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Referendum del 12 e 13 giugno

Fermo | Riflessioni a voce alta

di Cristiano Pieroni*

Risulta alquanto difficile, negli ultimi tempi, esimersi dall’esprimere un giudizio in merito al referendum che propone l’abrogazione parziale della legge n. 40 del 19.02.2004 contenente, tra le altre, le norme che disciplinano la fecondazione assistita. Come tutti possono osservare, nel dibattito hanno preso il sopravvento due correnti di pensiero maggioritarie, l’una che propende per il “si” ai quesiti referendari e l’altra che invita all’astensione.
 
Non può passare inosservato innanzitutto che il referendum, così come proposto, pone dei dubbi di legittimità poiché l’abrogazione parziale di una legge determina come conseguenza non una perdita totale  di efficacia del provvedimento bensì una modifica sostanziale nel suo contenuto dispositivo con conseguenze giuridiche difficilmente valutabili a priori, soprattutto da parte della gran massa di elettori. Volendo in ogni caso superare questo primo ostacolo dobbiamo comunque rilevare che coloro che invitano a votare “si” partono da un presupposto che non trova conferma nella scienza medica: tale presupposto è rappresentato dal mancato riconoscimento dell’embrione come persona; in effetti, è solo partendo da questo assunto che una mente razionale può affermare, con una certa disinvoltura, che sia lecito fare ricerca scientifica sugli embrioni in soprannumero, che sia lecito consentire l’analisi preimpianto affinché la coppia possa rifiutare l’impianto di un embrione malato, che il concepito non abbia gli stessi diritti della madre e di ogni altra persona.
 
Se si va a cercare il termine “embrione” su un qualunque dizionario, si trova all’incirca la seguente definizione: “organismo pluricellulare derivato dall’unione di gameti differenziati, maschili e femminili. In particolare, in medicina, l’embrione è il prodotto del concepimento nella fase organo-formativa, che va dalla quarta all’ottava settimana, dopo la quale si parla di feto. L’embrione si sviluppa gradualmente da uno stadio monocellulare (cellula uovo fecondata o zigote) fino al raggiungimento della forma e dell’organizzazione complessa tipica dell’individuo adulto, capace di vita autonoma”.
 
Questa è una definizione che, oltre ad essere difficile da comprendere in tutte le sue implicazioni scientifiche (e sulla quale quindi appare curioso che vengano chiamati a pronunciarsi cittadini che nella maggior parte dei casi non hanno gli strumenti idonei ad esprimere un voto convinto e cosciente) dovrebbe far sorgere quantomeno un dubbio nella mente dei referendari circa la possibilità che l’embrione sia una persona.
 
Una delle motivazioni forti che vengono addotte da chi sostiene il “si” ai quesiti referendari è rappresentata dalla necessità di consentire la ricerca scientifica sulle cellule staminali embrionali al fine di giungere a delle terapie per malattie spesso incurabili; ma questo, stando ai dati scientifici forniti da emeriti scienziati, risulta essere un filone di ricerca che fino ad oggi non ha dato risultati degni di nota e probabilmente non né darà neanche in futuro; un filone di ricerca che invece ha già dato grossi risultati in termini terapeutici, soprattutto con riferimento alla leucemia, è quella fatta sulle cellule staminali adulte prelevate dai cordoni ombelicali donati volontariamente da molte madri subito dopo il parto.
 
Questo tipo di ricerca purtroppo risulta al momento sospeso in Italia perché sono esauriti i fondi necessari per la sua prosecuzione; sorge allora spontanea una domanda: perché non battersi affinché riparta questo tipo di ricerca che ha già dato risultati e che salvaguarda la dignità della persona? Anche per il quarto quesito referendario, che vorrebbe introdurre nel nostro paese la possibilità di ricorrere alla fecondazione eterologa occorre dire che i proponenti partono da un presupposto non condivisibile: il diritto delle coppie sterili ad avere figli sarebbe più meritevole di tutela rispetto al diritto dei figli di conoscere i propri genitori biologici. In altri pesi europei in cui la fecondazione eterologa è permessa, essa ha dimostrato tutti i suoi limiti e pertanto i legislatori stanno facendo un passo indietro.
 
Ritengo opportuna un’ultima riflessione rispetto al fronte del “no”; ci sono in effetti esimi esponenti politici, anche del territorio fermano, che in nome di una errata concezione dei principi di libertà, di democrazia e di laicità dello stato, invitano i cittadini ad andare a votare per il “no”.
 
Una realistica presa d’atto della situazione suggerisce che se verrà raggiunto il quorum previsto per la validità della consultazione referendaria con ogni probabilità saranno i “si” a vincere e ciò rappresenterebbe una sconfitta proprio per i principi di libertà e di democrazia; come può esserci libertà e democrazia in un paese nel quale non ci fosse più il rispetto della persona umana dal momento del concepimento fino al momento della morte. Andare a votare “no” significherebbe quindi affossare gli stessi principi che si vorrebbero difendere attraverso l’esercizio del diritto di voto. Gli ideali di libertà e democrazia sono espressione di un sistema di valori che è alla base degli stati laici e quindi non si porrebbe il problema di una presunta lesione del principio della laicità dello stato laddove, attraverso l’astensione, essi venissero salvaguardati.
 
* capogruppo Udc al consiglio comunale di Fermo

09/06/2005





        
  



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