coniugi avevano riconosciuto uno degli aggressori, tra l'altro una volta cliente di studio.
Occorre approfondire la faccenda, abbiamo le professionalità e le autentiche tecnologie per farlo. Non solo perché a distanza di quasi due anni non abbiamo ancora fatto giustizia di quell'incredibile orribile mattanza, ma anche perché i cittadini di Nereto ci credono ancora nella Giustizia e, come tutti i cittadini di questa nostra ex tranquilla provincia di Teramo, vogliono gli assassini in prigione e con un'esemplare condanna all'ergastolo sulla loro orribile fedina penale.
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06/05/2007
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