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Maggiore chiarezza in merito ai prodotti finanziari denominati MY Way e For You

Ascoli Piceno | Parere pro veritate in merito ai prodotti finanziari da parte del Responsabile della Divisione intermediari della Consob.

di Dott. Fabrizio Tedeschi

Premessa
Si richiede di esaminare i contratti denominati 4YOU e MYWAY e di definirne la natura e le eventuali illegittimità in relazione al testo unico della finanza e alla regolamentazione delle autorita’ di controllo in materia di intermediari, in particolare il regolamento 11522 della Consob.  Il materiale oggetto di analisi e’ costituito da:  I contratti “MYWAY” e “4YOU”  I documenti informativi pubblici dell’intermediario tratti dal sito www.myway-4you.info  La perizia tecnica di parte del gruppo MPS redatta dal prof. Riccardo Cesari   Lettera Circolare 2654/4600 del 21/05/2002 di Banca 121  Foglio informativo analitico del Prestito Obbligazionario Banca Popolare di Spoleto Zerocoupon 03.01.2003 – 03.01.2028 (ISIN IT0003410658)   Lettera Circolare 2630 del 7/03/2002 (Release 15 del 04/03/2003)   Foglio Informativo del Prestito Obbligazionario Banca Agricola Mantovana 25.2.2002/25.2.2027 Zero Coupon (ISIN IT0003248702)  
Lettera circolare 2630 del 7/03/2002 (Release 04 del 30/05/2002)
 
Quesiti
I quesiti ai quali mi viene chiesto di rispondere sono i seguenti:  1) I prodotti finanziari richiedevano autorizzazioni da parte della autorita’ di controllo? In particolare era necessario un prospetto informativo?  2) Ravvisa violazioni ai principi fondamentali di cui all’art. 21 del D.Lgs 58/98 nella progettazione e collocamento di questo prodotto indipendentemente dai profili di adeguatezza dell’investimento rispetto al profilo del cliente?  3) Piu’ specificamente, ravvisa violazioni delle norme di cui sopra in relazione al collocamento delle obbligazioni attraverso i prodotti MYWAY e 4YOU?
 
Storia
Il prodotto denominato MYWAY nasce all’interno della Banca del Salento, ritenuta una delle piu’ dinamiche realta’ bancarie del tempo. Con l’acquisizione della banca da parte del Monte dei Paschi di Siena, il prodotto viene esteso a tutte le realta’ del gruppo con la nuova denominazione di 4YOU.  I due prodotti sono sostanzialmente uguali tra loro sebbene presentino qualche marginale differenza.
 
Descrizione
Il prodotto e’ costituito dall’unione di tre diversi contratti: un finanziamento, l’acquisto di una obbligazione, il collocamento di quote di fondi comuni.  Le tre fattispecie possono essere considerate insieme ovvero separatamente, ma e’ chiaro che leggi e regolamenti che disciplinano ogni singolo contratto, in particolare riferiti ai servizi d’investimento, devono prevalere sulle norme previste dall’accordo quadro, contrariamente a quanto riportato nei moduli contrattuali.  In prima ipotesi il prodotto puo’ essere considerato un mutuo di scopo per l’acquisto di obbligazioni e quote di fondi.

In questo caso il finanziamento diviene l’elemento principale dell’intera operazione e quindi, ferme restando le norme del TUF e dei vari regolamenti in merito ai servizi d’investimento, la disciplina di base andrebbe ricercata negli articoli del codice civile e leggi speciali in materia di mutuo.  In seconda ipotesi si puo’ considerare corpo principale dell’operazione il collocamento di quote di fondi, con l’elemento accessorio di garanzia rappresentato dall’acquisto di obbligazioni e con finanziamento sempre accessorio per l’acquisto di entrambi. In questo caso le norme sui servizi d’investimento si applicano in toto a tutti e tre i contratti, con prevalenza su ogni altra disciplina.  Ulteriore soluzione puo’ essere quella di considerare il contratto un tutt’uno, una sorta di contratto strutturato ”sintetico”, che si qualifica per l’effetto determinato dalla somma delle sue componenti. In sostanza ci troviamo di fronte a un titolo strutturato, che viene valutato, dal punto di vista economico, per la somma algebrica delle sue componenti.

Conseguenza di quest’ultima interpretazione e’ che si applicano tutte le regole dei singoli contratti, quelle relative agli strumenti strutturati e tutte queste, insieme ad altre di carattere generale, dovranno essere applicate al risultato finale del contratto strutturato.  Escludo in partenza, senza alcun dubbio, l’ipotesi di prodotto previdenziale, perche’ nei contratti suddetti non e’ presente alcuna caratteristica di natura previdenziale.

In prima analisi si puo’ concludere che ci troviamo di fronte alla fattispecie di un prodotto strutturato sintetico composto da tre contratti, tutti relativi ai servizi d’investimento. Prova evidente di cio’ e’ la previsione di un accordo quadro (vero e proprio contratto) nel quale sono poi inseriti o allegati i tre contratti di finanziamento, negoziazione e collocamento, piu’ i contratti di conto corrente, pegno, deposito,etc. Ed e’ pure specificato molto chiaramente che in caso di differenze di norme contrattuali si applicano quelle riferite al contratto quadro e non quelle dei singoli servizi.  Al contrario, si deve ritenere che le norme di legge e di regolamento sui singoli servizi debbano essere applicate indipendentemente dalla loro previsione contrattuale o dalla presenza di una clausola contraria nell’ambito dell’accordo quadro.

