E' scomparso l'ex procuratore capo di Teramo, dr. Cristoforo Barrasso. I funerali in Cattedrale.
Teramo | L'alto magistrato era in pensione, stroncato da un malore nella sua abitazione a Villa Torre di Castellalto. Aveva 77 anni. La sua più grande inchiesta: il delitto dei coniugi Masi nel giugno 2005. Un massacro tra verità e misteri di un delitto perfetto?
di Nicola Facciolini
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Il dr. Cristoforo Barrasso
E' salito alla Casa del Padre, nella mattina del 4 dicembre 2008, il dottor Cristoforo Barrasso all'età di 77 anni. Era nato il 25 luglio 1931 a Valguarnera di Catania. L'ex procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Teramo, Cristoforo Barrasso, era malato da tempo. Ad assisterlo fino alle sue ultime ore di vita è stata la moglie Miranda, sposata in seconde nozze dopo Agrippina, mancata nel 1999. Ai familiari porgiamo le nostre più sentite condoglianze.
L'alto magistrato era in pensione da alcuni anni, dopo averne trascorsi oltre 40 di carriera in tutti gli uffici del tribunale aprutino: prima alla pretura di Notaresco dove prese servizio al suo ingresso in magistratura. Lascia anche il figlio Bruno, avvocato, la nuora e quattro cari nipoti. I funerali saranno celebrati nel pomeriggio di venerdì 5 dicembre alle ore 15 nella Cattedrale di Teramo, nella stessa chiesa dove, nel maggio 2003, erano state celebrate le esequie del primogenito Renzo, medico dell'Istituto Pasteur di Parigi.
La più grande e complessa inchiesta del dr. Barrasso fu quella del delitto dei coniugi Masi nel giugno 2005 a Nereto (Te), un massacro tra verità e misteri di un duplice efferato omicidio quasi perfetto. Lo ricordava il dr. Cristoforo Barrasso, all'epoca Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Teramo che alla vista dei corpi massacrati e del sangue sparso ovunque, aveva parlato di "efferatezza, crudeltà eccessiva e violentissima soprattutto sulla persona dell'avvocato".
Giovedì 2 giugno 2005, l'avvocato Libero Masi e la moglie Emanuela Cheli venivano barbaramente trucidati nella loro casa di via Lenin a Nereto, poco dopo la mezzanotte. La pista più accreditata resta quella della rapina finita male perché i particolari della vita privata non rivelerebbero nulla. Gli autori di quell'orribile massacro sono ancora a piede libero. La gente da quel giorno non dimentica, vive nell'angoscia di un delitto quasi perfetto, sconvolta non solo dal fatto che gli assassini sono ancora ignoti ma anche dalle speculazioni di quanti continuano a "sentenziare" contro gli inquirenti, contro la stessa magistratura che, per scongiurare la fuga di notizie rilevanti per l'inchiesta, fino a martedì 31 gennaio 2006 aveva secretato gli atti.
Quelle speculazioni avevano raggiunto i limiti della decenza e della legalità. Attacchi insensati alla magistratura, ai carabinieri e a quanti si stanno impegnando nella soluzione del caso, che non poche preoccupazioni avevano destato al dr. Barrasso. Impegnato con i suoi pm, fino in fondo, per fare chiarezza sulle ultime ore di vita dei coniugi Masi, scongiurandone l'archiviazione. Se la magistratura e gli inquirenti stanno lavorando alacremente per dare un volto agli assassini definiti da alcuni:"perfezionisti del crimine", è anche merito suo.
La tragica vicenda va inquadrata in un contesto a dir poco inquietante per una cittadina di appena 5 mila abitanti come Nereto. I neretesi, da parte loro non sono più sicuri di nulla ed ancora la pensano così: "Non si uccide così una persona solo per rapina: hanno trovato parte di una porta bruciata. Perché avrebbero dovuto perdere tempo cercando di appiccare il fuoco? Non penso sia stata una rapina: voci di paese almeno dicono così. Se si tratta di una rapina siamo tutti coinvolti allo stesso modo, non solo noi di Nereto. Si vada avanti fino in fondo: chiamate pure l'FBI, vogliamo gli assassini!". Come se le tecnologie investigative della scientifica italiana non fossero all'avanguardia.
