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Alla scoperta dello “specifico universale” del ministro Fabio Mussi

| TERAMO - Sono 150 i milioni di euro di tagli all’Università e agli istituti di ricerca secondo il dispositivo della Finanziaria 2007 di Prodi.

Nonostante tutto diamo il benvenuto al ministro Fabio Mussi in visita alla nostra Università, martedì 23 gennaio 2007: speriamo che, tra una pergamena e un ironico sorriso, possa riconoscere, possibilmente con parole semplici, di aver fallito per le sue promesse mancate (più soldi a università e ricerca) contenute nella peggiore finanziaria nella storia della Repubblica. Che ha inferto il colpo ferale alla ricerca scientifica italiana per stessa ammissione dei nostri rettori e scienziati i quali pare abbiano suggerito al ministro la debita (e opportuna) distanza.

Caro ministro Mussi, i vecchi film western ci hanno abituato a quegli strani individui che vagavano da una città all’altra nel tentativo di spacciare un intruglio grigiastro per lo “specifico universale” che avrebbe curato qualunque malattia. La gente prestava loro attenzione più che altro perché trovava divertenti le loro storie, risibili le loro prove. Chissà cosa direbbero gli abitanti del selvaggio West se sapessero che oggi questi personaggi, in visita anche a Teramo, fanno i ministri “irresponsabili” dei loro stessi provvedimenti.

Caro ministro Mussi, Ella aveva puntato i piedi, lo scorso dicembre, fino a minacciare di andarsene dal governo Prodi, rimettendo il mandato. “Si può discutere di tutto – aveva detto Mussi - sono tante le questioni sul tavolo che riguardano il mio ministero. Ma sui tagli alla spesa proprio no, in questo modo l’Università non può funzionare”. Allora, signor Ministro, come la mettiamo? Ne tragga le ovvie conseguenze e si dimetta.

L’incidenza degli investimenti in ricerca e formazione sul Pil sta per crollare: in Italia attualmente tale rapporto è pari allo 0,88%, la media europea è dello 0,99%, nei paesi Ocse dell’1,02% e negli Usa del 2,6%. Spendiamo ogni anno per uno studente 8.700 euro, in Francia 9.600 euro, in Germania 10.500, nei paesi scandinavi oltre 12mila euro.

Ricerca, innovazione, sviluppo, tutte belle parole: ma quando si deve tagliare per prima cosa si tagliano i fondi a scuola, università, enti di ricerca. Questa scarsa attenzione all’istruzione e alla ricerca, questa tendenza da parte di molti politici a considerare la ricerca scientifica e tecnologica un lusso (una “non cultura”) è un male antico in Italia che oggi l’Unione consacra sull’altare del compromesso.

L’Italia è ormai il fanalino di coda in Europa per numero di diplomati, ancora peggio per numero di laureati, per numero di abbandoni di studenti universitari anche a causa di insegnanti che non sanno insegnare, per finanziamenti all’università e alla ricerca, che raggiungono a malapena l’1% del Pil. Abbiamo un numero di ricercatori per mille abitanti che è la metà di Francia, Inghilterra e Germania; l’Ue spende circa il 2,5% del Pil per la ricerca, paesi come Svezia o Giappone sono sopra il 3%.
Il governo Berlusconi, invece, ha dato un segnale politico preciso cercando di innovare la scuola, università e ricerca sul modello europeo. Le scuole non sono state trattate come aziende il cui rendimento è misurato dal numero di iscritti, come propagandato dalla sinistra. Se molti presidi si sono sentiti in “dovere” a raccomandare di non bocciare nessuno con un abbassamento pauroso del livello di preparazione, ciò non può essere imputato all’ex ministro Moratti del governo Berlusconi.
Era nel programma del governo Berlusconi considerare altamente prioritarie scuola, università e ricerca.

Oggi, invece, assistiamo a una dura presa di posizione da parte di rettori e direttori di istituti e enti di ricerca contro gli ulteriori tagli previsti nel 2007 dal governo Prodi, fino alla “finta” minaccia della senatrice a vita e premio Nobel Rita Levi Montalcini di non votare la finanziaria se i tagli proposti fossero divenuti reali. Sono una solida realtà che Ella ha votato, dunque, si dimetta.
Questa dei tagli alla ricerca è una politica masochista: si spendono milioni di euro per formare ricercatori, ne abbiamo di eccellenti e dobbiamo vederli andare all’estero.

Non è vero che le nostre università - almeno quelle vere, non quelle spuntate come funghi per soddisfare le ambizioni di qualche vip locale - diano una mediocre preparazione. Lo prova il fatto che i tanti neo dottori di ricerca, costretti ad andare all’estero, quasi sempre raggiungono posizioni di alto livello e risultati di notevole importanza, come mostra il numero di pubblicazioni su riviste internazionali e il numero di citazioni ad esse relative.

E che dire dei mille euro al mese percepiti dagli astronomi e dagli astrofisici italiani con i contratti a tempo determinato voluti dalla sinistra?
Il taglio del 20% alle spese di funzionamento delle università e degli enti di ricerca è insostenibile. Gli sprechi che si potrebbero evitare, sono spesso sprechi minori ma che sommati portano a cifre non trascurabili. Penso alle luci accese in pieno giorno in quasi tutti gli uffici, al riscaldamento spesso eccessivo, alle tante belle cartelline colorate e aggeggi vari, viaggi all’estero in carovana, spesso inutili per la cancelleria, lussi che noi nati prima della guerra non conoscevamo, abituati anche a riciclare la carta.

E poi ci sono sprechi maggiori che riguardano l’Inaf (Istituto nazionale di astrofisica). Ogni osservatorio astronomico ha una sua amministrazione composta da una decina di persone che provvedono a tutte le incombenze amministrative, dal pagamento degli stipendi alla stesura del bilancio e l’amministrazione centrale ha per ora avuto solo l’effetto di porre rallentamenti e intralci burocratici. Invece non ci sono fondi per assumere i tanti eccellenti ricercatori precari.

E’ vero che la situazione finanziaria lasciata in eredità dai precedenti governi di sinistra (1996-2001) è tragica. Ma far pagare alla ricerca anche i fallimenti di Prodi vuol dire rendere l’Italia sempre meno competitiva e quindi incapace di invertire la tendenza al degrado. Tutte le categorie produttive sottoscrivono.

23/01/2007





        
  



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