Scalata verso il potere: ricetta britannica per salvarsi con una cultura policentrica.
Teramo | Gerontocrazia, partitocrazia, parentocrazia, clientocrazia e mignottocrazia, possono fare la differenza per occupare il posto al momento giusto. Il professor Giuseppe De Rita: Meritocrazia senza spazio nella piramide del potere.
di Nicola Facciolini

A quanto pare i "feudi" politici in Italia potrebbero non sopravvivere all'era digitale di internet e della cibernetica. Una deduzione logica del professor Giuseppe De Rita del Censis, nell'intervista rilasciata su Repubblica al giornalista Alberto Statera. In queste righe magistrali si capisce molto bene che in Italia vige un sistema antico controllato da una classe dirigente che si annida nei posti di comando, una piramide apparentemente inviolabile dal popolo sovrano.
Un antico vizio di "sistema" che speriamo limitato al nostro mondo e comunque ignoto nel relativamente vicino (25 anni-luce) sistema solare di Fomalhaut nella costellazione del Pesce Australe dove il Telescopio Spaziale Hubble della Nasa ha appena fotografato direttamente il primo pianeta alieno. Certamente parlare di possibilità di vita laggiù è quasi impossibile: nel pianeta gassoso "Fomalhaut b" appena scoperto, a meno che non non si fantastichi su forme biologiche stranissime come aveva sognato Carl Sagan, l'atmosfera gioviana lascia poche speranze.
Ma chissà che non accada altrettanto sulla superficie di qualche vicino pianeta di massa terrestre in un'altra civiltà: in fondo siamo fatti della stessa stoffa. Fatto sta che qui sulla Terra, in Italia, la fanno da padrone assolute la gerontocrazia, la partitocrazia, la parentocrazia, la clientocrazia e, udite udite, persino la "new entry" lessicale di "mignottocrazia". Tutte queste "zia" possono fare la differenza tra ricchezza e povertà. Tutto ciò che finisce in "zia", insomma, si declina in Italia molto più di meritocrazia: ciò che a chiacchiere tutti dicono di desiderare anche nell'eterno mantra elettorale abruzzese alla vigilia della visita delle due star assolute di Veltroni e Berlusconi.
Perché? Come uscirne? Come seppellire per sempre un sistema leaderistico italiano che, perso nella sua arretratezza culturale, assiste allibito a un uomo di colore nato nel 1961, l'avvocato e senatore Barack Hussein Obama, che il 4 novembre 2008 viene eletto Presidente della più grande democrazia del mondo, gli Stati Uniti d'America? Giuseppe De Rita, animatore del Censis, sguardo cattolico disinibito e maestro delle analisi icastiche - rivela Alberto Statera - attribuisce il nostro deficit nientemeno che a Menenio Agrippa. Ricordate la vecchia metafora di Menenio Agrippa?
"Diceva che tutto il corpo fa riferimento al cervello, le mani, i piedi, lo stomaco sono sensori stupidi. Se uno si scotta un dito è perché il senso del dolore arriva al cervello, tutti gli impulsi confluiscono nella testa".
In Italia abbiamo a che fare con la vecchiezza delle classi dirigenti, la persistenza di élites modeste, che anzi via via sembrano peggiorare incidono sul mancato ricambio, sui giovani imbottigliati in un destino di minorità, magari geni della ricerca scientifica a 1000 euro al mese, che vedono candidare ed eleggere le stesse facce con gli stessi portaborse diventare poi ricchi e potenti come le nude affascinanti veline.
"Il problema che stiamo affrontando - spiega De Rita - è quello di una logica gerarchico-piramidale, di un sistema antico controllato da una classe dirigente che si annida nella vetta della piramide e manda tutto il resto all'inferno. E' l'effetto di uno Stato accentrato fin dal Risorgimento, che ha prodotto una stratificazione sociale e di potere granitica che non si intacca se non si riesce a cambiare la governance del paese". Secondo De Rita il Risorgimento, in un paese che si dice tutto proteso alle liberalizzazioni, "è quello che ci ha portato questa eredità, rispetto ad altri paesi che hanno saputo entrare nella logica cibernetica".
