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Pessimismo su una ripresa a corto e medio termine.

Ascoli Piceno | Il Presidente della Associazione Industriali per la Provincia di Ascoli Piceno Ing. De Santis vede poche prosepettive per un rilancio immediato.

di Carmine Rozzi

Luciano Vizioli Sx e Renzo Maria De Santis Dx

Le Marche stanno attraversando una delle fasi  più gravi e devastanti della sua storia sul piano produttivo ed occupazionale. La crisi, a 360 gradi, investe tutti i settori produttivi compresi quelli come il tessile ed il calzaturiero che negli anni felici ne fecero una nicchia importante nel contesto nazionale. E per l’ ingegner Renzo Maria De Santis, presidente dell’Associazione Industriali per la provincia di Ascoli Piceno, questo non è una novità.

“ Questa crisi non è piovuta  dal cielo. Le occasioni perse in passato per manovre di prevenzione e pianificazioni  non attuate oggi si fanno sentire in tutto il loro peso. Penso a ambiente del lavoro,  qualità dei lavoratori, economicità di esercizio del territorio,  costo delle aree, un prelievo fiscale pianificato alla crescita. Queste incentivazioni negli anni sono completamente mancate. Negli anni trenta, per fare un po’ di storia, si tentò con l‘industria del baco da seta. Cento aziende, non una. Progetto che crollò per gli stessi motivi per il quale sta crollando il calzaturiero. Ovvero  ritardo e lentezza nell’opera di prevenzione. Poi un intervento della Cassa del Mezzogiorno incontrollato. L’unico fatto positivo, e non è poco, quello di aver potuto usufruire della possibilità di creare una piattaforma su cui avviare una certa industrializzazione. Però da lì in avanti : zero. Le istituzioni sono state ferme ovvero non hanno controllato il fenomeno di crescita.”

Si obietta da alcune parti che  con la Cassa per il Mezzogiorno ci si sia abituati, negli gli anni, ad una specie di  “sindrome da assistenzialismo”…..
“Fino a prova contraria la Cassa per il Mezzogiorno ci ha portato fondi, non chiacchiere. Tutte le reti di urbanizzazione, di depurazione, di energetica. La rete idrica e così via sono state fatte con questi soldi. Tutta una serie di infrastrutture primarie che oltre per la popolazione servivano ad attrarre possibili investitori che sono arrivati ma che, per un verso o per una altro, ci siamo lasciati scappare. Perché non riusciamo a reggere il territorio. Questa è la realtà. Non illudiamoci inventandoci false responsabilità”

 Anaclerio Giuliani, Segretario regionale della Fiom, ha recentemente fatto notare come la tendenza delle piccole e medie  industrie marchigiane sia quella di ridurre per poi investire all’estero….
“Indubbiamente il costo della manodopera di certi paesi esteri è attraente. E’ una questione, parlo per la provincia, di costi fissi, di poter reperire mano d’opera qualificata e numerosa, di sgravi fiscali. Se ne vanno in quanto il territorio non è  competitivo ed allora si pone il bisogno di ritrovare i margini. Lo stato di delocalizzazione è uno stato di emergenza, di necessità, dovuti a fattori ambientali e di infrastrutture ;  non è uno stato di opportunismo. Se si è costretti a sceglier tra due mali, restare e chiudere, o emigrare e magari salvare il salvabile, uno cosa sceglie ? E’ lo stesso discorso che valeva 30/40 anni fa per quelli di noi che emigravano all’estero. Quanti avevano voglia di lasciare il proprio territorio ? Anche lì la scelta era tra fame e prosperità ; una in casa, l’altra fuori. Poi quello di delocalizzare all’estero è un lusso che pochi si possono permettere, forse qualche multinazionale, gli altri, i più piccoli, resistono finchè possono eppoi incominciano a ridurre e qualcuno, troppi, chiudono”.

