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San Benedetto del Tronto | La fidelizzazione del cliente come motivo di appeal nell’alleanza dovuta tra albergatori e divertimentifici

di Laura Ripani

Lo sport preferito dai politici sambenedettesi, il litigio per un piatto di lenticchie, si è trasferito sul piano dell’economia cittadina. E’ quanto emerge da un’analisi delle ultime giornate di cronaca che mettono in luce lo scontro tra albergatori accusati di essere propugnatori della città soporifera e i titolari dei locali pubblici dall’indole alquanto insonne e fracassona.

 Alla soluzione salomonica “decida l’Arpam” ci ha pensato il sindaco Domenico Martinelli. In veste di buon padre di famiglia. Lui che si rende conto perfettamente di come la città abbia due anime. Lo scontro generazionale non l’ha certo inventato lui.

 Chi lucra dalla polemica, invece getta benzina sul fuoco, senza pensare che entrambe le soluzioni s’incontrano nell’interesse generale della fidelizzazione del cliente.
Spiego meglio. San Benedetto è una città lunga 11 chilometri e larga 4. Non ha spazi per mandare in collina i giovani sull’esempio di Riccione. E, per questo, si spinge al contrario verso la spiaggia. La sua vocazione ad un turismo familiare, con punte di anzianità, non è certo in discussione. Così come il richiamo ineludibile di tutti i teen ager di Provincia e Regione che trovano nella capitale del turismo marchigiano il divertimentificio per eccellenza.

L’appeal sta nel fatto che si tratta di una risorsa interscambiabile. Che mette tutti d’accordo. Infatti la famigliola che si è creata una cerchia di amici tra i sambenedettesi, nello chalet o in albergo, ha l’approccio con il padrone della casa al mare da tempo, alla fatidica età preadolescenziale dei figli resta spiazzata. I ragazzi cercano lo spasso. Se ne vanno, e i genitori dietro. Magari poi ritornano ma si crea quel vuoto sotto gli occhi di tutti fino a qualche anno fa che spezza la continuità, da tutti gli economisti riconosciuto come il bene più prezioso per una qualunque azienda.

Al contrario, la presenza di luoghi capaci di rispondere alle rispettive esigenze attira entrambe le popolazioni nel momento delicato dell’uscita dal nido. Sapere che i propri ragazzi sono lì, di fronte all’albergo invece che in  Sardegna o a Rimini fuori da ogni controllo, ha i suoi vantaggi. Stupisce, allora, come l’associazione Albergatori non promozioni questa come ricchezza, aggiunta all’offerta turistica, incentivando la pratica. Località alle quali si fa riferimento ne fanno punto d’orgoglio. I gestori più illuminati anche da noi, si sa, fanno tutto in casa.

Ma costruire un’alleanza con i titolari degli chalet consente addirittura il salto di qualità: questi disposizione degli adulti per il preserale, l’ora tarda alla movida. La serenità di controllare a distanza di sicurezza i “giri” frequentati, il riconoscimento di una città relativamente tranquilla, magari anche i quattro salti che ancora si possono pemettere i genitori (famiglie si sostiene, ma li avete mai visti i settantenni scatenati, chi li ferma più?), aiutano il riposo più dell’insonorizzazione.

La pace interiore scatena catalessi da sonno profondo. Toccasana, più  di  ogni decibel calmierato per il quale non si chiede però conto a Trenitalia.
Una soluzione semplice, insomma, non facile. Se soltanto si volesse trovare. Certo, l’eccezione di qualche maniaco del relax che storce il naso ci può stare. Ma lo stressato cronico e l’attaccabrighe trova ogni motivo di straveria, magari un pasto andato di traverso, le lenzuola non fresche di bucato, i servizi difformi da quelli annunciati sui siti pubblicitari. La casistica, in materia, è infinta.

 In un clima da guerra surriscaldata per un nonnulla, insomma, sento già l’etichetta di utopista cucita addosso. E lo schierarmi super partes un atteggiamento rifiutato perché non sta con questo o quel “partito” (inteso alla latina, di fazione in lotta).

 Ma riflettendoci meglio, guardando con lungimiranza e capacità di gestire le strutture a livello manageriale, domandarsi le ragioni per trovare l’unica soluzione che accontenti tutti è necessario. Di più, ci vuole uno sforzo d’intelligenza per promuovere l’unico bene che a questa città tutti riconoscono. La guerra non piace  a nessuno, si dice. Ma poi la si fa, cominciando dal cuore piccolo di chi guarda, per dirla con Machiavelli, il proprio “particulare”. E se fosse, invece, l’uovo di Colombo?

13/06/2005





        
  



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