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"Caro Ministro, più che insegnanti ormai siamo delle badanti"

Fermo | Lettera aperta al Ministro Fioroni di Elvezio Serena, presidente di Italia Nostra sezione di Fermo e docente all'Istituto industriale Montani, sullo stato della scuola italiana: "30 studenti per classe sono un'assurdità, serve fare qualcosa"

di Elvezio Serena, presidente Italia Nostra

Signor Ministro,
è veramente deprimente constatare che la scuola italiana sta scadendo sempre più. Infatti, consentendo di ammassare fino a 30 studenti e oltre per classe, come avviene per l’anno scolastico 2007-2008 all’Istituto Tecnico Industriale “G. e M. Montani” di Fermo, dove insegno con passione Fisica e Laboratorio, ritengo non si possa certo parlare ancora di “scuola”.

Come ho potuto verificare personalmente in nessun Istituto superiore di Fermo, città dove c’è una forte tradizione scolastica, avviene un simile scempio dell’istruzione. Mi dispiace ancor più perché succede al “Montani”, a cui per tanti motivi sono particolarmente affezionato, storicamente il primo Istituto Industriale d’Italia, fondato nel 1854, ed ancora oggi uno dei più blasonati della Penisola. Da noi ben 6 prime classi su 8 sono composte da 30 studenti, un’offesa alla città e al territorio. Sento dire “ai miei tempi ne eravamo anche di più”: la società, la scuola, i giovani di oggi sono forse quelli di 30 anni fa?

Ed è pur grave e paradossale che alla nostra antica scuola, con un bacino di utenza di pendolari che tocca le province di Fermo, Ascoli Piceno, Teramo e Macerata, e dotata di un Convitto che ospita giovani provenienti anche da fuori regione, non si possano iscrivere altri studenti perché farebbero scattare una classe in più, con aggravio per il bilancio dello Stato. Allora è inutile che collaboriamo annualmente per l’orientamento scolastico e nel progetto “Paramecio”, è tempo perso e sono soldi sprecati!

Lei ha tante buone intenzioni, si impegna molto, ha ottenuto buoni risultati. Conoscerà sicuramente il paziente lavoro quotidiano di noi insegnanti. Ma altra cosa è entrare in una prima classe di scuola superiore e trovarsi davanti 30 studenti, su cui bisogna lavorare per costruire una base scientifica, che spesso non hanno metodo di studio e mostrano non solo gravi carenze nella matematica, ma anche forti difficoltà nella comprensione della lingua italiana.

Signor Ministro, Lei se la sente di chiamarla ancora “scuola”? Per me è il totale svilimento della funzione docente, con danno sia al docente stesso, sia alle giovani generazioni, e conseguentemente ai rapporti con le famiglie, e alla società tutta. Quanto è difficile gestire i ragazzi, in un’aula succede di tutto: chi mastica gomma americana, chi usa il cellulare, chi entra o esce per andare in bagno, chi non saluta all’arrivo dell’insegnante, chi tiene il cappello, chi parla ad alta voce, chi gioca a carte, chi ascolta la musica, e così via.

Di contenuti ce ne sono sempre meno e più scadenti! Lei ha partecipato a convegni nazionali dai titoli promettenti, come “Scommettere sulla scuola, per una scuola di tutti e di qualità” e “Cinque sfide per una scuola che funzioni”. Io ritengo invece, Signor Ministro, che nella scuola non si vuole investire, per la scuola non ci sono mai soldi, sulla scuola si vuole solo risparmiare, risparmiare sul numero di docenti e di classi: altrimenti noi insegnanti, e forse anche gli studenti e i genitori, ma tutta la società, non ci troveremmo in questa situazione.

E poi si parla di qualità! Immergersi in un’aula per svolgere una lezione, anche di tre ore, con 30 studenti, provenienti da diverse scuole medie inferiori, che bisogna gestire sia sotto l’aspetto comportamentale, sia sotto l’aspetto dell’apprendimento della disciplina, è solo avvilente e mortificante. E poi come si può attuare il cosiddetto “recupero” in itinere se vengono ammucchiati così tanti studenti per classe?

