In ricordo di Luciano Mascitti
| Novelli: " Vorrei con gli amici di lungo corso che lo conobbero che San Benedetto lo ricordasse. Non solo con una mostra (dovuta), ma anche con altre iniziative".
di Renato Novelli
Da tre settimane, come i giornali hanno annotato, è morto Luciano Mascitti, pittore e personaggio conosciuto in città. Da quel giorno un gruppo di suoi antichi amici, di cui faccio parte, si chiedono malinconicamente come riuscire a ricordarlo al di là dei discorsi privati di coloro che lo conobbero direttamente.
Se la sua morte fosse avvenuta in periodo scolastico avrei chiesto che venisse ricordato nelle scuole con semplicità, pur non avendo lui ricoperto mai cariche pubbliche o sociali. perché la sua esistenza individuale ha avuto un intreccio ben stretto con l'evoluzione di San Benedetto degli ultimi cinquanta anni. Un'evoluzione fatta non di vicende memorabili, ma di mutamenti silenziosi e reali, di cui poco si ricorda.
Nella lunga notte della povertà degli anni cinquanta, Luciano Mascitti fu un bravo stuccatore, ben inserito nel mercato locale, che richiedeva sofisticate e raffinate professionalità specifiche e concorrenziali con i mercati delle altre città. Quelle professionalità sono oggi un mondo perduto. Ricostruire il quale potrebbe solo fare bene ai sambenedettesi di oggi.
La collocazione nel tessuto tradizionale non impedì a Luciano di essere anche uno degli innovatori della generazione che giocò la propria giovinezza nella selva delle novità del mondo del dopoguerra: Luciano fu a San Benedetto il primo batterista moderno. Suonava in una band che si chiamava "I Romantici" con Mario Parri e Tescione . Agli inizi degli anni sessanta furono protagonisti di uno spettacolo scolastico promosso e presentato dal Prof Greco, intitolato "Scuola, Twist e Fantasia".
La scuola abbandonava il volto arcigno e provinciale dell'impronta fascista - idealista e cominciava ad aprire le finestre alla dimensione educativa aperta. Per carità a san Benedetto non troppo.
Il batterista Mascitti emigrò in Germania e suonò nello stesso locale dove qualche anno dopo si sarebbero esibiti quattro giovanotti provenienti da Liverpool che sarebbero diventati più noti come Beatles.
Poi un incidente maligno sulla nazionale, la trasformazione di se stesso in pittore naif, l'apertura della galleria e la sua lunga testimonianza espressiva legata all'insicurezza e alla debolezza che alberga come un tarlo o esplode come un improvviso temporale in ciascuno di noi. A volte Luciano si sentì perseguitato, a volte incompreso. Noi siamo portati a leggere la comunità come un mondo di solidarietà e reciproco aiuto. Ma la comunità locale può essere anche controllo, pregiudizio sulla diversità, superficiale omologazione, noia ripetitiva. O come tale può essere vissuta. E come tale in più di un momento l'aveva vissuta Luciano senza mai perdere il legame affettuoso e profondo con San Benedetto.
La storia della vita di Luciano si intreccia, a questo livello, con la incertezza esistenziale di tutti e la difficoltà a comunicarla al prossimo. Uso la parola prossimo, con rispetto per la profonda religiosità e la fede cattolica che caratterizzò la personalità di Mascitti.
La sua arte ha attraversato fasi che io non so giudicare, ma nella mia percezione ha sempre vagato tra due sponde: l'angoscia ossessiva del mondo che ci circonda, la paura interiore della mancanza di radici e sicurezze, il senso della solitudine, da una parte e la gioia prorompente, ingenua, semplice vissuta come un ritaglio di grande portata sentimentale nel quadro sconfortante. Ricordo un suo quadro: due palloni colorati dipinti come volti allegri che vanno liberi in uno spazio composto di punti colorati e un filo scuro che li chiude e scenda a zig zag, ma sembra incapace di sorreggerli e ancorarli.
Io non so se Mascitti sia stato quel che si definisce, in genere, un grande artista o no. In fondo non mi interessa. Ma ha parlato agli altri senza paura delle proprie paure ossessive e vorrei con gli amici di lungo corso che lo conobbero che San Benedetto lo ricordasse. Non solo con una mostra (dovuta), ma anche con altre iniziative, che ci aiutino a guardare attraverso la sua vicenda personale quella più ampia della città e dei suoi abitanti, Per collocarle entrambe con serenità al di là dei confini del nostro microcosmo. Forse Luciano, per molti lunghi anni,non ha mai chiesto altro.
