2 Giugno- 58° Anniversario della Repubblica
San Benedetto del Tronto | L'intervento del Sindaco, Dottor Domenico Martinelli
di Domenico Martinelli
Autorità intervenute, rappresentanti delle Associazioni d'arma e combattentistiche, cittadini.
Benvenuti al nostro compleanno. Sì, perché oggi, 2 giugno, ci siamo riuniti qui, ancora una volta, per festeggiare non solo l'anniversario della nascita della nostra Repubblica ma anche di quella di tutti noi. Tutti noi, infatti, in qualche modo sentiamo questo 2 giugno come una seconda data di nascita dopo quella anagrafica.
Per chi c'era, quel 2 giugno 1946 ha infatti rappresentato una data di nascita come cittadini di una comunità nuova, segnata, a differenza del periodo precedente, da valori come la giustizia amministrata per tutti, la libertà di pensiero e di azione economica, la solidarietà tra i cittadini. Tutti valori, ripeto, che con la Costituzione repubblicana diventavano elementi fondanti del nuovo Stato.
Ma anche coloro che sono nati dopo il 1946 hanno imparato a festeggiare questo secondo compleanno: forse inconsapevolmente, ma ciò accade ogni volta che ciascuno di noi esprime liberamente un pensiero, si indigna quando un servizio pubblico non funziona come dovrebbe o ne elogia l'efficienza, si accalora per una competizione elettorale, chiede assistenza per un problema di salute o di relazione sociale.
E' un legame indissolubile, quello che esiste oramai da quasi 60 anni tra cittadini e istituzione repubblicana e che, senza paura di apparire retorici, viene sintetizzato nel concetto di attaccamento alla Patria.
C'è oggi uno straordinario fervore intorno all'idea di Patria ed ai simboli della Patria. Un fervore che non ricorda affatto il nazionalismo della prima metà del Novecento. Esso, infatti, non tende ad affermare la propria identità in un ottica di confronto o di scontro con altre nazionalità.
Si è invece avviato nel nostro Paese un grande processo di riscoperta dell'identità nazionale, che ha portato a interrogarsi senza paure e pregiudizi sul significato della Patria e sull'essere e sentirsi italiani.
Non è stato un cammino semplice. La divisione del Paese dopo il 1943, gli anni della Resistenza contro i tedeschi e contro la repubblica di Salò, hanno ulteriormente rotto il senso di appartenenza comune ad un'unica Patria. Chi ha vissuto su sponde diverse quegli anni drammatici ha realmente pensato che potessero esistere due Patrie; chi ha seguito Mussolini nella sua ultima odiosa avventura, non ha saputo distaccarsi dal tragico equivoco di identificare la Patria con il fascismo ed il regime fascista.
Negli anni del dopoguerra è stato difficile ricostruire valori nazionali unificanti, perché gli elementi unificanti sono stati altri, riconducibili alla logica del bipolarismo internazionale. La generazione che si è formata negli anni sessanta e settanta non ha avuto gli stimoli e gli strumenti per approfondire questo tema, non lo ha sentito come proprio e non ne ha colto fino a poco tempo fa la fondamentale importanza.
Da qualche anno, però, anche grazie alla meritoria azione del nostro presidente Ciampi, il valore della Patria è stato riscoperto, nuovamente apprezzato, fuso nel concetto di Paese che tutti noi abbiamo e che deve rafforzarsi ulteriormente nel quadro di un'Europa più ampia ma che cerca di presentarsi al mondo con una propria identità e un'unica voce.
Ma ora mi sia consentito ricordare un aspetto importante di quella fatidica data: con il referendum che sancì la nascita della Repubblica fu eletta anche l'Assemblea costituente, quel congresso di uomini illustri ed illuminati che, nello spirito di concordia che non fu mai sottomesso al legittimo spirito di parte che animava tante persone di culture e formazioni ideologiche differenti, riuscì a mettere nero su bianco quei principi fondamentali della nostra comunità sociale che tutt'ora restano in gran parte insuperati.
Fu un lavoro eccezionale e il successo va ascritto in gran parte allo spirito diffuso tra i Costituenti che quello fosse un momento storico al quale non si potevano anteporre gli interessi di questa o quella parte politica. E' uno spirito che auspico possano ritrovare anche i nostri rappresentanti istituzionali per raggiungere quegli obiettivi riformatori del nostro ordinamento repubblicano che tutti riteniamo non più procrastinabili.
Mi piace concludere questo intervento citando una frase di un Presidente della Repubblica, costituente anch'esso, Giuseppe Saragat, che riassume proprio questo spirito:
"...Fate che il volto di questa Repubblica sia un volto umano - disse Saragat alla cerimonia inaugurale della Costituente - ricordatevi che la democrazia non è soltanto un rapporto fra maggioranza e minoranza, non è soltanto un armonico equilibrio di poteri sotto il presidio di quello sovrano della nazione, ma è soprattutto un problema di rapporti fra uomo e uomo. Dove questi rapporti sono umani, la democrazia esiste; dove sono inumani, essa non è che la maschera di una nuova tirannide".
Sono passati quasi 60 anni, ma queste parole hanno, oggi più che mai, in un mondo dove i rapporti economici e gli interessi di fazione sembrano avere la prevalenza, un grande valore. E' proprio come disse Saragat: è l'uomo l'oggetto di ogni nostra azione, non il denaro, non il potere. Se lavoriamo per l'uomo, per l'essere umano in quanto tale come portatore della più grande ricchezza che conosciamo, sapremo condurre in porto anche le imprese più difficili.
