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Gherardo Colombo: Sulle regole

San Benedetto del Tronto | Quasi una seduta di autocoscienza l’incontro con uno dei simboli della stagione “Manipulite”

di Maria Teresa Rosini

Gherardo Colombo(Foto Cellini)

Quasi una seduta di autocoscienza l'incontro con uno dei simboli della stagione "Manipulite": l'ex magistrato Gherardo Colombo, nella presentazione del suo libro "Sulle regole", edito da Feltrinelli, ci conduce pazientemente e tenacemente dentro la riflessione su leggi e legalità costringendoci ad una "resa dei conti" con noi stessi che parte dal presupposto che l'efficacia delle regole risiede nella consapevolezza e nella percezione che ne hanno i cittadini.

Dopo il saluto del sindaco Gaspari e la presentazione del magistrato Ettore Picardi, Colombo inizia il suo discorso dalle motivazioni fondanti della sua scelta di lasciare la magistratura utilizzando una metafora efficace: quella dell'idraulico che, non riuscendo a riparare un rubinetto, deve risalire, attraverso il sistema di tubi per i quali l'acqua arriva in casa, all'origine del suo mancato funzionamento, così anche lui ha deciso di smettere di occuparsi di "rubinetti" con l'obiettivo di agire su un altro versante e risalire alla "madre" del problema legalità, cioè alla mancanza di una cultura delle regole nella società italiana.


Il suo instancabile impegno è, oggi, essere presente come educatore nelle scuole di tutta Italia per parlare di regole, reati e senso delle sanzioni ai più giovani, a coloro che, come ci dice, essendo più liberi e meno strutturati di noi adulti, sono nelle migliori condizioni per cogliere il ribaltamento di senso adottato per parlare di regole e di legge.

A cominciare dalla terminologia per cui parole come "legalità", "legge" non esprimono concetti neutri e assoluti, ma vanno sempre riferiti al contesto e ai principi degli ordinamenti in cui operano: il contenuto delle leggi può essere anche iniquo e sappiamo bene che storicamente ne abbiamo molti esempi, ma legalità significa sempre osservanza delle leggi vigenti, indipendentemente dal loro contenuto.

Nel passaggio da una società verticale, in cui la sovranità è concentrata nelle mani di uno o di pochi e i cittadini (sudditi) sono "oggetto" di un potere pressochè assoluto, a una società orizzontale che sposta la sovranità nel popolo che la esercita tramite i suoi rappresentanti e diviene soggetto di diritti, il senso della legge, della giustizia, della sanzione cambiano significato.

A partire dalla Rivoluzione francese, passando per le democrazie liberali ottocentesche fino al suffragio universale si è costantemente ampliata la partecipazione dei cittadini nel determinare, attraverso l'elezione dei propri rappresentanti, la politica nazionale che poi si realizza attraverso il contenuto delle leggi e la loro applicazione.
Le persone quindi, i cittadini, diventano il centro del sistema, portatori di diritti e uguali di fronte alla legge. Questi principi sono contenuti nella nostra Costituzione, insieme di norme fondanti dello Stato, e nessuna legge ordinaria può essere in contrasto con tali principi dato che un organo specifico, la Corte Costituzionale, ha il compito di verificarne la coerenza.

A questo punto Colombo ci chiede se, secondo noi, tali principi trovano espressione all'interno della società: una domanda "retorica" che ci fa sorridere scuotendo la testa.
Il nostro sorriso dura poco perché Colombo ci mette subito di fronte, attraverso la lettura di un brano del primo capitolo del suo libro, alla "illegalità", diffusa e pervasiva di ogni momento del nostro quotidiano in una carrellata di esempi che ci lascia muti e attoniti, ma che comunque siamo in grado di riconoscere perfettamente.
L'insofferenza e, addirittura, l'ostilità verso le regole sembra proprio connaturata al nostro costume nazionale e le cifre ( 3 milioni di notizie di reato l'anno escludendo quindi le infrazioni che non si connotano come reati) ci conducono velocemente alla considerazione che, al di là di valutazioni di efficienza, l'amministrazione della giustizia non può essere in grado di gestire questa enorme mole di lavoro.