Dubbi e perplessità, comprensibili, che sono sempre stati al vaglio degli inquitenti per evitare l'ennesimo "cold case". "Se gli assassini sono venuti da fuori - rileva un altro cittadino - com'è possibile che nessuno si sia accorto di niente, visto che la casa dei Masi non è lontana dal centro del paese? Sembra impossibile che gli inquirenti non siano ancora venuti a capo di nulla". Quel duplice assassinio è un fatto drammatico, crudele, atroce: "non esiste parola per toccare il fondo d'un pozzo di così abissale efferatezza" - aveva dichiarato l'ex procuratore capo Barrasso in una intervista. Siamo al cospetto di una vicenda rifiutata dalla coscienza collettiva, impossibile da collocare tra i ricorrenti fatti della cronaca nera e della storia giudiziaria locali.
Tra le mura di casa Masi a Nereto, quella tragica notte di tre anni e mezzo fa, sono saltati tutti i parametri del crimine. Ma c'è orrore e orrore, e lo abbiamo scoperto solo con gli inquietanti eventi di casa Masi. Una carneficina: la furia omicida aveva spazzato via due vite ma anche ogni barlume di civiltà e di sentimento umano. In quella fosca e truce vicenda non c'è traccia di pietà: come se una furia assassina si fosse abbattuta ciecamente su quella signorile palazzina di Nereto. Dove l'uomo si è fatto belva per sorprendere di notte marito e moglie, aggredirli e trucidarli, con la ferocia, l'impunità, il cinismo e la forza distruttrice di una folgore. Ma lasciando tre impronte a dir poco rilevanti per gli inquirenti, che potrebbero aver tradito l'identità degli assassini.
Una lasciata su una copertina di plastica di un libro, nella libreria dell'avvocato, dal quale manca una pagina strappata forse usata per accendere un fuoco presso una porta interna; una lasciata su una porta e l'impronta plantare (una "strisciata") impressa sul sangue non ancora coagulato. La traccia è stata rilevata ed asportata per eventuali confronti quando verrà trovata la scarpa gemella. Dunque non siamo di fronte a un delitto perfetto. Certo, i colpevoli sono stati molto agevolati dalle 12 ore intercorse dall'omicidio alla sua scoperta, dando loro la possibilità di occulare delle prove che altrimenti non avrebbero fatto in tempo a nasacondere. Ma perché colpire con quell'implacabile crudeltà?
La gente non dimentica, vuole che la verità trionfi, vuole che il caso non venga archiviato, per rendere giustizia ai morti e ai vivi, per dare una risposta a quanti da allora consumano le ore della notte e del giorno nella morsa di un incubo. Per capire se c'è ancora speranza di vincere il male su questa Terra. Il bandolo della matassa va trovato, i colpevoli assicurati alla Giustizia. Sarà poi un Museo della Criminologia, che un giorno sorgerà probabilmente proprio tra le pareti di quella villa oggi abbandonata, a ricordarcelo per sempre. Il pm Bruno Auriemma ebbe ad assicurare che i responsabili verranno presi: ma aveva chiesto ai cittadini di Nereto e dintorni la massima collaborazione.
L'alto magistrato era in pensione da alcuni anni, dopo averne trascorsi oltre 40 di carriera in tutti gli uffici del tribunale aprutino: prima alla pretura di Notaresco dove prese servizio al suo ingresso in magistratura. Lascia anche il figlio Bruno, avvocato, la nuora e quattro cari nipoti. I funerali saranno celebrati nel pomeriggio di venerdì 5 dicembre alle ore 15 nella Cattedrale di Teramo, nella stessa chiesa dove, nel maggio 2003, erano state celebrate le esequie del primogenito Renzo, medico dell'Istituto Pasteur di Parigi.
La più grande e complessa inchiesta del dr. Barrasso fu quella del delitto dei coniugi Masi nel giugno 2005 a Nereto (Te), un massacro tra verità e misteri di un duplice efferato omicidio quasi perfetto. Lo ricordava il dr. Cristoforo Barrasso, all'epoca Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Teramo che alla vista dei corpi massacrati e del sangue sparso ovunque, aveva parlato di "efferatezza, crudeltà eccessiva e violentissima soprattutto sulla persona dell'avvocato".
Giovedì 2 giugno 2005, l'avvocato Libero Masi e la moglie Emanuela Cheli venivano barbaramente trucidati nella loro casa di via Lenin a Nereto, poco dopo la mezzanotte. La pista più accreditata resta quella della rapina finita male perché i particolari della vita privata non rivelerebbero nulla. Gli autori di quell'orribile massacro sono ancora a piede libero. La gente da quel giorno non dimentica, vive nell'angoscia di un delitto quasi perfetto, sconvolta non solo dal fatto che gli assassini sono ancora ignoti ma anche dalle speculazioni di quanti continuano a "sentenziare" contro gli inquirenti, contro la stessa magistratura che, per scongiurare la fuga di notizie rilevanti per l'inchiesta, fino a martedì 31 gennaio 2006 aveva secretato gli atti.
