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Le mille questioni della Lingua Italiana.

| La Lingua è una realtà dinamica. Definisce, esprime, comunica, precisa , crea nuovi rapporti fra le cose, allegorizza, cresce inseguendo l'allargarsi della conoscenza.

di Emme

Il vario atteggiarsi del volto, lo sguardo, il riso o il mostrare a minaccia i denti; il muovere vario delle mani. La postura del corpo, fino allo stropicciare dei piedi, son tutti segni - è noto - del comunicare. Semiotica essenziale, primitiva, un tempo comune a tutte le specie animali. Necessaria a sopravvivere, quanto inidonea  a comunicare in un rapporto sociale od in una relazione complessa- Immaginiamo l'antichissimo uomo sorpreso dal temporale mentre  si inerpica su una costa montana. Accovacciato in un piega del terreno o stretto ad un albero ,emana angoscia, paura, sottomissione.
Ma a chi  manda questi segnali? 

Evidentemente ad una forza inconsueta, volitiva, ma immateriale. Immaginare una simile forza è già un pensiero, non rappresentabile con i segni del corpo. ' Pregarla'perché cessino i tuoni  ed il lampo divoratore, è il primo pensiero " pensato ": una  ideazione derivata , come tale complessa ed inesprimibile a segni. Bisogna inventare la parola.

Nasce così un altro sistema di segni, propriamente semantici, evocativi, mnemonici, che, nelle protolingue, sia come significanti fonetici, sia come costruzioni di discorso, conservano, in qualche modo, le esperienze  passate ed il lungo cammino attraverso di esse. Alcune di queste strade primordiali possono ancora essere evocate: c'è un linguaggio del mito ed un linguaggio della guerra; un linguaggio della religiosità e un linguaggio della morte. Intendo dire che la Lingua è la cultura di un Popolo e che, attraverso le Lingue, si può anche entrare in rapporto con la memoria primigenia dell'Umanità in genere.

E' evidente, anche ad un incompetente quale sono, che la Lingua è, comunque e sempre, una realtà dinamica. Definisce, esprime, comunica, precisa , crea nuovi rapporti fra le cose, allegorizza, cresce inseguendo l'allargarsi della conoscenza. Nessuna lingua resta uguale a se stessa se non è di quelle che definiamo ' Lingue morte'. Una lingua viva e vitale si modifica in continuazione, tanto nel lessico ' invano  inseguita dai Cruscanti!  -,  quanto nella costruzione del discorso; è capace di rivitalizzare parole antiche, crearne di nuove, modificare se stessa cedendo un termine ad una parlata straniera, per poi riprenderlo, carico di significati nuovi, assumere parole straniere e farle proprie: arricchire, in breve, il proprio corredo. Manzoni, tenuto per padre della attuale Lingua italica, non esitava, traendo dal bergamasco, a far di Lucia " la bella baggiana ".

Guai, allora, a predicare e lanciare interdetti invocando una strenua ' difesa della Lingua', senza mettere, in questa retorica espressione, contenuti concreti. Già, bisognerebbe decidere a priori se difendere la Lingua di Dante, o quella di Petrarca;  quella di Ariosto o quella di Foscolo; quella di Manzoni o quella di Leopardi; quella di Carducci o quella di D'Annunzio, quella di Moravia, o quella di Arbasino. Ne nascerebbero , ancora una volta, gran dispute, si istituirebbe qualche nuova Cattedra Universitaria ( che ne direste di un corso di ' Semantica della parolaccia', oppure ' Sintassi della Frase Afasica o Incompiuta', o, ancora, 'Statistica applicata alla frequenza dei 117 lemmi in uso presso i linguisti di Provincia' ).

Insomma,  si finirebbe per non difendere niente. La Lingua, peraltro, continuerebbe, impassibile, il suo cammino, tagliando diritta le labili nuvolette di aria fritta, cucinata  pro domo sua da improbabili " italianisti ".