E la banca stessa si rende ben conto della prevalenza delle norme di legge e di regolamento sulle previsioni contrattuali, tanto da inserire un cauto inciso (“per quanto occorrer possa”) nel testo della stessa clausola e in un caso richiama detta clausola, tanto vessatoria quanto nulla, per l’approvazione specifica del cliente.  L’investitore acquista il risultato finale (la sintesi) di una serie di operazioni, ognuna ben individuata e distinta, con le regole sue proprie. Dovranno quindi essere oggetto di valutazione sia il prodotto finanziario strutturato sintetico nel suo complesso sia i singoli servizi o strumenti che lo compongono.
 
Il prodotto strutturato sintetico

Cio’ che “compera” l’investitore e’ un “mix” costituito da un finanziamento passivo (sic) che egli e’ obbligato a investire interamente  in obbligazioni e quote di fondi emesse da societa’ dello stesso gruppo bancario o comunque in portafoglio allo stesso.  Il prodotto cosi’ strutturato non e’ altro che la fusione (quasi direi una scoppiazzatura venuta molto male) di due prodotti gia’ conosciuti nel mondo finanziario:  a- i piani di accumulo di capitale; b- le gestioni o altre forme di investimento garantite da obbligazioni zero coupon, vale a dire senza cedole, ma che restituiscono il capitale e gli interessi alla scadenza del titolo.  Pero’ e’ una copia con solo gli aspetti negativi di quelle due formule contrattuali.

I piani di accumulo di capitale sfruttano un principio di comune accettazione nel mercato mobiliare: la teoria del prezzo medio. In breve l’investitore si propone di investire una somma fissa a determinate scadenze in quote di fondi o in altri strumenti finanziari di solito collegati all’andamento del mercato azionario. Il circolo e’ virtuoso, perche’ e’ un impegno costante e volontario (tanto da poter essere modificato, sospeso o concluso in ogni momento) a risparmiare ogni mese una quota prestabilita del proprio reddito per investirla in strumenti finanziari e nel lungo periodo, tra alti e bassi delle quotazioni, si realizza di norma un valore medio di acquisto molto interessante e redditizio.

I prodotti 4YOU e MYWAY enfatizzano invece gli aspetti negativi e opposti di questo sistema, perche’, investendo tutto l’importo in un’unica data, accollano all’investitore un rischio enorme, che, di fatto, in momenti di borsa euforica o di bolla speculativa si verifica sempre.  Anche 4YOU e MYWAY sono stati collocati come una forma di risparmio, ma, dopo la firma del contratto, diviene coatta, non libera. Puo’ quindi capitare che in caso di necessita’, di disgrazia o addirittura di decesso (esplicitamente previsto nel contratto) si interrompa il flusso di rimborso del finanziamento, determinando l’inadempimento, con tutte le conseguenze del caso.

L’investitore non ha quindi la liberta’ di cessare il proprio investimento per volonta’ propria o eventi esterni alla propria volonta’, cosi’ come in un normale piano di accumulo.  L’investitore perde anche la disponibilita’ del proprio investimento fino ad allora effettuato, perche’ questo e’ vincolato a pegno e non puo’ essere ne’ utilizzato e neppure cambiato, qualora le condizioni di mercato lo richiedessero.  L’altro prodotto imitato (malamente) era molto in auge allorche’ i tassi d’interesse superavano il 20% annuale. Si predisponeva l’investimento (mai a debito pero’); si investiva una parte della disponibilita’ (di norma intorno al 50%) in una obbligazione zero coupon di primario emittente e il rimanente veniva investito in strumenti ad alto rischio, quali premi, azioni speculative, special situation, etc.

Nella peggiore delle ipotesi l’investitore si ritrovava col capitale iniziale, avendo perso solo l’opportunita’ degli interessi (naturalmente anche questa era una finzione commerciale, perche’ meta’ del capitale era stato comunque perso, anche se recuperato dagli interessi).  Nel prodotto de quo, la perdita degli interessi e’ sicura, perche’ tutto avviene a debito, e il principio visto sopra di tutela del capitale tramite l’obbligazione viene a cadere, perche’ gli interessi generati dall’obbligazione, non solo (come ammette in modo trasparente la stessa perizia del  rof.Cesari) non coprono nemmeno la quota di competenza del finanziamento (dal 40 al 60%), ma certamente gli interessi passivi del finanziamento sulla parte investita in azioni devono ritenersi totalmente scoperti.
 
Osservazioni al prodotto strutturato sintetico

I prodotti 4 YOU e MY WAY, interpretati cosi’ come descritto sopra, presentano quindi le seguenti illegittimita’ in relazione al testo unico della finanza e ai regolamenti attuativi.  In questa sede si analizza il problema in via astratta e senza riferimenti alle singole fattispecie concrete.  Art 21 (criteri generali) del testo unico della finanza.
“Gli intermediari devono agire a - con diligenza, correttezza e trasparenza,
b - nell’interesse dei clienti e
c - per l’integrita’ dei mercati”.
a - Diligenza. Anche a un semplice primo sommario esame emerge che l’intermediario non si e’ comportato in modo diligente.

Ha confezionato un prodotto con estrema superficialita’, contravvenendo alle regole di prudenza che dovrebbero presiedere la sua attivita’.  Il prodotto invita il cliente a indebitarsi per fare investimenti azionari. Questo e’ tipico degli speculatori, che assumono pesanti rischi. Non sono mai attivita’ da destinare al grande pubblico. Si possono citare esempi infiniti di persone rovinate da investimenti dissennati sul mercato azionario fatti a debito. Nella predisposizione del prodotto non si e’ quindi seguita la neppur minima diligenza di uno studente di economia.

