Se il vostro giornalista si fosse premurato di leggere le dichiarazioni rese al vostro stesso giornale sabato scorso, nelle quali a domanda del vostro collega Desideri rispondevo che la mia candidatura a sindaco di San Benedetto del Tronto “non è assolutamente nella logica delle cose”, avrebbe evitato di attribuirmi un retropensiero (“vorrei, non vorrei, ma se vuoi”) ambiguo e politichese che certamente non mi appartiene e che ha indotto Paoletti a un evidente passaggio a vuoto.

 

Infatti, mentre un giornalista ha l’obbligo, quando pone le domande di documentarsi prima di attribuir loro,  virgolettato, uno specifico valore, Paoletti non ha alcun obbligo di essere aggiornato, semmai ce ne fosse stato bisogno, della posizione del proprio deputato.

 

Pertanto, comprendo la risposta preoccupata che ha voluto dare allo scopo di “non bruciarmi” come si dice in gergo.

 

Come tutti i vecchi saggi, però, spesso più compiacenti verso i nipoti che verso i figli, ha ecceduto nelle premure e nelle tutele che non mi sembra di aver mai chiesto né a lui né al partito.

 

Riportandomi semplicemente a quanto a voi dichiarato sabato scorso, quindi, ribadisco che per quel che mi riguarda non esiste alcun problema di bruciatura di tempi e tappe, né tantomeno richieste di “precise e concrete” garanzie che, tra l’altro, mal si conciliano con la figura di un sindaco che, semmai, deve dare e non certamente ricevere “precise e concrete” garanzie ai suoi concittadini.

 

Sono, infine, dispiaciuto per la immotivata quanto gratuita caduta di stile che Paoletti ha avuto nei miei confronti nell’ultima parte dell’intervista.

 

Passi pure la soffocante premura dei nonni, meno gli schiaffi di correzione che, semmai ce ne fosse bisogno, spettano ai genitori.

 

Infatti, dall’alto della carica regionale che riveste nel partito, la metafora, tra l’altro non chiara e sicuramente forzata, del pastorello che grida al lupo rivolta a chi rappresenta lui, il partito della Margherita e l’Ulivo in Parlamento, mi è parsa davvero inaccettabile.

 

Quanto sono lontani i tempi di Giuliano Silvestri e del compianto Guido Ianni che, mai umiliati o bocciati dall’elettorato, quindi ancora più nobili, hanno saputo cogliere l’attimo fuggente, difficile e doloroso, ma dolce, discreto e lieve dell’abbandono!

 

Erano i tempi della cosiddetta e bistrattata prima Repubblica e dell’assalto alla diligenza, eppure loro sono usciti dalla scena politica  senza chiedere nulla se non il……silenzio!

 

Altri tempi, bei ricordi, grandi uomini!