Vi ringrazio.
Benvenuti al nostro compleanno. Sì, perché oggi, 2 giugno, ci siamo riuniti qui, ancora una volta, per festeggiare non solo l'anniversario della nascita della nostra Repubblica ma anche di quella di tutti noi. Tutti noi, infatti, in qualche modo sentiamo questo 2 giugno come una seconda data di nascita dopo quella anagrafica.
Per chi c'era, quel 2 giugno 1946 ha infatti rappresentato una data di nascita come cittadini di una comunità nuova, segnata, a differenza del periodo precedente, da valori come la giustizia amministrata per tutti, la libertà di pensiero e di azione economica, la solidarietà tra i cittadini. Tutti valori, ripeto, che con la Costituzione repubblicana diventavano elementi fondanti del nuovo Stato.
Ma anche coloro che sono nati dopo il 1946 hanno imparato a festeggiare questo secondo compleanno: forse inconsapevolmente, ma ciò accade ogni volta che ciascuno di noi esprime liberamente un pensiero, si indigna quando un servizio pubblico non funziona come dovrebbe o ne elogia l'efficienza, si accalora per una competizione elettorale, chiede assistenza per un problema di salute o di relazione sociale.
E' un legame indissolubile, quello che esiste oramai da quasi 60 anni tra cittadini e istituzione repubblicana e che, senza paura di apparire retorici, viene sintetizzato nel concetto di attaccamento alla Patria.
C'è oggi uno straordinario fervore intorno all'idea di Patria ed ai simboli della Patria. Un fervore che non ricorda affatto il nazionalismo della prima metà del Novecento. Esso, infatti, non tende ad affermare la propria identità in un ottica di confronto o di scontro con altre nazionalità.
Si è invece avviato nel nostro Paese un grande processo di riscoperta dell'identità nazionale, che ha portato a interrogarsi senza paure e pregiudizi sul significato della Patria e sull'essere e sentirsi italiani.
Non è stato un cammino semplice. La divisione del Paese dopo il 1943, gli anni della Resistenza contro i tedeschi e contro la repubblica di Salò, hanno ulteriormente rotto il senso di appartenenza comune ad un'unica Patria. Chi ha vissuto su sponde diverse quegli anni drammatici ha realmente pensato che potessero esistere due Patrie; chi ha seguito Mussolini nella sua ultima odiosa avventura, non ha saputo distaccarsi dal tragico equivoco di identificare la Patria con il fascismo ed il regime fascista.
Negli anni del dopoguerra è stato difficile ricostruire valori nazionali unificanti, perché gli elementi unificanti sono stati altri, riconducibili alla logica del bipolarismo internazionale. La generazione che si è formata negli anni sessanta e settanta non ha avuto gli stimoli e gli strumenti per approfondire questo tema, non lo ha sentito come proprio e non ne ha colto fino a poco tempo fa la fondamentale importanza.
Da qualche anno, però, anche grazie alla meritoria azione del nostro presidente Ciampi, il valore della Patria è stato riscoperto, nuovamente apprezzato, fuso nel concetto di Paese che tutti noi abbiamo e che deve rafforzarsi ulteriormente nel quadro di un'Europa più ampia ma che cerca di presentarsi al mondo con una propria identità e un'unica voce.
Ma ora mi sia consentito ricordare un aspetto importante di quella fatidica data: con il referendum che sancì la nascita della Repubblica fu eletta anche l'Assemblea costituente, quel congresso di uomini illustri ed illuminati che, nello spirito di concordia che non fu mai sottomesso al legittimo spirito di parte che animava tante persone di culture e formazioni ideologiche differenti, riuscì a mettere nero su bianco quei principi fondamentali della nostra comunità sociale che tutt'ora restano in gran parte insuperati.
Fu un lavoro eccezionale e il successo va ascritto in gran parte allo spirito diffuso tra i Costituenti che quello fosse un momento storico al quale non si potevano anteporre gli interessi di questa o quella parte politica. E' uno spirito che auspico possano ritrovare anche i nostri rappresentanti istituzionali per raggiungere quegli obiettivi riformatori del nostro ordinamento repubblicano che tutti riteniamo non più procrastinabili.
Mi piace concludere questo intervento citando una frase di un Presidente della Repubblica, costituente anch'esso, Giuseppe Saragat, che riassume proprio questo spirito:
"...Fate che il volto di questa Repubblica sia un volto umano - disse Saragat alla cerimonia inaugurale della Costituente - ricordatevi che la democrazia non è soltanto un rapporto fra maggioranza e minoranza, non è soltanto un armonico equilibrio di poteri sotto il presidio di quello sovrano della nazione, ma è soprattutto un problema di rapporti fra uomo e uomo. Dove questi rapporti sono umani, la democrazia esiste; dove sono inumani, essa non è che la maschera di una nuova tirannide".
Sono passati quasi 60 anni, ma queste parole hanno, oggi più che mai, in un mondo dove i rapporti economici e gli interessi di fazione sembrano avere la prevalenza, un grande valore. E' proprio come disse Saragat: è l'uomo l'oggetto di ogni nostra azione, non il denaro, non il potere. Se lavoriamo per l'uomo, per l'essere umano in quanto tale come portatore della più grande ricchezza che conosciamo, sapremo condurre in porto anche le imprese più difficili.
Vi ringrazio.
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03/06/2004
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