La  Cgil , per bocca di un suo rappresentante regionale, accusa il governo il quale, impugnando la legge regionale sulle politiche attive del lavoro, non fa altro che smantellare quel sistema di regole, legislative e contrattuali, che la Regione Marche aveva di recente varato…..
“Io non metto in discussione i salari. Il salario deve essere giusto, remunerativo e gratificante. Una mano d’opera in queste condizioni garantisce un ritorno produttivo duraturo e altamente qualitativo. Su questo argomento siamo perfettamente d’accordo. Ma non lo siamo su quello della  flessibilità. Bisogna intendere la flessibilità in modo moderno. Cercando di coniugare le esigenze del lavoratore e quelle dell’impresa. Senza che si gravi l’uno sull’altra. Serve meno demagogia e più concretezza.”

A cosa attribuisce la caduta libera, meno il 17% , delle nostre esportazioni nella Provincia ?“ Tutto si riduce a fattore della  competitività. Costi fissi, mano d’opera, sgravi. Se non riusciamo a rendere il nostro territorio competitivo men che meno possiamo esserlo all’estero. Poi pesa molto la crisi del settore calzaturiero da sempre fattore trainante. Oggi il prodotto scarpa ha dei costi di materiali e di produzione enormi. Siccome è inutile competere sul prezzo con paesi, tipo la Cina, che ha costi di materiali e mano d’opera irrisori, concentriamoci su una produzione di alta qualità e di gusto."

Come vede l'opera dela Provincia in tutto questo ? 
Vedo da parte della ancor “giovane” Amministrazione Provinciale un inizio positivo. In poco tempo è riuscita a dare una spinta dinamica  molto promettente. Mi riferisco all’avvio di un progetto, a breve scadenza, volto alla formazione di un personale culturalmente e professionalmente elevato da inserire al più presto nelle imprese per recuperare il gap degli ultimi anni. Questo le imprese ascolane non possono farle da sole con il budget che si ritrovano e con gli avanzi di bilancio massacrati dall’Irpaf che è, a livello nazionale, la più alta d’Italia dovuta  forse ad una politica regionale sulla sanità finanziata a  costi astronomici. Oggi, fatta eccezione per il calzaturiero, ci sono delle specializzazioni che si stanno letteralmente estinguendo. Aggiustatori, progettista di stampi, progettista di edifici industriali, e potrei aggiungerne una decina  ”

Secondo lei la Provincia di Ascoli Piceno risente del fatto che la Regione tenda, secondo molti, a prioritare di più il nord  riguardo ai fondi per la formazione ?
“I fatti parlano. Un paio di anni fa in sede regionale l’ammontare che ci venne concesso a tal fine non coprivano la spesa della carta utilizzata per fare la domanda. Questo se paragonato con quello che invece fu devoluto a province più vicine al capoluogo di regione. Poi ci fu la famigerata e tragicomica legge 598 , ovvero il finanziamento regionale sulla ricerca. Funzionava così ;  ci si doveva metter davanti al computer con un bel progetto poi veniva dato uno start e , come ai tempi di Lascia o Raddoppia, chi era più veloce a premere il pulsante si aggiudicava il finanziamento. Solo che se il computer decideva che il tuo trend di velocità era diverso da quello da lui stabilito si poteva arrivare quinto, sesto, ventesimo, trentesimo ; un terno a lotto. Non era più serio istituire una commissione che valutasse i meriti in base alla qualità e la serietà dei progetti  ? E cosa ne è statod i quei miliardi stanziati un paio di anni fa al quadrilatero per la viabilità?  Da queste parti non si è visto neanche l’ombra . Speriamo che i nostri  nuovi rappresentanti alla regione si facciano sentire con maggior peso ”.

Come vede il futuro della Provincia ?
“Male. Almeno a corto e medio termine. Peccato perché abbiamo delle risorse incredibili. San Benedetto del Tronto, per esempio, ha potenzialità inespresse turistico - pescherecce colossali. Con finanziamenti mirati e strutturati può candidarsi a pieno titolo a forza trainante per l’intera Provincia. Cosi i Sibillini per quelle montane. Bisogna far presto. Occorre rivedere il modo di approccio. Anche accettando la stessa linea politica, perché no, ma cambiando radicalmente le strategie. Altrimenti fra poco i posti di lavoro persi diventeranno molti di più. Occorrono manovre direzionate . Ma a breve e medio termine penso sia alquanto dura.” 

16/04/2005





        
  



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