Naturalmente l’illiceita’ e’ grave, perche’ si richiede una diligenza professionale in chi deve essere iscritto in albi pubblici ed e’ pure sottoposto a pesanti controlli da parte delle autorita’ di settore.  Correttezza. L’intermediario non e’ stato neppure corretto, in quanto ha predisposto tutte le operazioni in modo da guadagnare in ogni passaggio, dal finanziamento, ovviamente oneroso, al collocamento obbligazionario fino a disporre di un introito sicuro e costante determinato dalle commissioni di gestione dovute dal cliente per un periodo molto lungo e senza possibilita’ di uscita.  Trasparenza. Ancora meno si puo’ parlare di trasparenza. Il prodotto non e’ trasparente nella sua presentazione come prodotto previdenziale. Esso e’ l’esatto contrario di un prodotto previdenziale, che dovrebbe essere risparmio per il futuro, mentre qui abbiamo solo indebitamento per il presente e di fatto perdite per il futuro.

Non e’ trasparente nei calcoli, che non vengono mostrati al cliente, e nella presentazione del rischio, che e’ molto piu’ elevato di quanto si lasci intendere. Nemmeno per il conflitto d’interessi si puo’ parlare di trasparenza, perche’ non ne viene mai dichiarata l’estensione. Tutto viene celato e addirittura sviato con informazioni tutte sbagliate.  b - L’interesse del cliente. Neppure l’interesse del cliente e’ salvaguardato. L’attivita’ degli intermediari viene spesso definita “altruista”, perche’ deve anteporre l’interesse del cliente al proprio. Specifiche norme tendono a impedire o a ridurre al minimo lo stesso conflitto d’interessi, insito in ogni attivita’ economica. Nel caso di specie tutto avviene in conflitto d’interessi e la banca pensa di cautelarsi dichiarandolo (vedremo in seguito con quale efficacia).

Ma il punto essenziale e’ che tutto avviene contro l’interesse del cliente. L’interrogativo che emerge dall’analisi del contratto, non e’ tanto se sia stata rispettata la normativa sul conflitto d’interesse, bensi’ se sia stato fatto l’interesse del cliente. Prima facie, ma anche approfondendo i tre contratti, e’ molto evidente che in nessun frangente e’ stato rispettato l'interesse del cliente.  Non e’ stato rispettato nel complesso dell’operazione. Difatti non e’ interesse del cliente indebitarsi a un tasso sicuramente superiore al rendimento dell’obbligazione che viene acquistata col finanziamento (e su questo la perizia del prof. Riccardo Cesari e’ sostanzialmente confessoria).

E’ una perdita sicura e non si vede per quale motivo l’investitore dovrebbe accollarsela. La presunta sicurezza dell’investimento, vale a dire che al  termine del periodo l’investitore disporra’ di una somma pari a quella investita, e’ uno specchietto per le allodole. In effetti cosi’ facendo si sommano due perdite in conto interessi. Relativamente alla parte che viene investita in obbligazioni la perizia consegnatami dimostra che e’ sicuramente perso il 2% di differenziale di interessi. Sulla parte che  viene investita in quote di fondi comuni, gli interessi sul finanziamento sono completamente persi, perche’ a fronte non hanno alcuna cedola obbligazionaria, ma solo il rischio dell’investimento in azioni o nello strumento finanziario prescelto.

Questo rischio, non solo si e’ verificato, ma era anche prevedibile tanto da divenire (tramite la presunta “garanzia” di una obbligazione zero coupon) un elemento di vendita del prodotto per la fallace sicurezza che offriva.  La ripartizione dell’investimento in un rischio obbligazionario e in uno azionario ha senso laddove si investano direttamente quattrini propri, non ne ha alcuno quando l’operazione sia a leva finanziaria e prefiguri in partenza da un lato una perdita certa sulla parte obbligazionaria e dall’altra un rischio sulla parte azionaria, sommando quindi due elementi negativi. La garanzia offerta e’ di fatto inconsistente e ha valenza solo commerciale, non concreta, come si e’ visto.

In sostanza se fosse stato  fatto l’indebitamento per finanziare la sola parte a rischio (senza considerare le osservazioni che vedremo oltre) l’investitore non avrebbe perso la parte di interessi relativa alla quota obbligazionaria e avrebbe in concreto corso lo stesso rischio sulla parte azionaria. Difatti se l’investimento fosse stato fatto solo per la parte azionaria, l’investitore avrebbe risparmiato senza ombra di dubbio tutta la parte degli interessi destinata a finanziare l’obbligazione; se l’investimento in azioni avesse avuto esito negativo, la perdita sarebbe stata pari agli interessi del finanziamento e a quanto perso in conto capitale sull’investito meno i valori residui delle azioni; in caso di esito positivo il risultato sarebbe stato determinato dal guadagno in conto capitale meno gli interessi spesi per finanziare gli investimenti.

A ben vedere e facendo tutte le comparazioni del caso, la garanzia del capitale investito non tutela tanto l'investitore, quanto la banca, che in caso di esito negativo del suo prodotto strutturato si rivale sull’obbligazione e rientra della propria esposizione verso il cliente. Si e’ agito quindi contro l’interesse del cliente ricavandone un vantaggio proprio. (Sul problema del conflitto d’interessi ci soffermeremo in seguito).  c - L’integrita’ dei mercati. Questa considerazione ci introduce alla valutazione in merito alla tutela dei mercati, altra importante preoccupazione di ogni intermediario che senza mercati sani rischierebbe di sparire.