Avete capito bene, la cibernetica. "Sì. Oggi i vari terminali dei computer dialogano tra loro producendo quel policentrismo liberatorio che l'Italia non riesce ad avere nell'arroccamento in vetta alla piramide che rovina il paese. Il dialogo diretto, non mediato dal centro, questo è la cibernetica rispetto a un sistema organicistico". Quindi, la piramide è così forte da produrre gerontocrazia, clientela, parentela e immobilità.
"Mancando l'articolazione delle responsabilità nella primazia totale dello Stato, le classi dirigenti sono quelle che conquistano la puntina della piramide in mille modi: con i soldi, i media, la corruzione, la parentela, magari il sesso. Mentre le vere classi dirigenti si fanno in periferia con il policentrismo. Il Presidente degli Stati Uniti è il frutto del policentrismo degli sceriffi, dei sindaci, dei senatori, dei governatori. In America crescono, arrivano, li vediamo per otto anni poi scompaiono tutti, presidenti, segretari di Stato, tranne naturalmente Henry Kissinger. Noi non ne usciamo se non cambiamo l'architettura del potere, che invece di autentiche classi dirigenti ci regala classi monarchiche, classi di Corte".
La speranza è ancora riposta nelle aziende del territorio, nella nuova borghesia capitalistica e in quella che ha già dato grandi prove. "Credo che, alla fine, nelle aziende, come nel sindacato e nelle regioni un po' di classe dirigente si formi, nonostante tutto. Beneduce quando creò l'Iri durante il fascismo, si fece una sua classe dirigente di qualità, ma credo sia un fatto irripetibile. Però negli ultimi anni ho visto crescere fior di manager. Che ne so? Penso alla Merloni, a Caio, a Guerra, a Milani. E a molti altri. Per cui attenti a dire che le classi dirigenti sono tutte vecchie, inefficienti o mignottizzate. Il circuito però è stretto, è vero. Per stappare la bottiglia bisogna allargarlo di molto quel circuito".
La ricetta per allargare il sentiero a una società più aperta, esiste. "C'è una questione di struttura di governance. Da quella organicistica di Menenio Agrippa, che produce classe di Corte, militare o mantenuta, bisogna passare a una governance cibernetica, prendendo coscienza del fatto che, come mi ha appena detto Paolo Prodi con immagine felice, è finito lo Stato sovrano, incede ormai lo Stato-sistema, che deve mettere toppe di qua e di là abbandonando la logica monarchico-piramidale". La fiducia è sempre nello Stato, secondo il professor De Rita.
"Certo che torniamo allo Stato. I ministeri sono svuotati? Brunetta dice che sono pieni di fannulloni. Ma il problema non è che ci sono i fannulloni, è invece che il vertice della piramide è lì chiuso nella sua punta e a quelli non gli fa fare niente. Se ne esce soltanto passando dalla monarchia piramidale alla poliarchia. Le moderne élite si formano nel policentrismo. O non si formano affatto".
La logica del cervellone elettronico che dialoga con i terminali in periferia, può funzionare. "Nel mio annoso mestiere, quando lavoravamo con Pasquale Saraceno al piano Vanoni c'era l'idea del consigliere del principe. Ma sono passati i tempi del principe. Il principe non c'è più. I politici più avveduti devono evitare di fare i capi-macchina, la logica dell'accentramento monarchico non funziona più. Berlusconi e Veltroni? Icone, sono icone".