Almeno ora, noi suoi vecchi amici, pensiamo che alla sua domanda, dovremmo rispondere.
Se la sua morte fosse avvenuta in periodo scolastico avrei chiesto che venisse ricordato nelle scuole con semplicità, pur non avendo lui ricoperto mai cariche pubbliche o sociali. perché la sua esistenza individuale ha avuto un intreccio ben stretto con l'evoluzione di San Benedetto degli ultimi cinquanta anni. Un'evoluzione fatta non di vicende memorabili, ma di mutamenti silenziosi e reali, di cui poco si ricorda.
Nella lunga notte della povertà degli anni cinquanta, Luciano Mascitti fu un bravo stuccatore, ben inserito nel mercato locale, che richiedeva sofisticate e raffinate professionalità specifiche e concorrenziali con i mercati delle altre città. Quelle professionalità sono oggi un mondo perduto. Ricostruire il quale potrebbe solo fare bene ai sambenedettesi di oggi.
La collocazione nel tessuto tradizionale non impedì a Luciano di essere anche uno degli innovatori della generazione che giocò la propria giovinezza nella selva delle novità del mondo del dopoguerra: Luciano fu a San Benedetto il primo batterista moderno. Suonava in una band che si chiamava "I Romantici" con Mario Parri e Tescione . Agli inizi degli anni sessanta furono protagonisti di uno spettacolo scolastico promosso e presentato dal Prof Greco, intitolato "Scuola, Twist e Fantasia".
La scuola abbandonava il volto arcigno e provinciale dell'impronta fascista - idealista e cominciava ad aprire le finestre alla dimensione educativa aperta. Per carità a san Benedetto non troppo.
Il batterista Mascitti emigrò in Germania e suonò nello stesso locale dove qualche anno dopo si sarebbero esibiti quattro giovanotti provenienti da Liverpool che sarebbero diventati più noti come Beatles.
Poi un incidente maligno sulla nazionale, la trasformazione di se stesso in pittore naif, l'apertura della galleria e la sua lunga testimonianza espressiva legata all'insicurezza e alla debolezza che alberga come un tarlo o esplode come un improvviso temporale in ciascuno di noi. A volte Luciano si sentì perseguitato, a volte incompreso. Noi siamo portati a leggere la comunità come un mondo di solidarietà e reciproco aiuto. Ma la comunità locale può essere anche controllo, pregiudizio sulla diversità, superficiale omologazione, noia ripetitiva. O come tale può essere vissuta. E come tale in più di un momento l'aveva vissuta Luciano senza mai perdere il legame affettuoso e profondo con San Benedetto.
La storia della vita di Luciano si intreccia, a questo livello, con la incertezza esistenziale di tutti e la difficoltà a comunicarla al prossimo. Uso la parola prossimo, con rispetto per la profonda religiosità e la fede cattolica che caratterizzò la personalità di Mascitti.
La sua arte ha attraversato fasi che io non so giudicare, ma nella mia percezione ha sempre vagato tra due sponde: l'angoscia ossessiva del mondo che ci circonda, la paura interiore della mancanza di radici e sicurezze, il senso della solitudine, da una parte e la gioia prorompente, ingenua, semplice vissuta come un ritaglio di grande portata sentimentale nel quadro sconfortante. Ricordo un suo quadro: due palloni colorati dipinti come volti allegri che vanno liberi in uno spazio composto di punti colorati e un filo scuro che li chiude e scenda a zig zag, ma sembra incapace di sorreggerli e ancorarli.
Io non so se Mascitti sia stato quel che si definisce, in genere, un grande artista o no. In fondo non mi interessa. Ma ha parlato agli altri senza paura delle proprie paure ossessive e vorrei con gli amici di lungo corso che lo conobbero che San Benedetto lo ricordasse. Non solo con una mostra (dovuta), ma anche con altre iniziative, che ci aiutino a guardare attraverso la sua vicenda personale quella più ampia della città e dei suoi abitanti, Per collocarle entrambe con serenità al di là dei confini del nostro microcosmo. Forse Luciano, per molti lunghi anni,non ha mai chiesto altro.
Almeno ora, noi suoi vecchi amici, pensiamo che alla sua domanda, dovremmo rispondere.
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07/09/2003
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