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"Il Calcio e i suoi eccessi" : Incontro-dibattito con i ragazzi dell'IPSIA di San Benedetto

San Benedetto del Tronto | Un sociologo, un arbitro, un commissario di Pubblica Sicurezza, due giornalisti sportivi, quattro realtà diverse con un'unico elemento comune, dare una risposta agli eccessi...

di Adamo Campanelli

"Questo fa parte di quello che diceva Madre Teresa di Calcutta: "Ogni nostra azione è una goccia d'acqua nell'oceano, che di per se conta poco, ma senza all'oceano manca", vogliamo darvi degli input perché la scuola non può risolvere i problemi, queste persone vi diranno il modo più giusto per comportarsi, e non pensate che io sia stato più tranquillo di voi, anche io una volta le ho prese…"

Così il Preside Sante Pulcini dell'Ipsia di San Benedetto del Tronto ci introduce al tema affrontato questa mattina durante l' incontro-dibattito "Il calcio e i suoi eccessi", concludendo dicendo:" Essere tifosi non significa per forza essere violenti".

Il moderatore dell'incontro Simone Troiani, un giovane laureato in Scienze della Comunicazione che come tema della sua tesi ha preso proprio quello trattato, con una breve introduzione, ha presentato agli ospiti presenti: "Il calcio e i suoi eccessi: nei diversi modi di analizzarlo, viverlo, spiegarlo, il calcio visto dalla voce e dalla penna dei giornalisti (Bruno Ferretti, giornalista resp. Cronaca sportiva "Il Messaggero", Remo Croci, giornalista Mediaset) il calcio vissuto e diretto da dentro il terreno di gioco, come nel caso degli arbitri (Emidio Morganti, arbitro internazionale di calcio), il calcio vissuto dal di fuori, dalle forze dell'ordine (Marco Fischetto, commissario di Pubblica Sicurezza di San Benedetto del Tronto), ed in fine il calcio come fenomeno sociologico (Nello Giordani, sociologo del comune di Ascoli Piceno)".

Il dott. Giordani ha introdotto il discorso sociologico riguardo al fenomeno della violenza in generale e poi legata al calcio.

"Fanatismo, violenza, aggressività all'interno dello stadio, ma perché un passatempo popolare ad un certo punto si trasforma in questo, e i danni che si procurano alle persone e alle cose sono irreversibili a volte?

E' possibile che io mi "attrezzo" per andare in un luogo portandomi coltelli, catene, spranghe? E cerco con questo di difendere cosa? Non è come andare in discoteca e qualcuno da fastidio alla mia ragazza e allora la difendo, perché toccato nell'orgoglio maschile.

Perché proprio nel calcio ci sono forme di violenza organizzate, cose che non succede negli altri sport?

Io partirei per dare una risposta a queste domande, dal fare una riflessione sulla aggressività umana, che è una componente innata.

Eric Fromm uno psicoanalista morto di recente fa una distinzione e parla di aggressività benigna difensiva (che mi permette la sopravvivenza, quindi "lecita") e aggressività maligna distruttiva (che non ha uno scopo e non deve distruggere niente).

Parlando dell'anomia (assenza di norme) un sociologo svizzero, Durkaim, dice che è più facile in una società che le persone diventino aggressive, violente quando non c'è un'autorità da parte degli adulti. Non riuscendo ad incalanare e a sublimare la violenza in percorsi sociali, l'assenza di norme produce maggiore devianza, e quindi possibilità di "uscire dagli schemi".

Secondo Giordani inoltre "L'essere "deprivato", nel senso di avere poca occasione di studiare, avere amicizie, essere in solitudine, non poter raccontare i propri problemi, non avere la ragazza ecc…produce una situazione di dissenso interiore e in maniera sbagliata e patologica, aggredisco anche chi non mi ha fatto nulla."

Inoltre conclude Giordani, "c'è da parte dei media una costante proposizione di scene di violenza…mani, visi tagliati, sangue…come se l'uditorio si vuole nutrire di immagini crudeli, che rafforzano il sentimento di frustrazione in cui uno si trova.

Fare un'azione aggressiva allo stadio non è più un fratto stranissimo…di conseguenza!"

Domande preparate dai ragazzi:

Domanda per Croci: A partire dall'estate scorsa, il calcio sembra ormai sull'orlo di una crisi, tutte queste polemiche, non hanno fatto si che si mettesse in secondo piano l'obbiettivo educativo di questo sport?

"Io dico senza dubbio che il calcio sia arrivato ad una fase negativa discendente, e questo di cui parliamo oggi è un'aspetto che ha contribuito.    

Il calcio è uno sport sul quale gravitano molti interessi, dalle televisioni, agli sponsor che ne hanno cambiato un po' il volto originario, ed anche noi che facciamo informazione ed abbiamo un potere molto forte, dobbiamo insegnare una diversa pratica di questo sport, non violenta. Quando l'allenatore sbaglia o l'arbitro o il giocatore, questo non deve essere vissuto come un errore insormontabile, tutti possono sbagliare. Io spero che tutti tornino ad amare questo sport, anche in previsione degli Europei, in cui l'identità nazionale fa si che questo sport venga amato da tutti."

Domanda per Bruno Ferretti: Alla luce della sua esperienza sportiva riesce a dare una spiegazione al fatto che molti giovani usano le loro energie in funzione della partita di calcio, in particolar modo nel tifo?