Per i corsi pomeridiani, attivati per le carenze che non possono essere colmate nell’orario mattutino, anche a causa delle classi super affollate, vengono invece spese cifre enormi. Perché non scendere intorno a 25, lavorare più individualmente sugli studenti, ed evitare che una grossa percentuale della classe (nella nostra scuola anche superiore al 33%) non raggiunga gli obiettivi minimi per la promozione in seconda? Signor Ministro, io arrivo a pensare che chi ci fa lavorare in condizioni veramente disagiate per i motivi sopra esposti, e non ci consente di svolgere dignitosamente le lezioni per una adeguata e sana preparazione, e per una vera crescita del Paese, non conosce la scuola e non ha alcun interesse affinché essa funzioni e, se possibile, migliori, e non sa cosa significhi oggi, e non 30 anni fa, svolgere una qualsiasi attività didattica, in qualunque disciplina.

Lo Stato risparmia sulla scuola, il singolo docente spende di più e inquina pure, perché si sposta, anche in auto, da una scuola all’altra: e poi si parla di risparmio energetico! Cosa raccontiamo a un genitore il cui figlio è parcheggiato in una classe composta da 30 giovani quattordicenni, qualcuno dei quali solo a fine anno scolastico scopre di aver sbagliato indirizzo? Quale rapporto educativo, formativo e umano si può stabilire tra noi e queste nuove generazioni?

Il nostro lavoro, oggi, è più paragonabile a quello, tanto dignitoso, delle badanti domestiche. C’è poi l’Università, che si lamenta, giustamente, perché la scuola superiore non fornisce una idonea preparazione. Mi meraviglia, in un certo senso, che Lei abbia scoperto solo recentemente che i debiti formativi non vengono colmati, tanto che intende adottare provvedimenti per “limitare i danni”: ma lo sapevano tutti, è stato sempre così, da quando hanno abolito l’esame di riparazione a settembre.

Lei ha immesso in ruolo, per il prossimo anno scolastico, circa 50.000 precari, anche se mi risulta che ci sono stati quasi 53.000 pensionamenti. Come Le spiego nella seconda parte di questa lettera, dopo oltre 31 anni di lavoro, con la Finanziaria 2007, che ha previsto un aumento del numero di studenti per classe, io sono invece diventato precario, con due sedi scolastiche distanti 35 km e non collegate agevolmente da mezzi pubblici.

Oltre alle consuete riunioni, ci sono i progetti, i corsi e le diverse attività che noi insegnanti svolgiamo, spesso a puro titolo di volontariato. Lei riesce a pensare che un docente possa continuare a svolgere seriamente questo lavoro se “conteso” da più scuole, in località distanti? I costi che dobbiamo sostenere e i tempi morti che tutto ciò comporta, per concludere, non sono affatto compensati né giustificati da gratificazioni, stipendio e/o rimborsi. Siamo una categoria di lavoratori, ormai quasi unica, che non ha il buono pasto in occasione di rientri pomeridiani.

A differenza di tantissimi lavoratori, noi non possiamo avere l’orario flessibile; anzi, viviamo con l’ansia del possibile ritardo, che crea forti pericoli sulla necessaria vigilanza di minorenni affidataci. Per questi “disagi” non dovremmo essere in qualche modo ricompensati? Nella seconda parte di questa lettera, Signor Ministro, Le espongo il mio caso particolare, conseguenza sia della diminuzione degli iscritti, sia dell’elevato rapporto alunni per insegnante nelle prime classi all’ITI Montani, e arriviamo veramente al ridicolo: al danno si è aggiunta la beffa.

Mi spiego. Il “cervellone” di Roma che fa le assegnazioni delle cattedre cosa “stabilisce”? Che il sottoscritto, a seguito della situazione sopra esposta, solo perché il codice alfanumerico della scuola dove è titolare è successivo a quello della scuola in cui insegna un collega molto più giovane, si ritrova a completare la cattedra a S. Benedetto del Tronto, mentre l’altro insegnante completa l’orario in una scuola della propria città (Fermo).

Strano ma vero! Il “computer centrale” non tiene conto dell’anzianità di servizio nella scuola, dell’anzianità di lavoro, dell’età anagrafica del docente. Questo paradossale meccanismo, che chiunque stenta a credere, è confermato dall’Ufficio scolastico provinciale di Ascoli Piceno, che sostiene di non poterlo rimuovere, rimandando la competenza al cervellone centrale.

Chissà da chi viene oggi programmato un qualsiasi elaboratore elettronico, anche centrale! Il dirigente del Ministero della Pubblica Istruzione, competente per Settore, a cui ho esposto la situazione, con apprezzabile sollecitudine, ha invece delegato il problema all’Ufficio Scolastico Regionale. Ho sollecitato per iscritto e telefonicamente, perché ne ho diritto, la risposta, che attendo prima dell’inizio effettivo del nuovo anno scolastico

31/08/2007





        
  



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