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I credenti cattolici di sinistra

San Benedetto del Tronto | Bassolino e San Gennaro, Cofferati e il Presepe in comune: simboli di un’”attrazione” permanente

di Tonino Armata



Essere e dichiararsi laici non è più di moda, non è più un buon biglietto da visita, oggi nel nostro Paese. Anzi il termine “laico” sembra ormai in disuso, sostituito dal termine “laicista” che in verità non so bene cosa voglia dire, ma so bene che è pronunciato con tono critico e dispregiativo.

Dunque, i laici, oggigiorno non sono di moda, non solo nella destra e nemmeno a sinistra, nemmeno nella sinistra antagonista, visto che Bertinotti a chi gli domandava se potesse definirsi ateo rispondeva prudente: “Se me lo avessero chiesto a venti oppure a trent’anni, avrei risposto si, senza esitazione. Oggi eviterei risposte così definitive”. Altrettanto cauti molti dirigenti dei Ds. Non parlo, naturalmente, di quelli esplicitamente e notoriamente cattolici (Livia Turco, Giulia Rodano, Giorgio Tonini ecc.). Parlo d’uomini d’altra cultura e provenienza.

“Credo in Dio, ho studiato dai gesuiti e sono cattolico da sempre” ha dichiarato Piero Fassino. Anche un laico o “laicista” come il sottoscritto non ha motivo di dubitare di questa dichiarazione. E ho troppo rispetto per il segretario dei Ds per giudicare la sua dichiarazione strumentale, una sorta di benevolenza nei confronti del cardinal Ruini e delle gerarchie vaticane. Non lo credo. Sarebbe oltre tutto un tentativo destinato all’insuccesso.

E lo ha confermato il segretario della Cei, moms. Giuseppe Betori, il quale, tornando sul contestato argomento degli uomini di fatto, ha ribadito che sarebbe “assolutamente inaccettabile un eventuale loro riconoscimento giuridico”; e ha rivendicato il pieno diritto della Chiesa a “intervenire su tutti i temi di rilevanza morale, come la vita umana, la famiglia, la giustizia la solidarietà”. E dopo avere “bacchettato” i parlamentari che si sono permessi di criticare queste posizioni, il segretario della Cei ha orgogliosamente dichiarato che “la Chiesa non si lascerà intimidire e non verrà mai meno nell’esercizio del discernimento evangelico e della carità pastorale al suo dovere di parlare in modo forte e chiaro per illuminare i credenti e tutti gli uomini di buona volontà”.

Di qui insomma non si passa. Il cardinal Ruini non modificherà la sua posizione sul tema delle unioni di fatto o della legge 40 sulla fecondazione assistita solo perché il segretario dei Ds è, e si dichiara pubblicamente, cattolico. Anzi lo invita paternamente a “farsi illuminare” in quanto credente. Il cardinal Ruini fa politica: definisce delle proposte, indica delle soluzioni legislative, in tema di morale (ma anche in tema d’intercettazioni telefoniche che non è propriamente un problema etico).

E gli è del tutto indifferente quali fossero gli orientamenti spirituali dei suoi interlocutori, siano essi cattolici o laici, regolarmente coniugati o adulteri, frequentino o meno la messa domenicale, si confessino o meno al loro parroco. Il cardinal Ruini è uomo di Stato. Vuole raggiungere i suoi obiettivi o, se del caso, ridurre il danno. Non farà sconti all’on. Fassino solo perché questi si dichiara cattolico da sempre. Come non ha fatto sconti del resto, nel corso della campagna referendaria a un cattolico di più antica e provata fede come Romano Prodi, cercando e trovando invece un interlocutore affidabile in un cattolico di più recente acquisizione come Francesco Rutelli.

Del resto, la storia della Prima Repubblica è segnata da un continuo intrecciarsi delle posizioni, delle polemiche e dei contrasti tra laici e cattolici. Vicende che hanno visto il successo ora degli uni ora degli altri. Ricordo soltanto che il compromesso più importante raggiunto, nell’ormai lontanissimo 1947 tra laici e cattolici, fu l’introduzione nella nostra Costituzione dell’art. 7 che afferma: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi”.

Il compromesso, a difesa come si disse allora della pace religiosa del Paese, fu opera di un laico di stretta osservanza, come Palmiro Togliatti (che volle l’introduzione nell’articolo del primo capoverso) e di un altrettanto stretta osservanza come Alcide De Gasperi. Ed altri compromessi furono tentati, nel corso degli anni, con maggiore o minore successo, anche in materia di libertà religiosa, divorzio, aborto e diritto di famiglia, senza che nessuno, tra gli esponenti della sinistra si definisse “cattolico”.

E ancora, si pensi al paradosso inglese, un Paese nel quale sia il leader d’oggi, Tony Blair, sia quello che aspira alla successione, Gordon Brown, si dichiarano e sono profondamente religiosi e praticanti. Ebbene, l’Inghilterra è anche il Paese della pecora Dolly e della prima bambina in provetta. Il Paese all’avanguardia nella ricerca sulle staminali, dove è lecito l’intervento sugli embrioni e sono consentite la clonazione terapeutica, la fecondazione eterologica e la maternità surrogata: dove, in tema di aborto, vige una legge incredibilmente permissiva, per non parlare della diffusione della pillola RU486 o della cosiddetta “pillola del giorno dopo”. Voglio dire insomma che in un Paese civile non è necessario professarsi cattolico per stipulare accordi con la Chiesa. Ma, sempre in un Paese civile, un governante cattolico non può pretendere di chiudere la società tutta dentro le strette maglie della morale cattolica, trasformando ogni “peccato” in “reato”. Ed è esattamente questo, mi sembra, il senso della laicità. Ma, “laico” ormai in Italia sembra una brutta parola. E infatti, qualcuno nel centrosinistra protesta contro l’eventuale ingresso nella coalizione dei radicali Pannella e Bonino: troppo laici, forse addirittura laicisti…

08/10/2005





        
  



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