Quelle speculazioni avevano raggiunto i limiti della decenza e della legalità. Attacchi insensati alla magistratura, ai carabinieri e a quanti si stanno impegnando nella soluzione del caso, che non poche preoccupazioni avevano destato al dr. Barrasso. Impegnato con i suoi pm, fino in fondo, per fare chiarezza sulle ultime ore di vita dei coniugi Masi, scongiurandone l'archiviazione. Se la magistratura e gli inquirenti stanno lavorando alacremente per dare un volto agli assassini definiti da alcuni:"perfezionisti del crimine", è anche merito suo.
La tragica vicenda va inquadrata in un contesto a dir poco inquietante per una cittadina di appena 5 mila abitanti come Nereto. I neretesi, da parte loro non sono più sicuri di nulla ed ancora la pensano così: "Non si uccide così una persona solo per rapina: hanno trovato parte di una porta bruciata. Perché avrebbero dovuto perdere tempo cercando di appiccare il fuoco? Non penso sia stata una rapina: voci di paese almeno dicono così. Se si tratta di una rapina siamo tutti coinvolti allo stesso modo, non solo noi di Nereto. Si vada avanti fino in fondo: chiamate pure l'FBI, vogliamo gli assassini!". Come se le tecnologie investigative della scientifica italiana non fossero all'avanguardia.
Dubbi e perplessità, comprensibili, che sono sempre stati al vaglio degli inquitenti per evitare l'ennesimo "cold case". "Se gli assassini sono venuti da fuori - rileva un altro cittadino - com'è possibile che nessuno si sia accorto di niente, visto che la casa dei Masi non è lontana dal centro del paese? Sembra impossibile che gli inquirenti non siano ancora venuti a capo di nulla". Quel duplice assassinio è un fatto drammatico, crudele, atroce: "non esiste parola per toccare il fondo d'un pozzo di così abissale efferatezza" - aveva dichiarato l'ex procuratore capo Barrasso in una intervista. Siamo al cospetto di una vicenda rifiutata dalla coscienza collettiva, impossibile da collocare tra i ricorrenti fatti della cronaca nera e della storia giudiziaria locali.
Tra le mura di casa Masi a Nereto, quella tragica notte di tre anni e mezzo fa, sono saltati tutti i parametri del crimine. Ma c'è orrore e orrore, e lo abbiamo scoperto solo con gli inquietanti eventi di casa Masi. Una carneficina: la furia omicida aveva spazzato via due vite ma anche ogni barlume di civiltà e di sentimento umano. In quella fosca e truce vicenda non c'è traccia di pietà: come se una furia assassina si fosse abbattuta ciecamente su quella signorile palazzina di Nereto. Dove l'uomo si è fatto belva per sorprendere di notte marito e moglie, aggredirli e trucidarli, con la ferocia, l'impunità, il cinismo e la forza distruttrice di una folgore. Ma lasciando tre impronte a dir poco rilevanti per gli inquirenti, che potrebbero aver tradito l'identità degli assassini.
Una lasciata su una copertina di plastica di un libro, nella libreria dell'avvocato, dal quale manca una pagina strappata forse usata per accendere un fuoco presso una porta interna; una lasciata su una porta e l'impronta plantare (una "strisciata") impressa sul sangue non ancora coagulato. La traccia è stata rilevata ed asportata per eventuali confronti quando verrà trovata la scarpa gemella. Dunque non siamo di fronte a un delitto perfetto. Certo, i colpevoli sono stati molto agevolati dalle 12 ore intercorse dall'omicidio alla sua scoperta, dando loro la possibilità di occulare delle prove che altrimenti non avrebbero fatto in tempo a nasacondere. Ma perché colpire con quell'implacabile crudeltà?
La gente non dimentica, vuole che la verità trionfi, vuole che il caso non venga archiviato, per rendere giustizia ai morti e ai vivi, per dare una risposta a quanti da allora consumano le ore della notte e del giorno nella morsa di un incubo. Per capire se c'è ancora speranza di vincere il male su questa Terra. Il bandolo della matassa va trovato, i colpevoli assicurati alla Giustizia. Sarà poi un Museo della Criminologia, che un giorno sorgerà probabilmente proprio tra le pareti di quella villa oggi abbandonata, a ricordarcelo per sempre. Il pm Bruno Auriemma ebbe ad assicurare che i responsabili verranno presi: ma aveva chiesto ai cittadini di Nereto e dintorni la massima collaborazione.
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04/12/2008
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