La tutela dei mercati e’ data da elementi etici e da altri piu’ strettamente giuridici e di stabilita’.  Il prodotto si presenta deleterio sotto l’aspetto etico per una serie di motivi ed e’  assolutamente diseducativo in quanto invita un investitore di piccole dimensioni a indebitarsi per effettuare investimenti a rischio elevato, comunque azionario. In secondo luogo, trasferisce sul mercato definito retail una modalita’ operativa (contratti strutturati, indebitamento per acquisto di titoli, etc) tipica dell’operatore professionale, aumentando enormemente i rischi ai quale si espone il mercato con protagonisti inadeguati e impreparati alle difficolta’ che si possono incontrare. Difatti la clientela retail ha atteggiamenti sempre emotivi e non razionali che la spingono spesso, per non dire sempre, a vendere ai minimi e a comprare ai massimi. Anche in questo caso l’investitore non professionale e’ stato colto da panico e vuole liquidare i propri investimenti, anche se in perdita.

Riprova evidente che ci troviamo di fronte a un prodotto inadeguato alla piccola clientela e che e’ stata messa a rischio l’integrita’ del mercato.  Dal punto di vista della stabilita’ abbiamo di fronte una operazione fortemente destabilizzante, perche’ la banca potrebbe trovarsi nella necessita’ di dover escutere il proprio pegno, vendendo una quantita’ di titoli che il mercato potrebbe non essere in grado di assorbire senza scosse. In sintesi ci troviamo di fronte a una operazione di anticipazione su titoli che ai tempi delle contrattazioni a termine non sarebbe stata ammessa, perche’ totalmente a credito.

L’integrita’ dei mercati non e’ quindi assolutamente preservata da operazioni come quella in esame.  Da una parte della dottrina si e’ sostenuto che i precetti di carattere generale, come quelli visti sopra, del testo unico della finanza non sono immediatamente operativi, ma richiedono di esser attuati dai regolamenti delle autorita’ di controllo. Nulla di piu’ contrario al vero. Cosi’ operando ci si dovrebbe limitare a intervenire solo sulla casistica, perche’ solo cio’ che viene dettagliatamente previsto e’ immediatamente precettivo. In realta’ si tratta di norme di immediata applicabilita’ e tutti vedono come una condotta possa essere corretta o scorretta senza che essa sia prevista in qualche manuale.  Sempre rimanendo nell’ambito del prodotto strutturato, si possono rilevare altre violazioni della normativa di settore.

Ad esempio, deve ritenersi violato il principio di cui agli artt. 24 co.1 lett.d) del testo unico della finanza e 37 co.1 lett.e) del reg.11522, laddove si prevede che in qualunque momento il cliente possa recedere dal contratto di gestione senza aggravio di alcuna penalita’. Per essere precisi, le norme si riferiscono alla gestione di portafogli in senso generale, ma riprendono un principio base e cardine di tutto l’ordinamento di settore (l’investitore puo’ sempre disporre del suo investimento) e, per i dubbiosi che abbiano sempre bisogno della casistica, sono ripresi in  modo piu’ analitico dal provvedimento del 1° luglio 1998 della Banca d’Italia, regolamento dei fondi comuni, in diversi punti e sotto diversi aspetti.

Nell’allegato A di tale regolamento, al paragrafo 8.1.2 della sezione II (rimborso di quote) e’ detto molto chiaramente che la procedura di rimborso “deve essere specificata nel regolamento evitando qualsiasi iter procedurale che possa configurare un ostacolo all’esercizio del diritto al rimborso o all’ottenimento del medesimo nei tempi prescritti”. Il contratto “sintetico”, nella sua formulazione di carattere generale prevede, in virtu’ del contratto di pegno, che l’investitore non possa disporre del proprio investimento, in quanto questo resta nella totale disposizione della banca pignoratizia. Questo e’ proprio quello che Banca d’Italia e il testo unico vogliono evitare: far si’ che l’investitore venga spogliato di fatto dei propri beni; troppi casi del passato hanno insegnato la pericolosita’ di questa modalita’.

La liberta’ di investimento e’ difesa anche nella totale informalita’ e rapidita’ della richiesta di disinvestimento che tutto il regolamento prevede e sul quale non e’ necessario soffermarsi, basta una semplice lettura. Nello stesso paragrafo vengono trattati anche i piani sistematici di rimborso, che potrebbero sembrare un vincolo al disinvestimento. Proprio per questo motivo, si prevede che possano essere revocati o modificati in qualunque momento.  Si deve quindi ritenere che sotto questo profilo il contratto sintetico voglia raggiungere in modo indiretto un risultato vietato dai principi generali dell’ordinamento finanziario.

Diverso sarebbe stato il discorso se, disponendo di un bene, questo venga posto a pegno. In questa ipotesi l’oggetto principale del contratto sarebbe il finanziamento e il cliente rinuncerebbe a qualcosa (la sua liberta’ di investimento) per ottenere qualcos’altro in cambio (il finanziamento) da utilizzare a proprio piacimento. Nella nostra fattispecie invece, l’oggetto principale del contratto e’ l’investimento e le regole da rispettare e prevalenti sono quelle della finanza e non del pegno.

Dall’altra parte non possiamo fare a meno di notare come l’interesse della banca o meglio del gruppo bancario vada contro quello del cliente. Difatti la banca ha tutto l’interesse a bloccare l’investimento per lucrare sostanziose commissioni di gestione per un periodo sicuro e molto lungo, nonche’ per aumentare il proprio valore di mercato in caso di cessione o fusione o altra operazione societaria. Anche in questo caso la banca ha agito contro l’interesse del cliente e il conflitto d’interesse passa in secondo piano di fronte a una cosi’ palese violazione delle norme.

