Il futuro deve avere memoria
San Benedetto del Tronto | Il grido di allarme che Mariano Vesperini lancia sulla festa della Madonna della Marina mi pare debba essere raccolto e oggetto di una attenta riflessione.
di Prof. Gino Troli
Si sta verificando nella nostra città una preoccupante separazione tra le tradizioni della sua identità marinara e il volto piuttosto anonimo della città attuale così uguale a quello di altre decine di città balneari cosiddette "turistiche" ma in realtà caratterizzate dalla comune tendenza a omologarsi come città dei bagni.
San Benedetto è qualcosa di più, di diverso. Anche i turisti la scelgono come città del pesce dove si viene per conoscere una civiltà di secoli che con il mare ha avuto un rapporto profondo fatto di conoscenza della navigazione, perizia di pescatori, economia della pesca e delle attività collaterali (basterebbe pensare alla corda e a ciò che ha significato, ma salvo la retara di Piazza Matteotti cosa c'è a ricordarlo?).
Il porto da troppi anni è un corpo separato: non esiste nessuna continuità tra la città e il cuore pulsante della sua storia reale, sembra essere un luogo a parte e lo è persino nel momento della festa. Infatti non vi accade nulla. Riguardate le foto d'epoca del bellissimo libro di Peppe Merlini e vedrete come nel passato la città si riversava lì a celebrare le cerimonie e a vivere con i marinai la festa più importante della città.
Si dirà: erano altri tempi, oggi sono molte le occasioni di socializzazione nell'estate dei divertimentifici. Infatti c'è da chiedersi se esiste più un spirito identitario, se ci riconosciamo più in qualcosa di condiviso, in un'anima della città. E in una città che non abbia un'anima può accadere che si perda con il senso del passato anche quello del futuro.
Il problema quindi è reale. Occorre fermarsi a riflettere e persino una festa perduta può essere un campanello d'allarme. Un segno di un lasciarsi andare, il sintomo di una superficialità del fatto compiuto che non trova reazioni, come a dire "ormai siamo così cosa ci si può fare?"
Tutto si può fare invece: fa bene il comune a rilanciare il ruolo di un Museo del mare e di un percorso di memoria che restituisca al porto la sua storia e il rapporto stretto che deve tornare ad avere con i sambenedettesi; occorrerebbe restituire alla festa della Madonna della Marina il ruolo di momento identitario unendo alle cerimonie religiose, pur importanti, anche un contorno di eventi a carattere storico-sociale che diano a residenti e turisti la consapevolezza del ruolo che il mare ha avuto per noi e persino la gastronomia non deve essere "anonima" ma chiamare a raccolta chi oggi, ristoratori e cultori della tradizione dei piatti, ancora trasmette un valore, quello della sambenedettesità dei sapori (quelli nati anche sulle paranze, il brodetto, il potacchio, ecc...) che non può essere perduto in improbabili sagre paesane.
Insomma, e voglio concludere perché d'estate la scrittura deve essere sintetica, la festa della Madonna della Marina va recuperata, non dico persino nell'attesa che essa arrivasse come ci capitava da bambini, ma come celebrazione della nostra storia di città di mare, prima ancora delle palme, dei lungomari, degli ombrelloni. Di città vera di mare, che il mare lo conosce e lo ha vissuto come luogo di lavoro, di vita, e purtroppo anche di morte. Lo dobbiamo a chi ancora oggi con il suo sacrificio fa dire a ogni italiano " San Benedetto, sì ,come no, la conosco, la città del pesce..."
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26/07/2008
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