Ma, conseguenza più allarmante che non eravamo preparati a cogliere, è che questo dato, quello cioè di un'illegalità diffusa capillarmente nella nostra società, la conduce a riacquistare lo status di società verticale in cui i più "furbi" e i più potenti finiscono col compromettere i diritti riconosciuti formalmente a tutti. La nostra cultura , per la quale le leggi si rispettano solo finchè non costituiscono un ostacolo alla soddisfazione dei nostri individualistici desideri, si fonda sul presupposto che, sì, i principi sono importanti, ma la realtà è diversa e che essere uguali è soltanto un'utopia.
Una comoda utopia che ci consente di perseverare nel pensiero che la realtà è immutabile continuando intanto a piegare leggi e regole alle esigenze del momento, e allontanando la consapevolezza che molte utopie nel corso della storia hanno finito col trovare persone, fatti, azioni che le hanno saputo trasformarle in realtà.

E' la chiusura nel contesto che spesso ci impedisce di elaborare "visioni" del futuro, la pesantezza (e la comodità) del presente ce lo fa disfattisticamente pensare eterno e impossibile da modificare.
Uno degli espedienti che adoperiamo per autoassolverci, ci dice Colombo, è di aspettarci esempi "dall'alto" tanto è vero che vanno a ruba i libri che riguardano l'illegalità degli amministratori, dei politici, ma forse è come nascondersi dietro un dito.

Gli esempi servono ai più giovani, ci ammonisce Colombo, chi è adulto è già in grado di scegliere ciò che più conviene al proprio interesse e di assumerne la responsabilità.
Su queste tre parole, libertà di scelta, interesse e responsabilità, si gioca in effetti la possibilità del cambiamento.
La libertà di scegliere il comportamento più conforme ai nostri interessi implica il riconoscimento di quelli che sono davvero i nostri interessi: il cammino verso una società in cui leggi e regole ci pongano su un piano di pari dignità con gli altri, o una specie di universo caotico in cui tutto può essere giustificato nell'irresponsabilità generale verso il presente (ma anche verso il futuro)?
Non si può teoricamente desiderare una società più giusta additando l'illegalità altrui senza agire e scegliere di conseguenza, senza insomma, aggiungere il nostro personale tassello ad un disegno generale.

Infine Colombo si sofferma su un concetto forse meno frequentato nelle nostre valutazioni circa la legalità e l'illegalità: il senso della sanzione che è corollario di un sistema organizzato di regole e leggi.
Cos'è davvero la sanzione e qual è davvero la sua funzione? In un sistema carcerario che produce il 68% di recidivi è una domanda centrale. Se affrontiamo il problema devianza con la "pancia" invece che con la testa veniamo trascinati in una sorta di riconoscimento di una vendetta sociale tale da compensare con la reclusione il danno arrecato alla società da colui che ha infranto la legge.

Se razionalmente lo scopo della sanzione è porre l'individuo in grado di non nuocere ancora alla comunità resta comunque da chiedersi quali conseguenze può provocare una lunga reclusione in chi la subisce e, ancora, quali condizioni sociali (mancata tutela, carenza di servizi, di educazione, di strutture) hanno contribuito a generare il prodursi del reato?

Nel parlarci di un istituto in vigore in alcuni paesi come L'Australia e la Nuova Zelanda, la mediazione penale, veniamo introdotti in un cambio di prospettiva inconsueto per un paese in cui la sicurezza sociale viene interpretata troppo spesso in termini di repressione ed esclusione.
Attraverso questo sistema viene esplicitato nei particolari, attraverso il confronto alla presenza di testimoni tra l'autore del reato e colui che lo ha subito, il danno provocato al singolo e alla collettività, discutendo circa le modalità attraverso le quali possa essere riparato. La consapevolezza del reato si ingigantisce nell'autore alla luce di questo confronto pubblico e l'accettazione di una riparazione commisurata all'entità del danno causato costituisce il miglior deterrente alla recidiva.

Quando Colombo ci saluta al termine dell'incontro non siamo più gli stessi di prima: l'analisi teorica e pratica dei concetti implicati in un discorso sulla legalità non potrà lasciarci indifferenti, non sarà facile per chi è onesto con sè stesso ripercorrere discorsi consueti, lasciandosi circuire da quella che l'autore ha definito "passione del lamentarsi", dalla comoda sindrome dell'impotenza.
E' la "passione del fare", quella di cui Colombo ci ha offerto un esempio, che ci auguriamo abbia posto radici inestirpabili soprattutto nei più giovani, meno prigionieri di noi del tiepido conformismo che non trova il coraggio di ribaltare le prospettive del proprio sguardo sulla realtà.

L'evento è stato organizzato dall'Amministrazione Comunale in collaborazione con la Libreria La Bibliofila.

23/07/2009





        
  



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Gherardo Colombo(Foto Cellini)

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