Sempre nel regolamento della Banca d’Italia, al paragrafo precedente, 8.1.1 “sottoscrizione di quote”, vi e’ un piccolo capitolo sui “Contratti abbinati alla sottoscrizione di quote del fondo”. E’ consentito abbinare la sottoscrizione di quote del fondo ad altri contratti ed e’ detto molto chiaramente “il regolamento puo’ non fare menzione di tali contratti, ma deve prevedere che l’eventuale contratto collaterale abbinato costituisce atto volontario, separato e distinto rispetto alla sottoscrizione di quote e che l’abbinamento non puo’ comportare oneri o vincoli non previsti ne’ effetti sulla disciplina del fondo, che resta integralmente assoggettata al regolamento”.

La disciplina e’ chiarissima ed e’ altrettanto evidente che il vincolo di pegno previsto dal contratto sintetico viola questa disposizione regolamentare, che vista la sua importanza non puo’ che essere considerata di ordine pubblico.  A nostro parere, inoltre, il contratto sintetico e’ un tutt’uno e va interpretato cosi’ com’e’ stato applicato come un unico contratto. Di conseguenza mancano quegli elementi di “separatezza e distinzione” che il regolamento della Banca d’Italia richiede per la validita’ degli abbinamenti di contratti al collocamento di quote di fondi.

In ogni caso, se non fossero chiari i principi generali, il fondo resta disciplinato solo dal suo regolamento e non dai contratti a vario titolo abbinati.  Al punto 3) dello stesso paragrafo, in merito alla disciplina dei piani di accumulo, si afferma “al sottoscrittore del piano deve essere consentito di sospendere o interrompere i versamenti senza che cio’ comporti alcun onere aggiuntivo a suo carico”. Anche questa e’ una applicazione del principio della liberta’ di investimento. Abbiamo visto prima come il contratto quadro sintetico eliminasse questa liberta’ di investimento. Anzi si puo’ avanzare il legittimo sospetto, che appare sempre piu’ una certezza, che la modalita’ di collocamento delle quote di fondi tramite finanziamento garantito da pegno sulle stesse sia solo un marchingegno per aggirare tale disposizione, cosi’ come le altre clausole contrattuali viste in precedenza. 

Dall’analisi di tutte queste violazioni di principi cardine e importantissimi della normativa di settore, siamo portati a concludere che il contratto quadro sintetico, prima ancora di esaminare le clausole dei singoli contratti, e’ nullo addirittura per la illiceita’ della sua causa in quanto mira a raggiungere obiettivi proibiti dalle norme. E’ difatti proibito limitare la liberta’ dell’investitore di disporre del proprio investimento.

E’ proibito introdurre, nei regolamenti e nei contratti abbinati, clausole che limitino tale possibilita’ di disposizione.  E’ infine proibito costringere l’investitore a fare versamenti periodici che non voglia piu’ effettuare, come di fatto avviene quando il “piano di accumulo” e’ costituito da un finanziamento.  Per tutte queste cose, e altre che vedremo nel seguito, il contratto quadro strutturato sintetico deve ritenersi contrario a norme imperative e quindi insanabilmente nullo.
 
Obbligo di prospetto
Giunti a questa conclusione di nullita’ radicale e insanabile del contratto quadro di tutta l’operazione potremmo concludere la nostra analisi.  Per completare il quadro, verifichiamo quali altri elementi di illiceita’ possiamo rilevare nella struttura contrattuale dell’operazione.

Accertato che 4YOU e MYWAY sono prodotti finanziari composti da una serie di contratti, tra cui alcuni relativi ai servizi d’investimento, si tratta di stabilire se questo genere di prodotti finanziari sia soggetto alla pubblicazione di un prospetto per l’offerta al pubblico. Purtroppo il testo unico della finanza in merito e’ praticamente incomprensibile.

Manca totalmente una giurisprudenza in materia e anche la dottrina non e’ concorde in merito. In sostanza l’art.100 co.1 lett.f) esenta i prodotti finanziari non convertibili in azioni e simili dal prospetto, mentre l’art.30 co.9 impone il prospetto per i prodotti non previsti all’art.100. Si tratta di un autentico rompicapo che non vale la pena di affrontare. Si segnala soltanto che la norma dell’art.100 viene indicata come una delle cause delle pessime modalita’ di collocamento dei vari corporate bond emessi nei disastrosi dissesti di questi ultimi due anni, tanto che nel progetto di riforma quella norma viene abrogata tout court.

Se la riforma fosse stata attuata per tempo o, ancora meglio, se nel testo unico della finanza la lobby bancaria non avesse inserito una norma cosi’ spudoratamente di favore, anche 4YOU e MYWAY avrebbero dovuto essere collocati con le forme di pubblicita’ e di garanzia del prospetto e questo avrebbe con ogni probabilita’ ridotto il numero dei sottoscrittori ed evitato tanti problemi. Ad ogni buon conto non si ritiene che l’operazione fosse soggetta a obbligo di prospetto in virtu’ della larga norma di esenzione dell’art.100 del TUF.
 
Contratto di mutuo compreso nell’accordo quadro

Il contratto di mutuo che appare nell’accordo quadro e’ essenzialmente un preliminare, un impegno a contrarre, ma non e’ questo il punto che interessa gli investitori.  In primo luogo vi e’ una pesante incongruenza tra le premesse dell’accordo quadro e il testo del preliminare di mutuo (redatto sotto forma di richiesta del cliente accettata dalla banca). Nelle premesse infatti e’ prevista la possibilita’ per il cliente di rifiutarsi di fornire informazioni sulla propria situazione finanziaria, mentre nella richiesta di mutuo esplicitamente l’investitore dichiara di possedere una capacita’ di risparmio che gli consente di fare fronte alle rate del mutuo.