Occorre una rivoluzione culturale nella governance di questo Paese. "Qualcuno dovrà pur accorgersi prima o poi che nella formazione delle classi dirigenti siamo più arretrati di tutti gli altri, forse persino dei francesi, che sono ancora napoleonici. Lei dirà che la Cina è più accentrata di noi. Ma lì sono un miliardo e 200 mila, per cui il policentrismo antimonarchico è fatale. In India, dove c'è una cultura alta invidiabile, la società è molto più articolata che da noi".
Ma occorre vincere la maledizione antropologica. "Beh, è vero che siamo un paese antropologico, fatto di familismo, furbizia e quant'altro, ma non credo sia questo che produce il collo di bottiglia, che blocca il ricambio delle classi dirigenti. Riflettiamo piuttosto sulla cibernetica e Menenio Agrippa". In Abruzzo, come nel resto d'Italia e d'Europa, la situazione è grave. Per arginare lo tsunami finanziario che ci sta investendo, occorre mettere da parte, al museo o in soffitta come preferisce, la cosidetta spartizione partitocratica tra "destra, centro e sinistra".
Dopo le elezioni regionali anticipate in Abruzzo del 30 novembre e1° dicembre 2008, bisognerà fare quadrato e sistema con un Alto Patto Istituzionale anche in Regione Abruzzo, altrimenti poveri abruzzesi! Dunque, un consiglio spassionato: finitela di accusarvi reciprocamente, il tempo del "dietro le quinte" purtroppo è finito, si va in scena per risolvere davvero i problemi dei cittadini. Detto questo, dubitiamo fortemente che una qualsiasi maggioranza politica "coesa" possa dal sola riuscire effettivamente a risollevare le sorti dell'Abruzzo in Europa. Neanche i bimbi ci credono.
Qui bisogna fare "massa critica" altrimenti è bancarotta! Ecco perchè occorre una rivoluzione antropologica e politica come negli Stati Uniti d'America. Possibile che siamo così ciechi e sordi da non voler vedere e sentire ciò che sta succedendo nella finanza e nell'economia internazionali?
Una prova? Scomodiamo pure quello che scrive l'Espresso nell'articolo dal titolo: "Abruzzo portaborse dei politici assunti. Grazie alla legge sulle fogne...", per capire in che oceano di assurdità made in Abruzzo siamo finiti alla vigilia delle elezioni del Presidente della Giunta e del Consiglio Regionale.
"Da portaborse a dipendenti regionali - scrive l'Espresso - unico merito la fedeltà al politico che li ha designati. Da uomini di partito a funzionari delle istituzioni, con stipendio garantito fino alla pensione: senza concorso, senza dovere dimostrare qualifiche, titoli o professionalità. Vizio antico che ha trasformato molte pubbliche amministrazioni in serbatoi di nulla o pocofacenti, esperti soprattutto nel decifrare il celebre manuale Cencelli delle spartizioni. Adesso alla vigilia delle elezioni anche in Abruzzo si è scatenata la corsa a far assumere i portaborse dalla Regione.
Un premio fedeltà che trasformerà 70 segretari - ingaggiati dai consiglieri regionali e pagati temporaneamente dall'ente pubblico - in dipendenti stabili. Ovviamente, non si è scelta la via maestra della trasparenza ma è stata escogitata l'ennesima furbata. Un capitoletto all'interno di una maxisanatoria che prevede l'assunzione di mille precari, molti in carico alle Asl: mossa di grande impatto nel pieno della campagna elettorale.
L'infornata è stata votata dalla maggioranza di centrosinistra, orfana di Ottaviano Del Turco: nonostante gli arresti che hanno travolto la giunta, la questione morale è rimasta lettera morta. Il primo firmatario sarebbe stato il capogruppo dei Verdi. Ma anche molti esponenti del centrodestra avrebbero sostenuto il provvedimento, sollecitandone l'appprovazione ai colleghi. Il tutto - racconta il "Centro" - , per non ricorrere alla maggioranza qualificata di 21 voti, inserito come emendamento in una legge sulle fogne.
