L'intervento di Gaspari al Convegno dei consumatori
San Benedetto del Tronto | "La direzione intrapresa con questi primi provvedimenti (sui farmaci da banco, le ricariche telefoniche o le assicurazioni) mi sembra quella giusta."
di Giovanni Gaspari
Giovanni Gaspari
Buongiorno e benvenuti nella città di San Benedetto del Tronto. Accogliamo questa ottava sessione programmatica tra il Consiglio Nazionale degli Utenti e dei Consumatori e le Regioni non solo con orgoglio, ma anche con la speranza di contribuire ad una riflessione animata da spirito concreto e pragmatico. D'altra parte la nostra è una città che presenta un volto recente, una storia estremamente dinamica dal punto di vista sociale ed economico e animata dall'incontro di molte persone che qui sono arrivate nel corso degli anni per trovarvi un'opportunità di lavoro e di vita.
Riteniamo che la nostra città sia anche un buon indicatore di tendenze nazionali e possiamo quindi dire che se crisi c'è stata negli ultimi anni, la ripresa non sarà soltanto una ripresa dei consumi, ovvero il superamento di una fase ciclica come le altre. Oggi siamo invece di fronte a trasformazioni spesso definite "profonde", che è un modo di dire tanto ripetuto quanto vero.
Le trasformazioni di cui parliamo riguardano grandi scelte o grandi riconversioni. L'Italia ha perso negli ultimi anni il suo primato di meta turistica più frequentata a livello internazionale, ed è questo uno dei terreni su cui dobbiamo puntare, rinnovandoci, come cerchiamo di fare anche a San Benedetto, magari con fatica. Il turismo è appunto uno di quei settori che oggi vengono più profondamente rinnovati: un monogramma delle sfide che abbiamo di fronte, con un'offerta sempre più competitiva, vantaggiosa e interessante al tempo stesso.
Il turismo chiama in causa, anche e soprattutto, l'atteggiamento del consumatore, persona sempre più informata dei fatti, che determina ed è frutto di una società apparentemente individualistica, quella in cui il leggendario "ceto medio" (che sembra essere anche "ceto unico" proprio in virtù di consumi sempre più uniformati) sarebbe l'insieme di persone più esigenti rispetto al passato, se non più "edoniste".
D'altra parte, dire che l'odierna società sarebbe caratterizzata da un'accresciuta consapevolezza delle persone verso i propri comportamenti sembra paradossale, visto che per un altro verso si parla anche di disimpegno, e si afferma che per il futuro dovremmo raggiungere un obiettivo che oggi pare una sorta di "terra promessa", ovvero la sfida del sapere e della cosiddetta "formazione continua". Il consumatore odierno, in sintesi, disegna un'antropologia diversa rispetto al passato. È una persona di buon livello culturale e con molte informazioni a disposizione anche grazie alle molteplici fonti disponibili rispetto al proprio habitat immediato, agli oggetti di cui si circonda. Egli ha maggiori attese e più precise di quanto non avvenisse fino a pochi anni fa.
Da un punto di vista sociale e politico il consumatore odierno viene spesso ritenuto, anche a ragione, una sorta di "punta avanzata", il portatore di esigenze nuove cui appunto la politica è chiamata a dare risposte. E siamo qui al problema delle ormai invocatissime "riforme", di cui oggettivamente il nostro Paese ha bisogno. Ma intanto possiamo dire "aveva bisogno", almeno per alcune materie, visti i recenti provvedimenti, che tante proteste hanno sollevato.
Parliamo di riforme con effetti immediati, ma anche di una lunga marcia avviata, tramite i decreti che portano appunto il nome del ministro Bersani, presidente del Consiglio Utenti e Consumatori e tra i nostri ospiti in questi due giorni. Trovo significativo che queste riforme siano nate nello spirito della modernizzazione del Paese e riguardino in primo luogo proprio i consumatori.
Le associazioni di categoria, e gli stessi immancabili sondaggi, hanno mostrato grande apprezzamento per questi provvedimenti, che spesso riguardano l'eliminazione dei famosi "lacci e lacciuoli": ma lacci e lacciuoli per i consumatori, ovvero pratiche commerciali tenute in piedi fino al giorno prima in Italia e da sempre ignote all'estero.