E’ una palese contraddizione: se un investitore decidesse di non dichiarare la propria situazione finanziaria, non potrebbe neppure affermare di avere una capacita’ di risparmio tale da ripagare il mutuo contraendo. Questo non e’ causa di alcuna illegittimita’, ma dimostra chiaramente come le norme e le clausole dei singoli contratti in realta’ finiscano per prevalere non solo di diritto, ma anche di fatto su quelle dell’accordo quadro, anche se questo porta alla luce la fragilita’ dell’intero impianto contrattuale. Di questa palese debolezza la banca e’ ben conscia, ma mantiene l’equivoco per evitare che tutta la costruzione di vincoli sugli strumenti finanziari collocati agli investitori venga a cadere.

Difatti, mentre dichiara la prevalenza delle norme del finanziamento su quelle dei servizi d’investimento, giusto per tentare di evitarne la illegittimita’, aggiunge un sommesso e rivelatore “per quanto occorrer possa”, perche’ si rende benissimo conto che quella clausola non puo’ trovare applicazione alcuna ovvero puo’ avere solo una validita’ marginale.  Il finanziamento concesso rientra nella previsione dell’art. 47 del reg.11522 della Consob. In tale articolo si richiede che gli strumenti finanziari acquisiti col finanziamento e costituiti in garanzia siano di valore congruo in relazione all’importo del finanziamento. Prima facile sembrerebbe una norma di sana e prudente gestione e di stabilita’ dell’intermediario. Il fatto pero’ che detta norma sia prevista in un regolamento Consob, su esplicita delega della legge, deve farci riflettere.

La Consob non dovrebbe tutelare la stabilita’ degli intermediari, bensi’ la correttezza e la trasparenza del loro operare a vantaggio del pubblico degli investitori e della integrita’ dei mercati. Percio’ quella norma deve essere letta e applicata come tutela degli investitori e dei mercati. Significa quindi che e’ scorretto concedere finanziamenti in misura non congrua per operazioni in strumenti finanziari, per i motivi che abbiamo visto in precedenza riferiti alle caratteristiche degli investitori persone fisiche. Il regolamento non definisce una percentuale di questa congruita’, ma la prassi si e’ orientata intorno al 50% del valore degli strumenti finanziari da acquistare. Il contratto quadro prevede un 100% di importo finanziato e deve essere ritenuto totalmente incongruo.

Da parte della banca si potrebbe opporre di aver rispettato detta percentuale, poiche’ una parte dal 40 al 60% del finanziamento viene destinata a un titolo obbligazionario zero coupon che copre alla scadenza l’intero importo finanziato. Cosi’ facendo la banca dichiara espressamente che l’acquisto del bond non e’ fatto nell’interesse del cliente (che ci perde in ogni caso almeno gli interessi), bensi’ per quello della banca, che, ben cosciente di effettuare un finanziamento per un importo spropositato ai titoli acquistati, cerca un’altra forma di garanzia surrettizia. Ma anche questo ragionamento (qualora fosse ritenuto accettabile) non supera lo spirito e la lettera della norma regolamentare che richiede un rapporto congruo tra tutti gli strumenti finanziari acquistati e l’importo del finanziamento.

Ed e’ molto evidente che in nessun caso l’importo del finanziamento puo’ essere pari a quello degli strumenti finanziari acquistati.  In altra parte del regolamento si parla di leva finanziaria, consentendo quindi di impegnare il cliente oltre gli importi conferiti. In primo luogo la norma riguarda la gestione e si tratta di norma speciale non applicabile al nostro caso concreto, che non rientra affatto nell’ambito del servizio d’investimento della gestione individuale di portafoglio. Ma neppure in tale fattispecie e’ prevista una leva finanziaria all’infinito non conferendo alcunche’ per dare inizio alla gestione e per applicare un moltiplicatore alla leva. Si fa notare che investire una qualunque somma senza avere conferito alcunche’ configura una leva finanziaria all’infinito che non e’ prevista neppure nella gestione piu’ arrischiata.  Il finanziamento oggetto di analisi deve quindi ritenersi illecito in relazione al regolamento 11522 della Consob.
 
Acquisto di obbligazioni
La seconda fase del piano finanziario e’ l’acquisto di un titolo obbligazionario, vuoi emesso da un primario istituto estero vuoi emesso da una entita’ del gruppo.  Questi elementi di conflitto di interessi sono indicati nell’accordo quadro e la banca pensa di essersi cautelata a sufficienza.  In realta’, esaminando le cose piu’ in profondita’ e utilizzando la perizia del prof. Riccardo Cesari, il comportamento della banca e’ molto censurabile. In primo luogo il prezzo.

Questo aspetto dovrebbe essere di carattere generale dato che la Banca 121 aveva emesso circolari con l’indicazione del prezzo valido, nei diversi periodi, per tutti i clienti. E d’altronde riesce molto difficile ipotizzare che ci siano state differenti politiche di prezzo in relazione ai singoli clienti o gruppi di clienti. Qualora cio’ fosse avvenuto, dovra’ procedersi all’esame delle eccezioni e delle singole situazioni.  Dalla perizia del prof. Riccardo Cesari sembrerebbe (ma in verita’ cio’ non viene detto) che il prezzo sia stato determinato partendo da un rendimento equo stimato tra un 5.06% e un 5.16%. Non si dice nulla su eventuali rendimenti netti o lordi, ne’ sui rendimenti medi del periodo di riferimento (aprile-dicembre 2000).