Un abbinamento a dir poco suggestivo". Insomma la ricetta per uscirne ha il sapore squisitamente "britannico". Vogliamo davvero salvarci? Allora si cominci da una onesta e sincera autocritica di carattere morale ed etico, si smetta di frequentare le segreterie politiche in cerca di lavoro che non c'è. Corciamoci le maniche e lavoriamo sodo per l'affermazione in Abruzzo di una cultura policentrica.
Un antico vizio di "sistema" che speriamo limitato al nostro mondo e comunque ignoto nel relativamente vicino (25 anni-luce) sistema solare di Fomalhaut nella costellazione del Pesce Australe dove il Telescopio Spaziale Hubble della Nasa ha appena fotografato direttamente il primo pianeta alieno. Certamente parlare di possibilità di vita laggiù è quasi impossibile: nel pianeta gassoso "Fomalhaut b" appena scoperto, a meno che non non si fantastichi su forme biologiche stranissime come aveva sognato Carl Sagan, l'atmosfera gioviana lascia poche speranze.
Ma chissà che non accada altrettanto sulla superficie di qualche vicino pianeta di massa terrestre in un'altra civiltà: in fondo siamo fatti della stessa stoffa. Fatto sta che qui sulla Terra, in Italia, la fanno da padrone assolute la gerontocrazia, la partitocrazia, la parentocrazia, la clientocrazia e, udite udite, persino la "new entry" lessicale di "mignottocrazia". Tutte queste "zia" possono fare la differenza tra ricchezza e povertà. Tutto ciò che finisce in "zia", insomma, si declina in Italia molto più di meritocrazia: ciò che a chiacchiere tutti dicono di desiderare anche nell'eterno mantra elettorale abruzzese alla vigilia della visita delle due star assolute di Veltroni e Berlusconi.
Perché? Come uscirne? Come seppellire per sempre un sistema leaderistico italiano che, perso nella sua arretratezza culturale, assiste allibito a un uomo di colore nato nel 1961, l'avvocato e senatore Barack Hussein Obama, che il 4 novembre 2008 viene eletto Presidente della più grande democrazia del mondo, gli Stati Uniti d'America? Giuseppe De Rita, animatore del Censis, sguardo cattolico disinibito e maestro delle analisi icastiche - rivela Alberto Statera - attribuisce il nostro deficit nientemeno che a Menenio Agrippa. Ricordate la vecchia metafora di Menenio Agrippa?
"Diceva che tutto il corpo fa riferimento al cervello, le mani, i piedi, lo stomaco sono sensori stupidi. Se uno si scotta un dito è perché il senso del dolore arriva al cervello, tutti gli impulsi confluiscono nella testa".
In Italia abbiamo a che fare con la vecchiezza delle classi dirigenti, la persistenza di élites modeste, che anzi via via sembrano peggiorare incidono sul mancato ricambio, sui giovani imbottigliati in un destino di minorità, magari geni della ricerca scientifica a 1000 euro al mese, che vedono candidare ed eleggere le stesse facce con gli stessi portaborse diventare poi ricchi e potenti come le nude affascinanti veline.
"Il problema che stiamo affrontando - spiega De Rita - è quello di una logica gerarchico-piramidale, di un sistema antico controllato da una classe dirigente che si annida nella vetta della piramide e manda tutto il resto all'inferno. E' l'effetto di uno Stato accentrato fin dal Risorgimento, che ha prodotto una stratificazione sociale e di potere granitica che non si intacca se non si riesce a cambiare la governance del paese". Secondo De Rita il Risorgimento, in un paese che si dice tutto proteso alle liberalizzazioni, "è quello che ci ha portato questa eredità, rispetto ad altri paesi che hanno saputo entrare nella logica cibernetica".