È trascorso del tempo dal primo decreto Bersani e le polemiche sono diminuite, o perché i provvedimenti sono stati accolti dalla società, o per via di trattative ulteriori che sono state condotte. Vorrei ribadire che per un verso si è trattato di cambiamenti che hanno adeguato il nostro Paese a quanto avviene all'estero, quasi rimettendolo sulla giusta carreggiata. Ma per un altro verso non ritengo che questi provvedimenti oppongano i consumatori ai produttori. Si è invece trattato di un energico tentativo di ripristinare "buone pratiche" commerciali. Di tornare a "ri-agganciare" l'Europa, dopo la moneta unica che già ci aveva messo al riparo da altre pratiche molto meno buone. E credo che questo messaggio sia passato nel pubblico dei consumatori, ovvero nella società.
In un passato non lontano si parlava molto di privatizzazioni, di apertura al mercato di certi settori, a partire da quello delle telecomunicazioni. In alcuni di questi ambiti i consumatori hanno lamentato la mancanza di una vera concorrenza sui prezzi e si è persino arrivati a delle multe da parte delle autorità, per mancanza di vera concorrenza. Oggi siamo in una specie di seconda fase di potenziamento del mercato, quella delle "liberalizzazioni", una "seconda chiamata" rispetto alle privatizzazioni, che da sole non avevano determinato grossi vantaggi per i consumatori.
Il futuro può essere visto dal punto di vista di questi ultimi. Abbiamo dunque bisogno di un mercato che sappia offrire più servizi, nel quale si rispettino le regole, magari facendo risalire l'Italia nelle graduatorie internazionali relative alla competitività. Non invece di un mercato chiuso, nel quale i consumatori paghino per un sistema che ristagna, mentre gli altri Paesi avanzano.
La direzione intrapresa con questi primi provvedimenti (sui farmaci da banco, le ricariche telefoniche o le assicurazioni) mi sembra quella giusta. Attendiamo ora l'approdo al prossimo "atto", per velocizzare i tempi di apertura di un'azienda, oggi drammaticamente lunghi. L'Italia ha molti ritardi da recuperare, ma un motivo di grande fiducia ci viene dal fatto che buone riforme sono in grado di determinare rapidi miglioramenti. Metterli in moto prima possibile è un compito che oggi sappiamo alla nostra portata.
Riteniamo che la nostra città sia anche un buon indicatore di tendenze nazionali e possiamo quindi dire che se crisi c'è stata negli ultimi anni, la ripresa non sarà soltanto una ripresa dei consumi, ovvero il superamento di una fase ciclica come le altre. Oggi siamo invece di fronte a trasformazioni spesso definite "profonde", che è un modo di dire tanto ripetuto quanto vero.
Le trasformazioni di cui parliamo riguardano grandi scelte o grandi riconversioni. L'Italia ha perso negli ultimi anni il suo primato di meta turistica più frequentata a livello internazionale, ed è questo uno dei terreni su cui dobbiamo puntare, rinnovandoci, come cerchiamo di fare anche a San Benedetto, magari con fatica. Il turismo è appunto uno di quei settori che oggi vengono più profondamente rinnovati: un monogramma delle sfide che abbiamo di fronte, con un'offerta sempre più competitiva, vantaggiosa e interessante al tempo stesso.
Il turismo chiama in causa, anche e soprattutto, l'atteggiamento del consumatore, persona sempre più informata dei fatti, che determina ed è frutto di una società apparentemente individualistica, quella in cui il leggendario "ceto medio" (che sembra essere anche "ceto unico" proprio in virtù di consumi sempre più uniformati) sarebbe l'insieme di persone più esigenti rispetto al passato, se non più "edoniste".
