In su la cima. Un secolo della casa editrice Mondadori
| L'avventura della Mondadori iniziò a Ostiglia, nel mantovano. Ed è proseguita fino a oggi fra saggi, romanzi e riviste, somigliando sempre meno alle sue origini.
di Tonino Armata
Per celebrare degnamente il centenario, la Mondadori ha ritenuto che non si potesse fare niente di meglio che pubblicare un libro. Tanto radicata è la consapevolezza del proprio ufficio e la profonda e intima fiducia nel proprio prodotto più antico e per così dire primo. Il libro, appunto. Ma presa questa decisione ne sono venute di conseguenza altre due: che il libro fosse sì a scopo celebrativo e che proprio per il fatto che di essere un libro, cioè quanto di più comune si può dare entro la Mondadori, fosse almeno un libro diverso da tutti gli altri, un libro speciale.
Il "piccolo" si chiama Ostiglia. Posto sulla riva sinistra del Po, nella bassa mantovana, è il paese originario dei Mondadori. Per chi vi sia passato di recente, è facile immaginare la vita che vi si svolgeva sulla fine dell'Ottocento. Era un paese abitato da contadini. E un po' contadino era e resterà, nell'animo, il Patriarca della Mondadori, anche quando la sua creatura sarà diventata una dinastia (quando l'ho conosciuto nell'autunno del 1960 nella sede di Milano in via Bianca di Savoia era tarchiato, camminava appoggiato a un bastone, più pallido che bruno, ma di un pallore sano. Il suo motto era: "Un campanile, un libro. Meglio se un libro Mondadori". Sono stato in Mondadori dal 1960 al 1998. Una vita).
L'avventura comincia nel 1907 quando il giovane tipografo diciottenne di Ostiglia (Mantova), Arnoldo Mondadori inizia a lavorare come operaio presso la tipografia e cartoleria Manzoli, per arrivare fino ai giorni nostri, alle frontiere editoriali nel web. Può sembrare singolare che nell'era di Internet, dell'immaterialità, si torni alla vecchia carta e all'inchiostro per raccontare una storia come questa. Ma non c'era un modo migliore per farlo. Mentre non può mancare il ricordo di Enzo Biagi, il quale, nel 1952 arriva a Epoca come caporedattore e dal '55 al '57 è condirettore responsabile, a fianco di Arnoldo Mondadori che dal '53 assume la direzione della rivista. L'Album Mondadori, è un gigantesco mosaico. Non nasconde nulla della storia dell'azienda milanese nemmeno gli anni difficili del cambio di proprietà.
Un'azienda che seguendo il pensiero del suo fondatore diventa una vera e propria industria culturale, che non ha mai subito la modernità ma che, anzi, è stata capace di inseguirla grazie alla scelta convinta di fare tutto per tutti. Proprio la modernità è il tratto caratteristico di Arnoldo Mondadori. Una modernità che anche durante gli anni del fascismo consente all'azienda di essere un simbolo della cultura, acquisendo e pubblicando opere di grandi scrittori internazionali. Mostrando come anche sotto i regimi più odiosi ci si possa muovere. Una casa editrice che festeggia i suoi 100 anni portando ancora il nome del suo fondatore. Uno dei segreti che ha permesso a quest'azienda editoriale di reggere per tutto questo tempo è la fedeltà alla missione originaria indicata da Arnoldo: "Andare a cercare i lettori e fare i libri con il cuore". E gli anticorpi della sopravvivenza alla base del successo restano la sensibilità popolare che avvicina al lettore, lo spirito di modernità e l'apertura alla scena culturale internazionale.
In principio era Arnoldo. E' questo il versetto biblico cui deve prestare orecchio il lettore dell'Album Mondadori 1907-2007 che la casa di Segrate dedica al proprio centenario. Un anniversario nel quale si riflettono molti momenti importanti della storia e della cultura del ‘900. Vi si ritrova qua e là il profumo che quegli eventi hanno trasmesso alla carta stampata. Ricche, e spesso curiose, sono le immagini racchiuse in questa ricorrenza che si fa libro: un volume di 840 pagine, ultrapatinato e quasi intrasportabile da braccia umane. E d'altronde, a chi, se non al colosso Mondadori potrebbe adattarsi un "Memorial" così? Come capita alle epopee, la vicenda che qui si racconta parte dal piccolo per arrivare al grande.
"Sono il consigliere editoriale di una piccola società editrice nata in Ostiglia, cresciuta a Verona" diceva il giovane Mondadori, ma "ho una grande ambizione: dare all'Italia la bella casa editrice che ha diritto di avere". C'è già, insomma, un po' di quel patriottismo e di quell'amore "naif" per la cultura che poi ispirerà l'eloquio e i modi del grande editore autodidatta.
Sfogliando, con ampi salti di pagine, il monumento celebrativo chiamato Album, prestando attenzione ai titoli di periodici, libri e collane. L'esordiente Arnoldo trabocca d'ottimismo della volontà. Luce, s'intitola il "giornale popolare istruttivo" che la Mondadori stampa con cadenza mensile, nel 1907; e di un solo verbo all'imperativo - Dai!.. - si compone la testata del numero unico pubblicato in ottobre, per le elezioni comunali. La Lampada, Scintille, Speranza, Serenità, Coscienza ed amore portano scritto in copertina i libri per l'infanzia.