Orbene l’indice “rendiob”del corrispondente periodo varia da un 5.5720% di aprile a un 5.6690% di dicembre, con una punta massima del 6.0010% di settembre. Si tratta di differenze sostanziose, da mezzo punto a un punto, che replicate sulla distanza trentennale dell’operazione, rappresentano una cifra oltremodo rilevante. Ma anche in questo caso il prof. Riccardo Cesari ci soccorre e ci offre un dato interessante e applicabile al nostro caso concreto, benche’ in senso opposto a quello indicato dalla sua perizia.

I BTP trentennali, quindi di durata comparabile con i nostri prodotti finanziari, emessi nell’anno 2000 hanno offerto alla scadenza un tasso minimo del 5.77% e uno massimo del 6.29%, con una media del 5.97%. Un rendimento quasi in grado di coprire interamente i costi del finanziamento. Se a questo aggiungiamo che lo stato e’ il debitore migliore per definizione (ci limitiamo ovviamente allo stato italiano), altre obbligazioni di altri emittenti avrebbero dovuto rendere ancora di piu’. Quindi si puo’ immaginare che, se il calcolo del tasso di rendimento delle obbligazioni offerte in acquisto ai sottoscrittori dei prodotti 4YOU e MYWAY fosse stato fatto in modo piu’ oculato, questi avrebbero goduto di rendimenti tali da coprire gli interessi passivi sul finanziamento, almeno sulla quota di competenza.


Dobbiamo quindi avanzare molti dubbi sulla equita’ del prezzo praticato, anche se in mancanza della metodologia di calcolo utilizzata dalla banca non e’ corretto formulare una opinione conclusiva.  Invece e’ certamente “scandaloso” il margine di intermediazione che la banca ha ricavato per se’ stessa nella vendita delle obbligazioni provenienti dal proprio portafoglio di negoziazione. Sempre sulla base della perizia del prof. Riccardo Cesari si va da un minimo di 2.22 punti assoluti a un massimo di 2.90 punti assoluti. E gia’ si tratta di un buon margine in termini assoluti, che pero’ va calcolato in termini percentuali su una base di un prezzo di acquisto per la banca di 19.89 punti percentuali.

In sostanza abbiamo un margine di intermediazione di oltre il 10% (a questi livelli, completamente fuori mercato e anche del ragionevole, non ha molta importanza la percentuale esatta). Questi redditi sono stati praticamente istantanei e comunque ottenuti in lassi temporali molto ristretti.  Su questo punto e’ ancora una volta illuminante la perizia del prof. Riccardo Cesari. Essa ci dice che all’interno del gruppo le obbligazioni collocate al pubblico sono state emesse a 17,11 centesimi per poi essere girate alla banca collocatrice a 19,89. Il margine di intermediazione del gruppo deve pertanto essere calcolato sulla base di 17,11 centesimi.

A questi livelli, il rendimento per le societa’ del gruppo a diverso titolo partecipanti al business diviene stratosferico in relazione alla tipologia del titolo, con buona pace dell’interesse del cliente, totalmente calpestato. Non ci si sofferma qui sull’interesse del gruppo di allocare gli utili dove ritenuto piu’ opportuno, perche’ questo esula dal tema della nostra indagine, ma resta certamente un indice pesante di quali interessi la banca abbia inteso perseguire con l’operazione in oggetto.

Le considerazioni che nascono da una simile situazione sono tante. Per il momento ci limitiamo a osservare che la banca aveva spazio per trasferire all’investitore un reddito almeno pari al costo del finanziamento. Nella sua ingordigia, non ha voluto fare neanche quello e si e’ incamerata istantaneamente (non spalmato su 30 anni) un margine impressionante, che solo operazioni rischiosissime, complicate o, peggio, truffaldine possono assicurare.

Quali norme sono state violate? Non c’e’ che l’imbarazzo della scelta, nella quasi certezza di dimenticare qualche cosa.  Non possiamo certo parlare di best execution. Il margine e’ troppo elevato, oltre la ragionevolezza.  Non si puo’ parlare di interesse del cliente: il margine e’ eccessivo, non si e’ neppure provveduto a coprire i costi del finanziamento quando ve n’era la possibilita’, il prezzo non era equo, non si e’ certo ridotto al minimo il costo dell’operazione per il cliente.

Anche il conflitto d’interesse non puo’ dirsi completamente disvelato: non basta segnalare che il titolo proviene dal proprio portafoglio di negoziazione quando il margine e’ spropositato, quando il prezzo non e’ equo, quando il rendimento non e’ di mercato, etc.  Un buon intermediario non avrebbe mai fatto un’operazione del genere, perche’ avrebbe messo a repentaglio e la sua immagine e soprattutto la sua stabilita’ per i rischi patrimoniali e non solo reputazionali dell’intera operazione. Si e’ anche andati contro i criteri di una sana e prudente gestione.  Per tutta questa serie di irregolarita’, cosi’ ampiamente diffuse e gravissime,  iteniamo che anche il singolo contratto di acquisto delle obbligazioni sia colpito da una assoluta nullita’.
 