Avete capito bene, la cibernetica. "Sì. Oggi i vari terminali dei computer dialogano tra loro producendo quel policentrismo liberatorio che l'Italia non riesce ad avere nell'arroccamento in vetta alla piramide che rovina il paese. Il dialogo diretto, non mediato dal centro, questo è la cibernetica rispetto a un sistema organicistico". Quindi, la piramide è così forte da produrre gerontocrazia, clientela, parentela e immobilità.
"Mancando l'articolazione delle responsabilità nella primazia totale dello Stato, le classi dirigenti sono quelle che conquistano la puntina della piramide in mille modi: con i soldi, i media, la corruzione, la parentela, magari il sesso. Mentre le vere classi dirigenti si fanno in periferia con il policentrismo. Il Presidente degli Stati Uniti è il frutto del policentrismo degli sceriffi, dei sindaci, dei senatori, dei governatori. In America crescono, arrivano, li vediamo per otto anni poi scompaiono tutti, presidenti, segretari di Stato, tranne naturalmente Henry Kissinger. Noi non ne usciamo se non cambiamo l'architettura del potere, che invece di autentiche classi dirigenti ci regala classi monarchiche, classi di Corte".
La speranza è ancora riposta nelle aziende del territorio, nella nuova borghesia capitalistica e in quella che ha già dato grandi prove. "Credo che, alla fine, nelle aziende, come nel sindacato e nelle regioni un po' di classe dirigente si formi, nonostante tutto. Beneduce quando creò l'Iri durante il fascismo, si fece una sua classe dirigente di qualità, ma credo sia un fatto irripetibile. Però negli ultimi anni ho visto crescere fior di manager. Che ne so? Penso alla Merloni, a Caio, a Guerra, a Milani. E a molti altri. Per cui attenti a dire che le classi dirigenti sono tutte vecchie, inefficienti o mignottizzate. Il circuito però è stretto, è vero. Per stappare la bottiglia bisogna allargarlo di molto quel circuito".
La ricetta per allargare il sentiero a una società più aperta, esiste. "C'è una questione di struttura di governance. Da quella organicistica di Menenio Agrippa, che produce classe di Corte, militare o mantenuta, bisogna passare a una governance cibernetica, prendendo coscienza del fatto che, come mi ha appena detto Paolo Prodi con immagine felice, è finito lo Stato sovrano, incede ormai lo Stato-sistema, che deve mettere toppe di qua e di là abbandonando la logica monarchico-piramidale". La fiducia è sempre nello Stato, secondo il professor De Rita.
"Certo che torniamo allo Stato. I ministeri sono svuotati? Brunetta dice che sono pieni di fannulloni. Ma il problema non è che ci sono i fannulloni, è invece che il vertice della piramide è lì chiuso nella sua punta e a quelli non gli fa fare niente. Se ne esce soltanto passando dalla monarchia piramidale alla poliarchia. Le moderne élite si formano nel policentrismo. O non si formano affatto".
La logica del cervellone elettronico che dialoga con i terminali in periferia, può funzionare. "Nel mio annoso mestiere, quando lavoravamo con Pasquale Saraceno al piano Vanoni c'era l'idea del consigliere del principe. Ma sono passati i tempi del principe. Il principe non c'è più. I politici più avveduti devono evitare di fare i capi-macchina, la logica dell'accentramento monarchico non funziona più. Berlusconi e Veltroni? Icone, sono icone".
Occorre una rivoluzione culturale nella governance di questo Paese. "Qualcuno dovrà pur accorgersi prima o poi che nella formazione delle classi dirigenti siamo più arretrati di tutti gli altri, forse persino dei francesi, che sono ancora napoleonici. Lei dirà che la Cina è più accentrata di noi. Ma lì sono un miliardo e 200 mila, per cui il policentrismo antimonarchico è fatale. In India, dove c'è una cultura alta invidiabile, la società è molto più articolata che da noi".
