Un'esperienza a parte: la pittura di Dino Ferrari
Ascoli Piceno | Dalla totalità della produzione di Dino Ferrari, emerge immediatamente la grande versatilità che gli ha permesso di muoversi all'interno di più registri.
di Daniele De Angelis
A differenza, infatti, di tanti artisti vissuti nella calma della provincia, dove molti stimoli intellettuali spesso non arrivano e dove quindi è facile autolimitarsi nelle proprie doti, ritagliandosi uno stile buono un po' per tutti da ripetere all'infinito, Ferrari, lungo tutta la sua vita e la sua produzione, ha sempre mostrato, invece, una voglia spesso ossessiva, di confrontarsi con le correnti e le estetiche che nel frattempo si andavano formando e disgregando nei grandi centri della cultura italiana. Si può addirittura affermare che per lui la posizione defilata sia stata un perfetto osservatorio dal quale poter conoscere, con il dovuto distacco critico, le contemporanee mutazioni dell'arte, alla ricerca di una poetica e di uno stile propri.
Dalla totalità della produzione di Dino Ferrari, emerge immediatamente la grande versatilità che gli ha permesso di muoversi all'interno di più registri, che vanno dalla pittura manierista a quella barocca, dal verismo tardo ottocentesco degli inizi, all'arcaicismo di alcuni artisti del gruppo "Novecento", dal cubismo sintetico ad un espressionismo fortemente allucinato e raggelato. In questi cambi e in queste sperimentazioni, quello che gli ha impedito di scadere nella superficialità o in un'eterogeneità dispersiva e di comodo, è stata sempre la voglia di andare al fondo di ciò che si crea, nella costante ricerca dell'essenzialità.
Un percorso di approfondimento che si può dire concluso solo nell'età tarda, dagli anni '80 in poi, quando Ferrari giunge ad individuare un linguaggio personalissimo e complesso, che vive, come una summa, nella comprensione di tutte le esperienze del passato.
A questo punto, però, occorre mostrare anche il lato negativo di una vicenda artistica volutamente in disparte, fuori dal grande mercato delle gallerie, ossia il rischio che l'opera cada nell'oblio con la scomparsa del proprio artefice. In una dimensione ristretta come può essere quella di Ascoli, infatti, la gente conosce l'operato di un artista soprattutto perché conosce l'artista, o almeno ne sente parlare, così che l'interesse per l'opera si confonde con quello per l'autore.
Questa è una prospettiva pericolosa, essendo legata alla sola memoria personale, o al massimo generazionale, la quale nel giro di qualche decennio è destinata a sparire. Se la gente non ha la possibilità di entrare in contatto con la produzione di un pittore, con facilità ed immediatezza, quest'ultima rischia il nulla. In tali casi dobbiamo renderci conto che la memoria non è un dato di fatto, un qualcosa di stabile che viene dal passato, privo di evoluzione ed ampliamento; dobbiamo invece comprendere che la memoria collettiva siamo noi stessi, nel presente, a crearla.
Questo è sicuramente il motivo principale che ha spinto la famiglia Ferrari a creare un sito internet (www.dinoferrari.it), capace di esporre un'ampia rassegna della produzione del pittore Dino Ferrari, sia pubblica che privata, attraverso una corposa galleria fotografica delle opere, dagli anni '20 fino agli ultimi lavori del 2000. Il sito comprende anche una sezione con foto e un breve filmato, che mostrano l'ultimo e più importante studio dell'artista, in Piazza Sant'Agostino, così come fu lasciato il giorno della sua scomparsa, in un caos di pennelli, solventi, scritte, macchie di colore, tele non finite, caricature, appunti, schizzi, che testimoniano uno spirito ed una personalità impetuosa e sensibile. Il tutto è completato da un apparato biografico e critico che intraprendere una prima e parziale ricognizione sull'estetica dell'artista.
Tale lavoro è stato portato avanti nella convinzione che per molti amanti d'arte e studiosi, interessati a cercare interpreti particolari ed intelligenti dei linguaggi della seconda metà del ‘900, la figura di Dino Ferrari possa essere una bella scoperta; e soprattutto perché non basta tenere vivo il ricordo in chi l'ha conosciuto direttamente e lo ha apprezzato, ma è necessario far sì che un'esperienza tanto interessante superi i ristretti confini generazionali, cittadini e regionali.
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10/09/2007
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