Sottoscrizione di quote di fondi comuni
La terza fase dell’operazione consiste nella sottoscrizione di quote di fondi comuni di societa’ del gruppo.  Il cliente prende nota che tutto avviene in conflitto d’interessi e sul punto non vi e’ nulla da obiettare.  Vi e’ invece tutto da obiettare alla clausola che inibisce ogni operazione sulle quote dei fondi acquistate, anche addirittura il semplice passaggio dalle quote di un fondo a quelle d’un altro (cc.dd. switches).

La clausola e’ irragionevole, contraria all’interesse del cliente, nel solo interesse della banca e, abbiamo visto in premessa, deve essere considerata totalmente e radicalmente nulla.  E’ irragionevole perche’ non esiste investimento moderno (escluso forse l’immobile e il titolo di stato) che possa avere una validita’ perenne nel tempo. Tutto cio’ e’ fatto per mantenere validita’ al pegno, ma significa uccidere la dinamicita’  dell’investimento (e i risultati si sono visti).

Il cliente non ha nessun interesse a vedersi bloccare l’investimento, di qualunque natura questo sia; al contrario e’ la banca che vuole tenersi stretta la sua garanzia, ma soprattutto tenersi ben stretta la gestione dei patrimoni dei fondi per un lungo periodo, godere delle laute commissioni di gestione e della valorizzazione patrimoniale delle masse gestite in caso di operazioni societarie.  La situazione e’ stata aggravata, se puo’ essere aggravato ulteriormente cio’ che e’ gia’ gravissimo, dal fatto che, almeno nel caso di MYWAY, si e’ pure provveduto a cambiare la natura del fondo acquistato, aumentandone le commissioni di gestione.

La banca ha quindi assunto una decisione a suo totale vantaggio, togliendo letteralmente al cliente la facolta’ di scegliere il livello di rischio, il tipo di investimento da effettuare e il costo da sostenere. Non ci sono parole per  classificare un simile comportamento. Basta farsi la domanda: ma l’interesse del cliente dov’e’? Tutto questo ci porta a dire che il contratto e’ viziato da una insanabile contrarieta’ a norme di ordine pubblico con tutte le conseguenze del caso.

Conclusioni

Quanto illustrato sopra, che costituisce la parte piu’ rilevante delle osservazioni che potrebbero essere mosse ai contratti 4YOU e MYWAY, porta a concludere che ci troviamo di fronte a clausole contrattuali che violano in numerose ipotesi norme imperative poste a tutela del pubblico risparmio. Dette norme debbono ritenersi non disponibili da parte dei privati, in quanto tutelano un interesse pubblico e quanto questo interesse sia importante e rilevante tutti possono constatarlo nelle vicende dei corporate bond che oggi affliggono il nostro mercato.

Da un lato abbiamo un banca in forte crescita, successivamente entrata per acquisizione in un gruppo molto importante al centro del risiko bancario. Sia la Banca 121 sia successivamente il gruppo MPS avevano e hanno un forte interesse ad aumentare la propria valutazione sul mercato vuoi per monetizzarla vuoi per essere in posizione dominante in caso di fusioni o altre forme di aggregazione tra istituti di credito.  Questo ha fatto si’ che le norme venissero allegramente scavalcate al fine di ottenere piu’ impieghi, piu’ raccolta di liquidita’, piu’ masse gestite, piu’
commissioni e proventi da operazioni finanziarie.  I prodotti 4YOU e MYWAY sono uno splendido esempio di questa situazione.

La banca aumenta gli  impieghi e quindi il suo valore intrinseco e la sua redditivita’ con gli interessi; aumentano le masse gestite nei fondi, con buona redditivita’ e una buona valutazione patrimoniale; anche le obbligazioni sono una forma di collocamento che genera lauti profitti e costituisce raccolta da valorizzare in caso di operazioni societarie.  La banca ha quindi fatto tutto cio’ che ne aumentava redditivita’ e valore.  Purtroppo per i clienti, per raggiungere questi risultati la banca ha dovuto andare contro leggi e regolamenti e soprattutto contro l’interesse dell’investitore.

Per tutte le ragioni che sono state illustrate nella narrativa, riteniamo che i prodotti oggetto di esame siano uno dei peggiori esempi di quello che un intermediario non debba fare nel corso della sua attivita’. Riteniamo che tutti i contratti e gli atti compiuti nell’ambito e in esecuzione dei prodotti finanziari 4YOU e MYWAY siano affetti da nullita’ assoluta e quindi insanabile.  Possiamo quindi sinteticamente rispondere alle domande posteci nel seguente modo:

1) I prodotti finanziari 4YOU e MYWAY non richiedevano alcuna autorizzazione da parte delle autorita’ di controllo, ne’ era necessario un prospetto informativo ai sensi della larga norma di esenzione dell’art.100 del TUF. Naturalmente resta ferma l’applicazione delle norme sull’offerta di strumenti finanziari e offerta fuori sede per quanto riguarda le quote di fondi comuni d’investimento.
 
2) Tutto l’articolo 21 del TUF, ma anche una parte rilevante degli altri articoli di legge e di regolamento disciplinanti i servizi d’investimento sono stati violati da questi contratti strutturati sintetici, cosi’ come illustrato in narrativa e che sarebbe qui troppo esteso ripetere.
 
3) Il collocamento di obbligazioni inserito nei prodotti finanziari strutturati sintetici 4YOU e MYWAY, secondo le modalita’ descritte nei contratti stessi e nella perizia del prof. Riccardo Cesari, ha certamente violato le norme del TUF in materia di diligenza, correttezza e trasparenza, ma anche in materia di best execution, interesse del cliente e conflitto d’interesse. Le violazioni sono di tale portata ed estensione, che probabilmente qualcuna e’ passata inosservata.

13/07/2004





        
  



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