Certezza della pena
San Benedetto del Tronto | E' da tempo che i cittadini lamentano la mancanza di legalità e di ordine pubblico ed ancor più dell'inerzia degli organi preposti.
di Gian Luigi Pepa*
Si chiede la certezza della pena, ma tale principio non è che un mito della giustizia penale, poiché in realtà giuridicamente non significa nulla.
La società chiede, invece, che la pena sia adeguata alla sua funzione al fine di limitare i fe-nomeni delinquenziali, attraverso un percorso rieducativo per il reo, se possibile, ed in ogni caso che allontani i cittadini dal pericolo.
La prima considerazione è che la pena è adeguata se tempestiva, mentre nella giustizia penale vige di fatto il principio contrario ove la regola è il ritardo.
Infatti, il reo può compiere una serie progressiva di reati ravvicinati nel tempo in assenza totale di qualsiasi intervento della giustizia penale, che invece interviene in risposta almeno do-po 5-10 anni, salvo quando non interviene per pervenuta prescrizione dei reati o peggio per l'indulto.
Il paradosso risiede nel fatto che se la giustizia fosse tempestiva il reo subirebbe la sanzione piena, mentre arrivando eccessivamente in ritardo ed avendo nel frattempo accumulato altri reati, con un maggior danno per la società, in applicazione della fattispecie del reato continuato, non si applica il cumulo della pena.
In pratica una giustizia lenta, tra l'altro forte del principio del favor rei, di per sé evolutivo, non è in grado di rispondere al fenomeno criminale, ancor più aggravato da un'immigrazione non controllata, con la incuria statale di tollerare nel territorio persone che non lavorano, vivono in baraccopoli e nel degrado, alimentano le schiere della criminalità ... altro che fare lavori che gli i-taliani non vogliono più fare.
Una pena tardiva è di per sé inefficiente e soprattutto inefficace, rendendo inutile intervenire sul sistema delle sanzioni.
La pena edittale può essere efficace se immediatamente applicata e ciò prescinde da qualsiasi intervento sul sistema delle pene.
Spesso si pone l'accento sulle misure alternative alla pena, come il carcere residuale e le mi-sure sostitutive, come la pena pecuniaria, gli arresti domiciliari, la libertà controllata, che si sono dimostrate anch'esse inefficaci.
Il vero problema è che ogni pena codicisticamente valida risulta inadeguata se applicata dopo anni dal fatto criminoso.
La lentezza dei processi, l'ineffettività della pena, il disastro dell'indulto, hanno diffuso l'illegalità, con conseguente mancanza di tutela dei cittadini onesti, incidendo sull'affidabilità delle Istituzioni, sul credo della democrazia e sulla crescita economica dello Stato.
Un malessere crescente, che svilisce sempre più la cultura della legalità e del diritto, e quindi dei diritti dei cittadini onesti ed indifesi.
I giuristi da sempre sostengono che il vero male della giustizia e quindi la sua inefficacia, è la mancanza di tempestività della pena nell'interesse non solo della società ma del reo stesso.
Il magistrato Dott. Alberto Marcheselli, in un recente intervento su una rivista giuridica, con il coraggio dell'obiettività ha sottolineato la necessità di una riforma del processo che distingua la fase dell'accertamento della colpevolezza, da quello della determinazione della pena, stabilen-do la pena solo al momento dell'esecuzione.
Questa formula dell'applicazione della pena al momento dell'esecuzione è stata introdotta per la prima volta dalla legge Bossi-Fini che prevede nei confronti del condannato tossicodipen-dente che la pena possa essere ricalcolata al momento dell'esecuzione, tenuto conto dei progressi o meno compiuti dal reo dalla commissione del reato all'esecuzione.
L'estensione di tale applicazione in altre fattispecie regolerebbe un po' meglio la giustizia.
*Vice Presidente del Movimento Elia
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16/11/2007
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