Credo che la prima condizione di una effettiva difesa dell'Italiano sia di abbandonare le padelle dell'aria fritta e delle bolse retoriche, rimboccarsi le maniche e immergere le mani nel concreto.
Il che significa pretendere, da chi parla e scrive per mestiere e da chi insegna, frasi compiute ( soggetto, verbo, complemento oggetto.. mica si chiede la luna!  Se poi  qualche volenteroso volesse anche dare un'occhiata, non dico al Trissino, ma almeno a " L'arte della civile Conversazione ", la cosa non guasterebbe. Un  lessico non ambiguo e, soprattutto, niente errori grossolani: non è tutto, ma da qualche parte bisognerebbe pur cominciare! -:.Fino a quando dovremo sentir parlare di ' zàffiri', o di ' un lapislazzulo ', di frasi che cominciano con ' niente'  di ' un gruppo di persone  dicevano, andavano, correvano', di ' maestre' sbalordite perché scoprono in tv che ' cosce ' si scrive senza la i! - E sopportare i pervicaci tentativi ( in tv. , 21 aprile , quiz  di Amadeus ! ) di gabellare il ' bagnasciuga '  di infausta memoria, per la molle battigia, e via discorrendo?! .

- Risparmiateci questa roba e consentiremo volentieri al demenziale ' wawh! ', entrato in uso nella parlata giovanile , visto che, di questi tempi, la festosa meraviglia è fatta sì rara che va bene esaltarla anche in ottentototto. E smettiamola di piangere sui
' prestiti ' da idiomi stranieri! - ' Computer ' non è più traducibile con ' calcolatore' ed è quindi bene tenerselo. ' Chip ' è ormai lessico scientifico e non si può sostituire. Ma ' Concept car ' e  'Sport Utility vehicol ', si possono restituire al mittente senza perdere niente. Si usano le parole ' moda ' e ' vogue ' per dire quasi la stessa cosa.

Ebbene il punto è in quel ' quasi '. Ci dovremmo  privare di una sfumatura semantica che l'Italiano non  possiede, sol perché  'vogue ' è  parola francese?. Sarebbe meglio dedicarsi a combattere l'abuso di misteriosissimi acronimi non indispensabili alla globalizzazione del linguaggio ( va bene O.N.U., come andava bene S.P.Q.R.,, ma possiamo evitare I.A.C.P.,  A.N.A.S., I.M.P.D.E.P. etc. ) ,   quando superflui e semplicemente sostitutivi; oppure esercitare un maggior controllo sui prestiti linguistici e la loro traduzione che spesso introducono errori, anche concettuali, nel nostro idioma: penso, per esempio, a quel ' Mutterrecht' divenuto ' Matriarcato ', che invece significa tutt'altra cosa e del quale, ormai, non ci libereremo più, per la gioia delle veterofemministe.

Fuor d'errore, ma non di falsità, penso anche all'oraziano, possente, sdegnoso  ' Odi vulgum profanum et arceo' , apparecchiato un tempo alle scolaresche con un lezioso ' Ho in uggia il profan vulgo e l'èvito', plateale tradimento di due nobili idiomi.

Quanto allo  ' scrivere', il discorso non è gran che diverso, fatta salva la regola che, non essendo cosa estemporanea, ma correggibile, l'errore è vieppiù imperdonabile e la chiarezza dell'espressione è obbligo. Sappiamo tutti, peraltro, con Platone ed Heidegger, che lo scritto è un modo di comunicazione diverso ed infedele rispetto alla oralità.  Non è un caso che molti Maestri rifiutarono lo scrivere  ( Pitagora, per tutti ) ed altri affidarono allo scritto la funzione di appunto per la memoria, lasciando alla oralità il vero insegnamento ( Platone ). La scrittura, eccezion fatta per la Poesia, infittisce la trama del velo di Maia, nel momento stesso che ne esplora le pieghe. Credo si possa dire che, per logica conseguenza, la scrittura sia stata forzata a descrivere realtà proprie, quanto parziali , false e suggestive. Di qui la Letteratura.