Ma occorre vincere la maledizione antropologica. "Beh, è vero che siamo un paese antropologico, fatto di familismo, furbizia e quant'altro, ma non credo sia questo che produce il collo di bottiglia, che blocca il ricambio delle classi dirigenti. Riflettiamo piuttosto sulla cibernetica e Menenio Agrippa". In Abruzzo, come nel resto d'Italia e d'Europa, la situazione è grave. Per arginare lo tsunami finanziario che ci sta investendo, occorre mettere da parte, al museo o in soffitta come preferisce, la cosidetta spartizione partitocratica tra "destra, centro e sinistra".
Dopo le elezioni regionali anticipate in Abruzzo del 30 novembre e1° dicembre 2008, bisognerà fare quadrato e sistema con un Alto Patto Istituzionale anche in Regione Abruzzo, altrimenti poveri abruzzesi! Dunque, un consiglio spassionato: finitela di accusarvi reciprocamente, il tempo del "dietro le quinte" purtroppo è finito, si va in scena per risolvere davvero i problemi dei cittadini. Detto questo, dubitiamo fortemente che una qualsiasi maggioranza politica "coesa" possa dal sola riuscire effettivamente a risollevare le sorti dell'Abruzzo in Europa. Neanche i bimbi ci credono.
Qui bisogna fare "massa critica" altrimenti è bancarotta! Ecco perchè occorre una rivoluzione antropologica e politica come negli Stati Uniti d'America. Possibile che siamo così ciechi e sordi da non voler vedere e sentire ciò che sta succedendo nella finanza e nell'economia internazionali?
Una prova? Scomodiamo pure quello che scrive l'Espresso nell'articolo dal titolo: "Abruzzo portaborse dei politici assunti. Grazie alla legge sulle fogne...", per capire in che oceano di assurdità made in Abruzzo siamo finiti alla vigilia delle elezioni del Presidente della Giunta e del Consiglio Regionale.
"Da portaborse a dipendenti regionali - scrive l'Espresso - unico merito la fedeltà al politico che li ha designati. Da uomini di partito a funzionari delle istituzioni, con stipendio garantito fino alla pensione: senza concorso, senza dovere dimostrare qualifiche, titoli o professionalità. Vizio antico che ha trasformato molte pubbliche amministrazioni in serbatoi di nulla o pocofacenti, esperti soprattutto nel decifrare il celebre manuale Cencelli delle spartizioni. Adesso alla vigilia delle elezioni anche in Abruzzo si è scatenata la corsa a far assumere i portaborse dalla Regione.
Un premio fedeltà che trasformerà 70 segretari - ingaggiati dai consiglieri regionali e pagati temporaneamente dall'ente pubblico - in dipendenti stabili. Ovviamente, non si è scelta la via maestra della trasparenza ma è stata escogitata l'ennesima furbata. Un capitoletto all'interno di una maxisanatoria che prevede l'assunzione di mille precari, molti in carico alle Asl: mossa di grande impatto nel pieno della campagna elettorale.
L'infornata è stata votata dalla maggioranza di centrosinistra, orfana di Ottaviano Del Turco: nonostante gli arresti che hanno travolto la giunta, la questione morale è rimasta lettera morta. Il primo firmatario sarebbe stato il capogruppo dei Verdi. Ma anche molti esponenti del centrodestra avrebbero sostenuto il provvedimento, sollecitandone l'appprovazione ai colleghi. Il tutto - racconta il "Centro" - , per non ricorrere alla maggioranza qualificata di 21 voti, inserito come emendamento in una legge sulle fogne.
Un abbinamento a dir poco suggestivo". Insomma la ricetta per uscirne ha il sapore squisitamente "britannico". Vogliamo davvero salvarci? Allora si cominci da una onesta e sincera autocritica di carattere morale ed etico, si smetta di frequentare le segreterie politiche in cerca di lavoro che non c'è. Corciamoci le maniche e lavoriamo sodo per l'affermazione in Abruzzo di una cultura policentrica.
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15/11/2008
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