Secondo me è un calcio molto malato, quello che stiamo vivendo, quindi bisognoso di cure, non ci sono medici che curano questo, il calcio avvelenato dagli interessi, dal dopping, non è più quello di una volta, e secondo me le cose che succedono in campo i responsabili non sono né i tifosi, ne gli arbitri che non vedono il rigore, ne gli allenatori che sbagliano la formazione, ne i calciatori, sono i dirigenti, e gli esempi che hanno dato.

Partendo dalla federazione alla lega fino alle società sportive gli esempi sono negativi, hanno cambiato anche le regole in corsa (vedi la scorsa estate serie B), e tutto per tutelare gli interessi economici.

Non ci sono più certezze, ci vuole un rinnovamento a livello dirigenziale, il resto si può aggiustare, i tifosi sono vittima di questo sistema.

Credere in una squadre e farne un'ideologia è anche una cosa bella, ma non farne una ragione di vita, e la sconfitta della squadre viene presa come sconfitta personale è sbagliato.

Se posso darvi un consiglio ragionate con la testa vostra, e non fatevi trasportare dagli appelli degli allenatori, dirigenti, come il "vincere a tutti i costi!", è sbagliato!

Domanda a Emidio Morganti: Cosa pensa lei, che è uno dei protagonisti della domenica calcistica sugli eccessi della tifoseria?

Protagonista di sicuro no…l'arbitro deve essere tutto tranne che protagonista, almeno spero, anche se quando sbagliamo lo siamo, quando facciamo la nostra partita no!

"Allora ragazzi siete tranquilli…io vi dico per scatenarvi un po'…che sono ascolano e tifo Ascoli!"

(Al che da parte dell'uditorio si sono alzati fischi, e toni di voci alti... inevitabili…)

Andando avanti Morganti cita una frase di un tifoso ascolano: "La violenza negli stadi sta finendo, e la colpa è solo nostra",.

"La testa di questo ragazzo, secondo voi dove può portare? Lui pensava alla violenza…e neanche a tifare la squadra!

Noi arbitri in tutto questo siamo in mezzo, ai giornalisti, alle società, ai media…un nostro errore viene riportata per una settimana dai giornali ed è forse li che si scatena la voglia di fare qualcosa di più allo stadio, condannati da qualcosa e da qualcuno.

Domanda a Marco Fischetto: Perché lo stadio diventa "porto franco" ogni domenica?  

"Condivido ciò che è stato detto dagli altri, io da parte mia vi dico che a prescindere da quello che è stato fatto in massa dal punto di vista della legge si va a cercare il singolo, quindi il dire che si era "tutti insieme" o si era "un gruppo di amici" fa cadere ogni fondamento di presupposto di scusante. Voi singolarmente siete chiamati a rispondere delle vostre azioni, e io invito per questo a pensare a tutte le possibili ipotesi prima di compierle."

In merito a questo il commissario Fischetto ha fatto vedere un video con le riprese del dopo-partita Sambenedettese-Viterbese, con "l'espressione" del dissenso dei tifosi sambenedettesi per l'andamento della partita.

Quindi sassi, bottiglie, spranghe, bagni e panchina in campo distrutta ecc…e tutto questo tenendo presente che lo stadio era il "Riviera delle Palme"di San Benedetto e non quello avversario…

L'incontro è proseguito e si sono affrontati altre sfaccettature del problema violenza connesso al tifo e quindi al calcio, in questo interessante è stata la domanda posta da un ragazzo in merito all'"odio" che da sempre accompagna la Samb e l'Ascoli, e l'impossibilità di poter vedere un derby tra le due che manca da quasi 20 anni (dall'85).

Il giornalista Ferretti ha voluto sottolineare la parola "odio", ribadendo che questo fatto lo conosce tutta l'Italia calcistica, e non possiamo andarne fieri.

Da parte del giornalista Croci, c'è una dura critica alla classe dirigente calcistica che impone certi comportamenti, che "prima ti vuole e domani ti scarica",  e tutto per interesse e non per la voglia di calcio.

Sempre Croci parla della sua personale esperienza.

Lascia il calcio deluso, poi si riavvicina in nome dell'amicizia che lo legava a Gaucci alla Sambenedettese poi di nuovo la realtà e lo scontro avuto proprio nel "palazzo", nella "stanza dei bottoni", per aver conosciuto i personaggi che animano le curve e quindi essersene andato ancora.

"Ricordiamo" - conclude Croci – "che dalla curva non provengono solo cose negative, ma anche messaggi di pace, di speranza, come il ricordo a Nando Martellini che solo la Samb ha scritto nei suoi striscioni, e nessuno ha ricordato domenica allo stadio!"

Una soluzione a tutto questo?

Per alcuni ricominciare da capo, con uno spirito diverso (i giornalisti), per altri imparare dall'esperienza inglese (l'arbitro), sensibilizzare all'errore (commissario), capire e curare la devianza (sociologo) un'insieme di risposte che portano ad un unico elemento comune: il calcio non deve fermarsi, deve continuare a regalare bei momenti di spettacolo e sport, deve dare allegria, gioia, delusione ma tutto deve essere vissuto con lo spirito di rispetto e civiltà senza abusi e eccessi.  

10/05/2004





        
  



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