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Andrea Tornielli a Piceno d’Autore 2016

San Benedetto del Tronto | Il noto vaticanista del quotidiano torinese La Stampa, ospite della seconda serata di “Piceno d’Autore”, per presentare il suo libro-intervista a Papa Francesco.

di Umberto Sgattoni

Seconda serata di Piceno d'Autore alla Palazzina Azzurra martedì 19 luglio; ospite del festival letterario cittadino, il noto giornalista e scrittore Andrea Tornielli, autore di un interessante libro-intervista a Papa Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio.

Di Tornielli, parla - certo - un curriculum di tutto rispetto; vaticanista del quotidiano torinese La Stampa, coordinatore del progetto "Vatican Insider", autore di numerosi libri di grande successo oltre che di notevolissima densità e varietà contenutistica (da Papa Giovanni XXIII a Papa Luciani; da Pio XII al cardinal Martini; da José Escrivà a Padre Pio, passando per tanti tantissimi altri temi e personaggi); un Tornielli giunto a San Benedetto, per presentare il suo libro nell'ambito della rassegna Piceno d'Autore e conversare sul tema "L'Uomo, il Divino e il Sacro" sul quale, la sezione monografica di quest'anno ha inteso soffermarsi e focalizzare la propria attenzione e riflessione.

Nella sua introduzione, l'avvocato Silvio Venieri - sempre estremamente puntuale - ha dettagliatamente introdotto la figura dell'ospite, sottolineando come il suo ultimo libro "Il Nome di Dio è Misericordia" sia opera non solo qualitativamente significativa ma abbia avuto un successo editoriale notevolissimo che ha travalicato i confini nazionali.

Presente, fra il pubblico considerevole che ha affollato la Palazzina Azzurra, anche il vescovo della Diocesi di San Benedetto-Ripatransone-Montalto Carlo Bresciani.

"Un libro che ci misericordia" ha detto Fernando Palestini Direttore Ufficio Cultura e Comunicazioni Sociali della Diocesi, parlando del libro-intervista di Tornielli a Papa Francesco; sottolineando pure come i suoi contenuti trasmettano una serenità profonda e verace ed inducano ad una riflessione interiore che mette in luce come tutti - in fondo - siamo bisognosi di misericordia e di perdono.

Andrea Tornielli - da parte sua - schermendosi per i complimenti ricevuti, ha esordito dicendo che per quanto concerne il libro egli si sia limitato semplicemente "ad accendere il registratore".
Poi, approfondendo le ragioni e le fasi che hanno visto il concepimento dell'opera, ha rivelato come l'idea gli sia venuta ascoltando l'annuncio del Giubileo della Misericordia da parte dello stesso pontefice; sembrandogli - appunto - la misericordia, il tema centrale del suo ministero papale.

Ha poi sottolineato come, da giornalista avesse avuto modo di intervistarlo per due volte (una volta per il quotidiano La Stampa ed una in occasione del libro "Questa economia uccide) oltreché in quelle occasioni che ha avuto, accompagnandolo fra i giornalisti al seguito nei vari viaggi del suo pontificato.
Tuttavia, ha confessato Tornielli, come non avesse, in realtà, curiosità giornalistiche o domande da porre sull'attualità, né tantomeno volesse addentrarsi in temi delicati e complessi che non vanno certo trattati con semplici domande e/o interviste.

"Avevo però il desiderio" - ha detto Tornielli "di far emergere il suo cuore sul tema della misericordia."

Voleva - cioè - raccogliere il racconto e la sua testimonianza di uomo di fede, di prete e di vescovo, prima ancora che di Papa.
"In lui," ha detto il vaticanista "mi ha sempre colpito, anche quand'era vescovo e cardinale, questa figura di padre spirituale, capace di accoglierti ed in grado di trasmettere quel senso di vicinanza e tenerezza che in sé raccoglie ed esprime il volto misericordioso di Dio."

Gli ultimi papi, d'altronde - ha ravvisato il Tornielli - hanno posto l'accento in maniera sempre più crescente sul tema della misericordia.
E ciò, va anche spiegato ed inteso, nel fatto che fino a 60-70 anni fa, si nasceva in un paese in cui i battezzati erano in egual numero degli evangelizzati; datochè - per così dire - si succhiava la fede cristiana sin dal latte materno e da una società che recepiva a piene mani le indicazioni del magistero della Chiesa.
Un mondo - quello di oggi - decisamente e profondamente mutato.

"E come si torna, dunque ad annunciare il vangelo?" ha chiesto il Palestini.
"Toccando i cuori della gente" - si è detto convinto il Tornielli senza troppe esitazioni; annotando pure come nel Vangelo sia chiaro e palese come Gesù avesse la capacità di attirare a sé - come il miele le mosche - schiere di peccatori e gente che viveva e teneva in sé, ferite non sanate, inquietudini profonde e domande irrisolte.
A riguardo, il vaticanista ha citato un brano dell'evangelista Luca in cui Gesù è vicino ai peccatori, agli emarginati e gli scribi e i dottori - gli uomini di dottrina e di legge, chiusi nella roccaforte delle loro certezze e sicurezze - mormoravano.

"Non certo una situazione di 2000 anni fa; queste situazioni esistono ancora oggi" ha detto Andrea Tornielli.
"Situazioni in cui c'è chi sa sempre tutto e vede le pagliuzze nell'occhio del fratello; ma non vede la trave che è nel suo".
Atteggiamenti ancora reali ed attualissimi nei confronti di Gesù, del Papa e degli insegnamenti della Chiesa.
"Se invece guardassimo dentro di noi" ha detto il giornalista cattolico "ci accorgeremmo che tutti abbiamo un profondo bisogno di aiuto".

