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Consulenza fiscale: nessun dubbio sulla sua libertà di esercizio

San Benedetto del Tronto | Grande sorpresa di tutti gli addetti ai lavori: la Corte di Cassazione sembra infatti aver mutato orientamento sul libero esercizio della consulenza fiscale.

Con la sentenza n. 10100 dell'11 marzo scorso, il Giudice di Legittimità - in contrasto col proprio cristallizzato orientamento, già peraltro enucleato dalla Corte Costituzionale - si è così espressa: "per stabilire se una determinata prestazione integri il reato previsto dall'art. 348 c.p., non è necessario rinvenire nella legge che regola la professione in tesi abusivamente esercitata una clausola di riserva esclusiva riguardante quella specifica prestazione, ma è sufficiente l'accertamento che la prestazione erogata costituisce un atto tipico, caratteristico di una professione per il cui esercizio manca l'abilitazione (....omissis...) l'indagato prestava assistenza fiscale e contabile anche a lavoratori autonomi e imprese e, quindi, operava in un campo per il quale non aveva la necessaria abilitazione".

Il contenuto pare dunque innovativo; prima di potersi definire però nuovo vessillo di chissà quale rivoluzione ermeneutica, lo stesso merita un'attenta riflessione. In primo luogo, v'è che esso si attaglia ad una c.d. "fase sommaria" (circa la regolarità del sequestro dell'immobile nel quale l'indagato svolgeva la propria attività di consulente del lavoro) e giammai ad un giudizio di legittimità, quale ultimo vaglio a seguito di regolari dibattimenti e precedenti condanne.

In sostanza, trattasi di res judicata che incide esclusivamente sul giudizio cautelare e non certo di pronuncia con tipico valore nomofilattico, come le altre, di segno opposto e note alla pubblica opinione.

In secundis, vale la pena ancora una volta richiamare la sentenza della Corte Costituzionale n. 418 del 27/12/1996, la quale - con riferimento alla professione di dottore commercialista e ragioniere- aveva già sgomberato il campo da equivoci: "(...omissis...) nella specie non solo nelle norme delegate non si rinviene alcuna attribuzione in via esclusiva di competenze, ma viene riaffermato che l'elencazione delle attività oggetto della professione disciplinata, non pregiudica né l'esercizio di ogni altra attività professionale dei professionisti considerati né quanto può formare oggetto dell'attività professionale di altre categorie a norma di leggi o regolamenti. In altri termini la disposizione comporta, da un canto, la non tassatività dell'elencazione delle attività e, dall'altro, la non limitazione dell'ambito delle attribuzioni e attività in genere professionali di altre categorie di liberi professionisti.

L'espressione < a norma di leggi o regolamenti> (...omissis...) deve doverosamente essere intesa non con esclusivo riferimento a professioni regolamentate mediante iscrizioni ad albo, ma anche, per quel che più rileva, con riferimento agli spazi di libertà di espressione di lavoro autonomo e di libero esercizio di attività intellettuale autonoma non collegati a iscrizione in albi".

Secondo il massimo Organo deputato nella Repubblica ad interpretare le leggi ed a dettarne l'applicazione, alla professione dei dottori commercialisti ed esperti contabili non risulta essere mai stata riservata alcuna attività in esclusiva, e l'elencazione delle attività c.d. tipiche non impedisce che le stesse possano essere esercitate liberamente, senza alcun limite, anche da altri professionisti ancorché non "albisti".

Alcun dubbio pertanto potrebbe mai essere avanzato: del resto, la Corte di Cassazione, in ambito civile e penale, si era più volte conformata a questo indirizzo. La sesta sezione penale, per esempio, con la sentenza n. 13124 del 2001, aveva già spiegato come le leggi istitutive delle professione di dottore commercialista e di ragioniere non attribuiva loro nessuna riserva, che viceversa solo una legge speciale ad hoc poteva assegnare (si veda l'art. 2937 c.c. sull'attività di sindaco di società commerciali).

Nell'ambito civilistico, poi, v'è che la seconda sezione civile, con sentenza n. 14085 del 2010, ha recentemente ribadito come la consulenza fiscale ed aziendale (insieme all'attività di redazione della dichiarazione dei redditi, Iva, Ici) sia libera e non appannaggio degli iscritti in albi od elenchi. E valga il vero: tale principio, infatti, è oramai riconosciuto anche dai vertici del Consiglio Nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. In conclusione, si può affermare che la sentenza in commento, contraddicendosi e smentendo quanto in precedenza affermato nelle molteplici pronunce della medesima Corte, non è in grado - anche per la sua stessa natura - di incidere in modo rilevante sulla legittima professione del consulente tributario.

16/03/2011





        
  



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