D'altra parte, dire che l'odierna società sarebbe caratterizzata da un'accresciuta consapevolezza delle persone verso i propri comportamenti sembra paradossale, visto che per un altro verso si parla anche di disimpegno, e si afferma che per il futuro dovremmo raggiungere un obiettivo che oggi pare una sorta di "terra promessa", ovvero la sfida del sapere e della cosiddetta "formazione continua". Il consumatore odierno, in sintesi, disegna un'antropologia diversa rispetto al passato. È una persona di buon livello culturale e con molte informazioni a disposizione anche grazie alle molteplici fonti disponibili rispetto al proprio habitat immediato, agli oggetti di cui si circonda. Egli ha maggiori attese e più precise di quanto non avvenisse fino a pochi anni fa.
Da un punto di vista sociale e politico il consumatore odierno viene spesso ritenuto, anche a ragione, una sorta di "punta avanzata", il portatore di esigenze nuove cui appunto la politica è chiamata a dare risposte. E siamo qui al problema delle ormai invocatissime "riforme", di cui oggettivamente il nostro Paese ha bisogno. Ma intanto possiamo dire "aveva bisogno", almeno per alcune materie, visti i recenti provvedimenti, che tante proteste hanno sollevato.
Parliamo di riforme con effetti immediati, ma anche di una lunga marcia avviata, tramite i decreti che portano appunto il nome del ministro Bersani, presidente del Consiglio Utenti e Consumatori e tra i nostri ospiti in questi due giorni. Trovo significativo che queste riforme siano nate nello spirito della modernizzazione del Paese e riguardino in primo luogo proprio i consumatori.
Le associazioni di categoria, e gli stessi immancabili sondaggi, hanno mostrato grande apprezzamento per questi provvedimenti, che spesso riguardano l'eliminazione dei famosi "lacci e lacciuoli": ma lacci e lacciuoli per i consumatori, ovvero pratiche commerciali tenute in piedi fino al giorno prima in Italia e da sempre ignote all'estero.
È trascorso del tempo dal primo decreto Bersani e le polemiche sono diminuite, o perché i provvedimenti sono stati accolti dalla società, o per via di trattative ulteriori che sono state condotte. Vorrei ribadire che per un verso si è trattato di cambiamenti che hanno adeguato il nostro Paese a quanto avviene all'estero, quasi rimettendolo sulla giusta carreggiata. Ma per un altro verso non ritengo che questi provvedimenti oppongano i consumatori ai produttori. Si è invece trattato di un energico tentativo di ripristinare "buone pratiche" commerciali. Di tornare a "ri-agganciare" l'Europa, dopo la moneta unica che già ci aveva messo al riparo da altre pratiche molto meno buone. E credo che questo messaggio sia passato nel pubblico dei consumatori, ovvero nella società.
In un passato non lontano si parlava molto di privatizzazioni, di apertura al mercato di certi settori, a partire da quello delle telecomunicazioni. In alcuni di questi ambiti i consumatori hanno lamentato la mancanza di una vera concorrenza sui prezzi e si è persino arrivati a delle multe da parte delle autorità, per mancanza di vera concorrenza. Oggi siamo in una specie di seconda fase di potenziamento del mercato, quella delle "liberalizzazioni", una "seconda chiamata" rispetto alle privatizzazioni, che da sole non avevano determinato grossi vantaggi per i consumatori.
Il futuro può essere visto dal punto di vista di questi ultimi. Abbiamo dunque bisogno di un mercato che sappia offrire più servizi, nel quale si rispettino le regole, magari facendo risalire l'Italia nelle graduatorie internazionali relative alla competitività. Non invece di un mercato chiuso, nel quale i consumatori paghino per un sistema che ristagna, mentre gli altri Paesi avanzano.
La direzione intrapresa con questi primi provvedimenti (sui farmaci da banco, le ricariche telefoniche o le assicurazioni) mi sembra quella giusta. Attendiamo ora l'approdo al prossimo "atto", per velocizzare i tempi di apertura di un'azienda, oggi drammaticamente lunghi. L'Italia ha molti ritardi da recuperare, ma un motivo di grande fiducia ci viene dal fatto che buone riforme sono in grado di determinare rapidi miglioramenti. Metterli in moto prima possibile è un compito che oggi sappiamo alla nostra portata.
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04/05/2007
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