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Amandolafestival riparte dal Teatro della Comunità

Amandola | Il direttore artistico del festival, Marco Di Stefano: "Un progetto come il Teatro della Comunità, serve a metter in luce l’enorme talento espressivo, la memoria storica e le esperienze vissute dai comuni cittadini"

Coinvolgere gli abitanti per farne dei protagonisti di un evento che trasforma Amandola in un unico, grande palcoscenico. Il Teatro della Comunità, caposaldo del Festival del Teatro Internazionale fin dalle origini (correva il 1984) torna dopo ben sette anni di interruzione e già ha raggiunto l’obiettivo che il direttore artistico Marco Di Stefano si è prefisso: creare un’atmosfera “teatrale” ben prima dell’inizio vero e proprio della rassegna. Dunque si riparte dal rapporto con la gente comune che è stata la vera forza, oltre agli spettacoli di grande prestigio, del festival amandolese.
 
Da oltre una settimana un gruppo di abitanti di Amandola e non, si incontrano in forma sempre più appassionata, attraverso l’antico gioco del teatro, il magico gioco della trasformazione per realizzare uno spettacolo che verrà presentato il 31 agosto, in occasione dell’inaugurazione dell’Incontro Teatro Internazionale.
 
“Essere altro da sé, guardarsi da fuori per leggersi dentro – spiega Marco Di Stefano, direttore artistico del Festival - Il linguaggio del teatro permette, nel suo eterno gioco degli specchi e dei rimandi, una profonda conoscenza di sé e sviluppa una maggiore capacità di rapportarsi col mondo esterno. “Siamo tutti soli” si sente dire, chiusi nel microcosmo con la ridicola illusione di partecipare al mondo attraverso la tecnologia. Le nuove generazioni sembrano avere una crescente paura del contatto fisico e delle sue implicazioni socio-affettive e galleggiano in una generica e muta sensazione di libertà, anticamera di solitudini.
 
Le fughe sono molteplici (l’uomo da sempre fugge o cerca di sfuggire al proprio destino): droghe, alcool o altro. Citando Gaber “la libertà non è uno spazio libero, la libertà è partecipazione”. Il teatro della Comunità va incontro a questa esigenza di partecipazione dal basso.
 
La fantasia, la creatività, la gioia di vivere, non sono parole, ma pura energia che ognuno di noi possiede e utilizza in minima parte. 
Sensi di colpa, autocensure, responsabilità sociali, la paura del giudizio degli altri, ci impediscono di vivere appieno una piccola e semplice verità: siamo tutti diversi, tutti dei meravigliosi e preziosi pezzi unici.
 
Un progetto come il Teatro della Comunità, serve a metter in luce l’enorme talento espressivo, la memoria storica e le esperienze vissute dai comuni cittadini, niente a che fare con lo “sciocchezzario”  televisivo dove si vota da casa con il telefonino il più bello e il più bravo, ma commozione vera, sguardi profondi, sudore condiviso, senso di fraternità universale, capacità di abbracciare una persona.
 
Il Teatro della Comunità ha vissuto ad Amandola anni di grande successo, ma forse anche qui non c’è mai stata una grande riflessione su cosa stesse accadendo.
 
Il linguaggio comico, lo sfottò, la battuta veloce, l’ironia, gli attori locali di talento, divenuti personaggi televisivi come Ottavio Marini (attore in tutti i teatri della Comunità in Amandola e non solo) sono stati fondamentali per il radicamento e il successo di questo progetto. Ma in questo mondo di Zelig, cioè di persone che cambiano facilmente idee, opinioni e personalità, mi piace ricordare (prima di tutti a me stesso) che il grande teatro si basa sulla verità e non sulla finzione, sulla spontaneità dell’egire all’interno di una costruzione precisa. Lo spunto che mi viene guardando indietro, dopo 20 anni di esperienza, le centinaia di cittadini – attori incontrati in 50 produzioni realizzate in oltre 15 paesi del mondo, è che l’attore professionista in una società ideale non avrebbe nessun motivo di esistere perché il teatro, come una sorta di biblioteca dei sentimenti, in questa utopica società dovrebbe essere un luogo aperto a tutti, nel quale tutti, a turno, dovrebbero avere la possibilità di esprimersi, come una sorta di scuola di democrazia. Paradossalmente il mio impegno è nel creare uno spazio dove questo possa accadere”.

26/08/2005





        
  



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