Oggi sappiamo che vi sono insegnamenti di < scrittura creativa > e, in un delirio di ermeneutica, , si fa grande uso di <schemi>, < chiavi di lettura >, < griglie >, parole difficilissime per dire cose semplicissime etc.etc.. promettendo di svelare il segreto del Bello Scrivere. Che peccato che non ci si contenti del principio di adeguatezza, per il quale ogni argomento comporta un suo stile!  Altro è, infatti, scrivere di filosofia, altro di Storia, altro d'Amore, altro di fantastiche storie. Eppure, ognuno di questi filoni ha le sue regole e la sua lingua  ed il suo livello d'uso e sono tutti di ugual valore estetico . Se non si è convinti di questo, si rischia di cadere nell'errore dell'Accademia di Francia che rifiutava Balzac sol perché il romanzo non era ritenuto una delle forme canoniche e paludate della Letteratura!-

Quanto all'uso, dovrebbero indurre in gran sospetto i tomi pretenziosi che descrivono la Letteratura del 900 Italiano fatta da D'Annunzio, Tommasi di Lampedusa, De Roberto, Pirandello, Fogazzaro, Bacchellli, Moravia, Testori, Arbasino, e la schiera dei  vincitori di premi Strega, Fattucchiera, Bancarella, Mercatino, Città di Vattelapesca etc. Son queste letture, spesso fatte per dovere o per essere a la page,  letture di pochi, buone a sfamare i Critici Letterari. In realtà il secolo XX fu corso, ad un secondo e ben più vasto  livello, dalla fiumana del romanzo popolare e di quello d'avventura, che avevano il pregio, anche nelle traduzioni, di essere scritti in corretto e corrente  italiano.  Facevano da ponte le < Biblioteche Universali >, annunciate da squilli carducciani ; l'immensa volgarizzazione napoleonica, la Storia dei Girondini ( Michelet, con  prudenza, perché in sospetto di socialismo), la Storia della Comune di Parigi, in carta di stracci, con preziose incisioni e < I Miserabili >, misteriosamente battistrada ad Eugene Sue che fa l'occhiolino  all'abbé de Brantome, travisato sotto falsa copertina. Tutti passaggi obbligati per la letteratura d'evasione.  Chi non ha letto le opere di Dumas padre?- Quante generazioni di adolescenti repressi, nel primo anteguerra, hanno sognato ed imparato a scrivere su libri dagli improbabili titoli, ma squinternati per continue riletture? -  Cito a caso: < Sciogli la treccia, Maria Maddalena > , < Mimì Bluette, fiore del mio giardino >, e poi < Dolicocefala bionda>, < La vergine a 18 carati>, e , audacemente, alla scoperta del mondo :< La saga dei Forsyte>, < Passaggio a Nord Ovest >, < Via col vento >, la serie fantasy di Sinclair Lewis, < Fame > di Knut Hamsun ( una distrazione della censura fascista ), < Uomini e topi >, >, < La via del tabacco>&!  Ma, anche, la infinita serie dei Gialli Mondadori, lettura popolarissima, amata anche dagli Intellettuali! - ( E' ovviamente possibile integrare o compilare elenchi diversi, ma son sempre canoni dove non  c'è posto  se non scolastico -  per molti < capolavori > che sembran scritti apposta per giustificare i saggi dei Critici Letterari& )  Un humus, nel complesso, non di primo ordine ( ma chi oserebbe sostenere che Panzini non sapesse scrivere?&) e che, tuttavia, dà ragione di tanta letteratura del secondo dopo guerra e che, anche, spesso,  a malgrado di ignobili traduzioni, ha contribuito non poco a modificare struttura e significanti della Lingua Italiana, rendendola più vivace e ricca, meno < Letteraria>, più vicina a noi, sventurati viaggiatori del XXI sec..

            L'Italiano si difende studiandolo nelle sue espressioni storiche ( e, questa, è fatica grande&) e pretendendo in ciò che è scritto una < forma adeguata >, vale a dire rispetto delle regole e  aderenza dello stile all'argomento ( in soldoni: un buon dizionario sempre a portata di mano e molte letture alle spalle. Poi, chi ha più filo, tessa e ben venga il Sommo Scrittore. Nel frattempo, difendiamo tutti la Lingua, stando attenti a quel che diciamo ed a quel che scriviamo ( anche nei < messaggini >! ), senza stancarci mai di correggere e cestinare con voluttà, in primo luogo, noi stessi. Operazione abbastanza gratificante, visto che ci costringe a leggere e rileggere i parti del nostro ingegno, che solo l'invidia altrui non riconosce per capolavori assoluti.

28/04/2003





        
  



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