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Festival Ferré, si è concluso parlando della situazione della musica in Italia

Grottammare | Confermato l’appuntamento come una delle ‘Eeccellenze’ marchigiane nel campo della cultura e una di quelle nazionali per la canzone d¹autore non commerciale.

La decima edizione del Festival Ferrè, appena  conclusa, ha confermato l’appuntamento come una delle ’Eeccellenze’ marchigiane nel campo della cultura e una di quelle nazionali per la canzone d¹autore non commerciale.

Eccellenza stabilita dalla qualità di un cartellone intenso e internazionale, dalla disponibilità di artisti di nome e di classe a prodursi in programmi specifici piuttosto che in quelli da tournèe. Con il
supporto delle presenze, quelle di appassionati da tutta Italia e appositamente arrivati da mezza Europa e di pubblico locale (nonostante alcuni appuntamenti coincidenti).

A mitigare l'affanno per le poche e insufficienti risorse -e per la sensazione di abbandono da parte delle istituzioni più importanti lamentata dal Centro Ferré, titolare del festival, tanto da annunciarne, per voce del suo presidente Giuseppe Gennari, una possibile soppressione- va ricordata la posizione di rilievo internazionale che questo occupa fra le più importanti manifestazioni dedicate alla figura e all’opera poetica e musicale di Ferré.

Ma le tre serate di questa edizione hanno superato il concetto, pur alto, di rassegna di spettacoli con i grandi nomi. E piuttosto si sono soffermate, sotto le insegne del ‘Epolimorfismo’ poetico e musicale di Ferrè, a riflettere su quel rapporto fra verso poetico e canzone che in Italia, Francia e Spagna è tanto intenso da costituire un po’ l’ossatura della musica d¹autore. Non si è discusso dunque di canzonette quanto di quei versi musicali che sono parte della cultura e della tradizione letteraria italiana.
 
Particolarmente importanti in questo senso sono stati gli incontri di giovedì con un Francesco Guccini scrittore e soprattutto quello con Giangilberto Monti e Massimo Bubola condotto dai crtitici musicali Paolo De Bernardin e Giancarlo Susanna, il giorno dopo. Incontro, quest’ultimo, che si è trasformato in un¹occasione per fare il punto su presente e futuro della musica in Italia.

Sia per Monti, cantautore e attore teatrale con 30 anni di carriera alle spalle, che per Bubola, coautore di oltre 20 dei successi di Fabrizio De Andrè ma anche autore di alcune delle più belle canzoni della Mannoia e produttore indipendente, il sistema discografico ufficiale si è inceppato, diventando in poco più di vent’anni sempre più approssimativo in fini e metodi e culturalmente esile. Della OEmancanza di cultura dei produttori, soprattutto di cultura musicale’ ha poi parlato Bubola.
 
L’assenza di interlocutori di riferimento importanti e autorevoli per i nuovi autori, una politica dei cataloghi (l’essere un disco per più anni mantenuto in commercio, ndr.) incomprensibile ed economicamente svantaggiosa, insieme alla riduzione dei tempi concessi ad un artista per arrivare a maturazione (dai tre Lp indicati necessari per far fiorire una personalità musicale negli anni ‘70 al singolo di debutto dell’ultimi 10/15 anni) hanno condotto, secondo il songwriter veronese, all’imbarbarimento progressivo degli stessi autori, troppo condizionati da elementi commerciali, gestionali ed extra-artistici.
 
Anche Monti punta il dito sul sistema discografico, portando un esempio di come in altri paesi le stesse major diversifichino cultura e intrattenimento e di come anche giovanissimi art director di multinazionali del disco siano in grado di distinguere componenti di mercato dai valori culturali. Ma non conviene con Bubola sulla crisi degli artisti e in particolare dei cantautori. I quali, secondo Monti, fanno ancora bene il loro lavoro pur non trovando più risposte sufficienti ed adeguate alla loro vitalità artistica.
 
Monti e Bubola hanno parlato poi delle etichette indipendenti, della funzione del disco di promozione per i concerti dal vivo che sono il <core business> del sistema, della difficoltà a senso unico degli scambi fra Italia e altri paesi. Dalla sala si aggiunge alla conversazione Enrico De Angelis e parla a lungo della responsabilità dei media.
 
Con l'autorevolezza della direzione del Premio Tenco di Sanremo, De Angelis, lui stesso giornalista, sottolinea la mancanza di coscienza critica della stampa e il contributo deleterio che questa stessa disattenzione, con agende e valori determinati dal corto circuito di rimandi continui fra giornali e tv, fornisce all’affossamento della musica italiana. E più in generale della cultura.

Al cahier de doleance inevitabilemente aperto dalla discussione rilancia Gino Troli, presidente dell’Amat/Associazione Marchigiana Attività Teatrali che con Comune e Provincia di Ascoli collabora alla realizzazione del Festival. L¹ex-assessore regionale alla cultura coglie tra le righe dell’incontro una possibile nuova strada per il festival. Quella della costituzione di un forum permanente nazionale sulla musica d¹autore.

Un laboratorio che, magari in concomitanza con il festival Ferré, faccia convergere artisti, produttori, media e operatori per delineare lo stato delle cose ma anche per discutere programmi e indicazioni verso gli interlocutori istituzionali e verso la politica culturale nazionale. In fin dei conti quale territorio è più adatto delle Marche per parlare di versi e di musica?

25/06/2004





        
  



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