Poi per quanto riguarda la significativa espressione di "Chiesa-Ospedale da Campo" coniata da Papa Francesco, il Tornielli, pur riconoscendo la grandezza e la particolare pregnanza dell'espressione del Papa si è detto convinto che questa non sia una particolare novità, se più semplicemente ci si attenesse al magistero stesso della Chiesa ed agli insegnamenti contenuti nel Vangelo.

Nel merito invece delle resistenze che sta conoscendo Papa Francesco, Tornielli ha espresso la convinzione che tutti i papi degli ultimi 100 anni abbiano dovuto fronteggiare resistenze; "nessuno" ha detto il vaticanista de La Stampa di Torino "ricorda quanto abbia sofferto Paolo VI o quante resistenze abbia dovuto fronteggiare Giovanni Paolo II; non dobbiamo sorprenderci".

Poi il Tornielli, sempre restando sul tema conduttore della misericordia si è soffermato sulla stupefacente figura del Gesù Buon Pastore che lascia le novantanove pecore per andare a cercare quella smarrita.
"Pur non essendo particolarmente ferrato nel tema della pastorizia" ha detto simpaticamente il Tornielli, tornando però immediatamente al senso profondo della sua riflessione "chi di noi, farebbe altrettanto?".

Come pure si è soffermato sulla conversione di Zaccheo, che si converte grazie alla chiamata di Gesù e non su propria personale iniziativa (essendo egli, inizialmente e semplicemente mosso dalla curiosità di poterlo vedere).
E' Dio, che ci viene a cercare; un abbraccio misericordioso - quello di Dio - che precede ogni nostra iniziativa o precondizione legata alla conversione.

Una logica quella di Dio che è diversa da quella dell'uomo: un Gesù "che senza commissioni mediche" ha detto il Tornielli "tocca il lebbroso e lo guarisce; e così ci indica la via: cioè quella di andare verso ed incontro al peccatore".

"Un'Ospedale da Campo" ha aggiunto Andrea Tornielli "che tenga vivo quel lumicino di speranza che c'è sotto la cenere" delle nostre umane miserie, delle nostre difficoltà, fragilità e nella nostra condizione di peccatori.

"Tutti noi" ha detto il giornalista e scrittore cattolico "saremo giudicati sulla base del protocollo di Matteo 25".

E, sfiorando - senza alcun intento polemico o velleità di approfondimento - la questione legata ai migranti, il Tornielli ha detto come sia questione degna di riflessione quella che vide Gesù e la sua famiglia "migranti" (nella stalla di Betlemme) e rifugiati (nella fuga in Egitto).

Inoltre - nel merito della particolare attenzione che Papa Bergoglio dà ai carcerati - il Tornielli ha raccontato la toccante esperienza di aver presentato il suo libro nel carcere di Padova, alla presenza di quei carcerati dei settori protetti (per intenderci quelli autori dei crimini più odiosi); "ebbene, lì," - ha detto Tornielli "si può cogliere" - in tutta la sua essenza misericordiosa - "la profondità della parabola del Figliol Prodigo"; e non solo nel ritorno alla Casa ed all'affetto del Padre, ma anche nel desiderio paterno di una sincera e pacifica riconciliazione tra fratello e fratello.
"Nel carcere" ha detto Tornielli "il Vangelo si percepisce vivo nella carne".

"Come vivere la misericordia oggi in un mondo pieno di insidie, rischi e paure? Come possiamo vincere la paura?" ha chiesto Fernando Palestini nella sua ultima domanda.

Tornielli ha detto di non avere - certo - una risposta in tasca; tuttavia ha sottolineato come Misericordia e Perdono non siano concetti astratti, ma abbiano a che fare con la nostra vita concreta e quotidiana. Ed in questo si è trovato in piena sintonia sia con il breve ma significativo intervento del vescovo Bresciani, sia con la celebre frase di Karol Wojtyla che affermò che "non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono".

Serve dunque, la capacità di perdonare; e se necessario persino quella di rinunciare alla rivendicazione (sia pur legittima) di ciò che si ritiene giusto ed a buon diritto; altrimenti "la spirale d'odio - senza misericordia e perdono - non avrà mai fine" ha detto il Tornielli.

"Il cristiano guarda al mondo non come un campo di perdizione, ma come un campo di messe" ha detto il giornalista cattolico citando un certo Giovanni Battista Montini - il Montini di Azione Fucina - quello che sarebbe stato lo straordinario papa Paolo VI.

E nel prendere coscienza che se la zizzania ci sarà sempre - anche e soprattutto in una società liquida e relativista - non si possa e debba perdere di vista la centralità di un tema fondamentale: e cioè che le persone hanno più che mai il bisogno di essere ascoltate ed abbracciate nelle proprie ferite.

"Senza Misericordia" ha concluso il Tornielli "non c'è speranza per nessuno".

Non dimenticando mai, come ebbe a dire Bergoglio nelle sue ultime parole pre-conclave, come la vita della Chiesa - nella sua natura e nell'agire che le conviene - perfettamente si configuri nel Mysterium Lunae, ben noto ed espresso nella riflessione di Padri della Chiesa quali Sant'Ambrogio ("fulget Ecclesia non suo sed Christi lumine") e come pure sviluppato dall'insigne patrologo gesuita Hugo Rahner più recentemente nel 1939 nel suo libro Mysterium Lunae; una Luna che non vive di luce propria, ma della luce del Sole, che resta comunque Gesù Cristo.

20/07/2016





        
  



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