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Mezzo miliardo di potenziali consumatori in Cina, India, Russia

Porto Sant'Elpidio | Giovanni Lucani: " per competere nei mercati esteri abbiamo bisogno del sostegno delle istituzioni".

di Stefania Ceteroni

Le proposte dell' Anpec-Cna per lanciare di nuovo lo sviluppo del settore calzaturierio marchigiano, che ha il suo centro tra Porto Sant' Elpidio e Fermo, dove si riuniscono un terzo dei calzaturifici italiani e il 30 per cento della produzione nazionale di calzature, sono state la promozione dei marchi propri, la tutela del made in Italy, le costituzione di consorzi per la commercializzazione e la realizzazione di sviluppi per la formazione dei giovani e infine le efficaci politiche di contrasto ai falsi e alla contraffazione.

Le zone interessate sono circa sessanta Comuni a cavallo tra le province di Ascoli Piceno e di Macerata. Quest' area è passata dall' agricoltura alla produzione industriale acquistando un primato che ha consentito un benessere sociale diffuso e una abbondante occupazione. Però qualcosa ora sta cambiando, le troppe tasse, la difficoltà nel trovare una valida manodopera e una concorrenza a basso costo del lavoro (problema aggravato anche dalla presenza di imprese legali e illegali di immigrati cinesi), hanno causato gravi ostacoli denunciati dalle imprese del distretto marchigiano delle calzature e del cuoio.

Una delle cause maggiori e che fa paura è, soprattutto, la produzione cinese che è arrivata a coprire il 30 per cento della  produzione mondiale di calzature, a prezzi più bassi di quelli marchigiani proprio perché un operaio laggiù costa solo un dollaro al giorno.

Il risultato della produzione calzaturiera marchigiana, che interessa tutta la fascia bassa e in parte anche quella media, sta ormai andando fuori mercato. Solo i grandi marchi locali come Tod's, Paciotti, Fornarina riescono ancora a resistere insieme ai contoterzisti che lavorano per le grandi aziende nazionali, questi però stanno diventando ostaggi delle grandi aziende, non potendo diversificare la produzione.

Questa situazione difficile, rischia di gravare non solo sul comparto produttivo ma anche su un intero sistema sociale che oramai si ritrova senza certezze. Sono sempre più le imprese costrette a delocalizzano la loro produzione nei paesi del Sud Est asiatico e dell' Est Europa, lasciando sempre più operai in cassa integrazione. Il numero delle imprese comincia a calare infatti il distretto calzaturiero conta 4.069 imprese con 32.175 addetti, pari all'88  per cento delle imprese marchigiane. Lo scorso anno hanno chiuso i battenti in 302 e i neoimprenditori, che hanno tentato l' avventura delle calzature, sono stati solo 190.

Giovanni Luciani dell' azienda Lusi di Fermo ha dichiarato: "Le nostre imprese sono piccole e non hanno potuto crescere sul piano della cultura imprenditoriale. Siamo passati così dalle 12 mila imprese degli anni '80 alle 4 mila odierne, ma nei prossimi anni solo il 25 per cento resterà sul mercato. Rimarranno soprattutto aziende contoterzi e la zona si impoverirà".

Spiega  Lucani: "Noi del distretto calzaturiero facciamo già produzioni di alta qualità ma per penetrare i mercati esteri abbiamo bisogno del sostegno delle istituzioni che debbono accompagnare l' internazionalizzazione del distretto. Mercati come la Cina, la Russia, l' India li vedo come grandi opportunità perchè complessivamente hanno oltre 400 milioni di potenziali consumatori dei nostri prodotti ma, ad esempio finchè la Cina imporrà dazi del 36 per cento le nostre imprese non potranno entrare. E qui tocca alla politica rimuovere gli ostacoli e sostenerci all' estero".

Per le calzature marchigiane questo rappresenta un tasto dolente proveniente dall' export che assorbe più del 60 per cento della produzione. Le esportazioni, nei primi nove mesi del 2003, sono diminuite del 13 per cento mentre l'import è aumentato del 5,6 per cento. Grazie a 1,3 miliardi di esportazioni, contro 411 milioni di importazioni, il saldo commerciale è ancora in attivo ma la tendenza deve comunque far riflettere.

La diminuzione dell'export ha  interessato soprattutto la Germania (-30,6 per cento), gli Stati Uniti (-19,4) e tutti i Paesi europei. Per Luigi Silenzi,il responsabile Cna per il settore calzaturiero,: "alcuni timidi segnali di ripresa sono venuti dal Micam, il salone delle calzature di Milano, che ha registrato un forte interesse di acquirenti stranieri per le nostre produzioni. Di fronte alla crisi, infatti, i nostri artigiani si sono rimboccati le maniche e cercano di conquistarsi nuovi mercati puntando sull'innovazione e sulla qualità dei nuovi modelli." 

Una doccia fredda alle speranze del settore viene inoltre dall'indagine congiunturale dell'Unioncamere, secondo cui la produzione del settore calzaturiero nel 2003 si è abbassata del 5,3 per cento e l' occupazione è calata del 3,2 per cento. I dati sono stati confermati anche  da un'indagine dell' Ebam per cui gli investimenti nel 2003 sono scesi coinvolgendo solo il 9,8 per cento delle imprese.

21/02/2004





        
  



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