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In piazza contro la legge-bavaglio, perché l’informazione fa paura.

San Benedetto del Tronto | Oggi pomeriggio a Roma, in piazza Navona dalle 17 alle 21, manifestazione contro la legge-bavaglio, per la libertà di indagine e di informazione che il decreto legge sulle intercettazioni pone drammaticamente a rischio.

di Maria Teresa Rosini

Oggi pomeriggio a Roma, in piazza Navona dalle 17 alle 21, manifestazione contro la legge-bavaglio, per la libertà di indagine e di informazione che il decreto legge sulle intercettazioni la cui discussione in Parlamento è stata prevista per il 29 luglio, pone drammaticamente a rischio. Decine di iniziative anche sulle piazze virtuali, sul web.

E' una tranquilla mattinata estiva, un giorno di lavoro come tanti e tanti sono al lavoro. Onesti cittadini, lavoratori stranieri affrontano una delle tante giornate che sembrano tutte uguali a chi, primariamente, deve occuparsi della sopravvivenza in un tempo non certo prodigo di speranze e di aspettative positive.
Eppure, in qualche modo, la storia attraversa queste giornate finalmente calde e di sole. Ci viene incontro nel confronto con una parola che spesso, erroneamente, consideriamo dato acquisito, un principio talmente scontato da non meritare nuova attenzione: libertà. Non avremmo pensato necessario tornare a discutere delle libertà e della libertà di informazione, di uno di quei valori cioè, che fissati nella carta costituzionale alla nascita della Repubblica, vennero reputati talmente preziosi per chi ne sperimentò l'assenza nei regimi dittatoriali del novecento, da porli a fondamento invalicabile del nuovo stato e a garanzia dell'esercizio dei diritti democratici.

Uno dei cardini dell'esercizio della democrazia è proprio la possibilità di sapere, di essere informati, di conoscere i meccanismi attraverso cui la politica si fa vita quotidiana per milioni di persone, ma soprattutto di riuscire a intravedere e mettere a fuoco con sempre maggiore nitidezza di quale sostanza è fatto l'olio che unge quei meccanismi, che li inceppa, li scardina facendoli muovere in direzione opposta a quella per cui sono stati concepiti.

E, per i paradossi che spesso ricorrono nella storia, è proprio nel momento in cui conoscere e comunicare appaiono operazioni in qualche modo più facili grazie all'enorme proliferazione e diffusione di nuovi strumenti di informazione, di nuovi modi di fare "comunità", scambiando idee, notizie, valori, che scopriamo quanto la protervia del potere sappia insinuarsi nelle fessure, negli spazi lasciati scoperti dalla nostra scarsa consapevolezza, dall'incapacità della comunità nazionale di vigilare su un patrimonio di valori appunto dato per scontato.

L'attacco che questo decreto porta alla nostra esistenza quotidiana è pervasivo: le intercettazioni, utilizzate efficacemente dalla magistratura per perseguire chi pratica l'illegalità come sistema di condotta abituale, vengono demonizzate in nome di una tutela della privacy che non può bilanciare il danno che alla comunità, in particolare alla nostra comunità nazionale, viene fatto da modalità di gestione della "cosa pubblica" che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Le sanzioni e il divieto di diffusione di informazioni rilevanti per comprendere la condotta di coloro cui affidiamo col voto le sorti dello stato, sono un affondo mortale per la possibilità di consolidare un'opinione pubblica consapevole e impegnata in prima persona nella difesa dei propri diritti di cittadinanza.

Sappiamo con quanti e quali strumenti si possano estorcere consensi, quanto si possa essere manipolati, fuorviati, ingannati.
Ciò che si vuole è riportare indietro la storia, stoppare il processo che conduce ad elaborare una seppur minima consapevolezza di ciò che davvero ci accade sopra e addosso, trasformarci in strumenti passivi imboccati da quel potere che vuole mani libere per agire fuori da regole, tutelare gli interessi di pochi, tacitare ogni dissenso possibile, perseguire la costante cancellazione o mistificazione della verità.

La democrazia, le libertà non sono certo un diritto naturale. Le loro forme e la loro evoluzione sono oggetto dell'impegno e della vigilanza di ogni singolo cittadino. E' un errore pensare che qualcuno provvederà a noi, dato che è sapere e sforzarsi di capire la più efficace tutela dei nostri diritti.
E' davvero solo la verità che può renderci liberi. Abdicare alla propria capacità e possibilità di cercare e conoscere la verità, non può che avviarci ad una china pericolosa, percorsa la quale potremmo ritrovarci dentro un videogioco perverso in cui qualcuno pigerà bottoni e noi ci muoveremo a comando, fuori ormai da ogni collegamento con la realtà.

01/07/2010





        
  



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