Ma già nel '19 è affidato a Duilio Cambellotti il compito di disegnare per la Mondadori quel marchio che reca una frase in latino: "Sempre et ulterius progredi". E negli stessi mesi Arnoldo riceve una lettera nella quale Ivanoe Bonomi, prossimo ministro della guerra, si dichiara entusiasta per "la robusta e sana ascensione" della Mondadori. Nulla accade a caso: nel primo conflitto mondiale l'azienda ha assaporato quel ruolo istituzionale, a ridosso del potere, che conserverà poi lungo i decenni e a cavallo dei regimi. La tradotta, La ghirba, il Montello si chiamano i suoi giornali diffusi nelle trincee. E qui ci soccorre un aforisma del poeta Francesco Pastonchi, assai istruttivo nella sua ovvietà: "Sono libri che van bene, quelli da aiutare... perché vadano meglio". In breve, cavalcare il vento. Le lettere con firme illustre si moltiplicano. Un giudizio di Giovanni Gentile a proposito dell'Enciclopedia dei ragazzi - "pubblicazione indovinatissima" - ne rafforza il successo. Per la stessa opera arriva un elogio anche da casa Mussolini.
E' il 1927. Non è il capofamiglia che scrive, ma suo fratello Arnaldo, direttore del Popolo d'Italia. "Donna Rachele mia cognata, e i figlioli sono quanto mai grati della bella Enciclopedia...". Una lettera firmata del Duce c'è, nell'Album. Porta la data del marzo '23, e mostra "il più vivo compiacimento" per "l'attività editoriale" che la Mondadori " si apprestava a svolgere tra le popolazioni delle Terre redente delle zone alloglotte", ispirata ad "intenti altamente patriottici ed educativi". Gli stessi intenti che ha la casa editrice trasfonde nel complesso dei suoi periodici che già a metà degli anni Venti, fra testate per l'infanzia e per le donne, raccoglie sedici titoli.
La firma del capo del governo riappare in calce a una serie d'osservazioni e di divieti relativi al volume Dux di Margherita Sarfatti. "Episodio inventato", chiosa il dittatore in margine a un episodio. Oppure: "E' banale e non dice nulla". O addirittura: "Ho sventrato il capitolo xxv". Del libro di Emil Ludwig, Colloqui con Mussolini, che Mondadori stampò, il capo del governo vietò una seconda edizione, criticando la lingua usata dal traduttore, il quale scrisse, "sarà tedesca, croata, greca, giudaica, ostrogota, ma non è italiana". Ma forse è un pretesto.
Di Gabriele D'Annunzio spicca nel volume qualche ricevuta di assegni contanti: non per nulla il poeta, oltre a definire Arnoldo "sommo carpentiere di Verona", lo chiamava "Montedoro", grato per la generosità che gli mostrava. Nell'Album si conferma fra l'altro che all'edizione dell'Opera Omnia dannunziana contribuivano le pubbliche sostanze.
La politica non esaurisce un discorso storico sulla Mondadori. Neppure da lontano. Ma un'ottica bisogna pere sceglierla. Eccoci approdare di colpo all'indomani della sconfitta fascista (fuga della famiglia Mondadori in Svizzera e occupazione delle maestranze della casa editrice le quali continueranno la produzione dei libri). La Mondadori ne ha subito severe conseguenze. Nell'Album c'è una lettera che Valentino Bompiani scrive al presidente della Mondadori del quale è uno stretto collaboratore.
La data è il 17 settembre 1943. La "casa" ha spostato la sua sede da Milano a Firenze, e lì Bompiani si da fare per rimetterla un po' in sesto. E ora da atto ad Arnoldo di aver sempre superato grandi difficoltà ed esprime l'augurio che la sua ripresa sia "anche questa volta felicemente rapida". Ma aggiunge una nota autocritica, che chiaramente si estende al destinatario: "Tutti dobbiamo, in un certo senso ricominciare da capo perché l'intera nostra generazione è fallita".
Chissà se "il sommo carpentiere di Verona" condivideva quest'amara diagnosi, ma sul suo talento di resistere ai rovesci della storia non è lecito alcun dubbio. La Mondadori che abbiamo conosciuto, dal dopoguerra fino al 1971, quando morì Arnoldo, ha riacquistato e moltiplicato la sua potenza. Ha pubblicato di tutto. Ci ha provato con i politici, assicurandosi ad esempio le firme di Eisenhower e di Truman come memorialisti. Ha fallito invece, senza sua colpa, con De Gasperi. Nel maggio del '54, Arnoldo aveva ottenuto che lo statista trentino gli affidasse le proprie memorie, per altro ancora da scrivere. De Gasperi sarebbe morto di lì a poco, nell'agosto.
Arnoldo non è tutta la Mondadori. Ma ne è un pezzo più consistente, più tipico. E' il romanzo di un uomo. L'Album non può chiudersi con la sua scomparsa. E, infatti, va avanti. Per il lettore è diverso. Di questo monumento egli può scegliere e gustare un pezzo, una scheggia. Non ritenendo affatto che la "ultima Mondadori" sia un'entità trascurabile, sono andato a cercare ai piedi del monumento (cioè nell'indice dei nomi) la voce "Silvio Berlusconi". L'ho osservato in decine di foto. Ho contemplato atti e dichiarazioni a sua firma, che conoscevo già.
In definitiva, l'Album andrà letto per intero, con calma. Ma un sospetto si può anticiparlo: ed è che oggi la Mondadori non somiglia più alle sue origini, non avendo più nulla (o quasi) che ne individui il "genio" o lo "stile". Che continuando a fare affari d'oro, potrebbe assumere un altro nome. O magari nessuno.
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29/12/2007
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