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Catalogare i tesori archeologici di Falerone custoditi al Louvre.

Falerone | L'assessore alla cultura Sauro Cecchi chiede all'archeologo francese Andrè Laronde di poter avviare una ricera sui tesori archeologici di Falerone custoditi in uno dei musei più famosi del mondo, il Louvre di Parigi.

di Alessio Carassai

Potrebbe essere più proficuo che mai il rapporto di stima nato fra l'archeologo francese e docente alla Sorbona di Parigi Andrè Laronde che lo scorso luglio ha visitato l'area archeologica "Falerio Picenus" di Piane di Falerone. Un parco moto ben custodito che ha scatenato le fantasie dello studioso francese tanto da far sorgere una bella e proficua amicizia. Grazie a questa amicizia si sono pututi scavalcare alcuni nodi burocratici per arrivare a conoscere la vera identità del patrimonio archeologico originario di Piane di Falerone custodito al Louvre.

Alcuni anni fa l'assessore alla cultura di Falerone Sauro Cecchi, invio alla direzione del Louvre una lettera chiedendo appunto una lista del materiale ed alcune foto, purtroppo mancando i giusti contatti, la direzione del museo francese senza tante sottigliezze rispose al Ministero della cultura Italiano che le opere erano state regolarmente acquistate. Un problema di fondo ci sarebbe a dire il vero, perché queste opere portate alla luce da uno studioso Faleronese senza alcuna autorizzazione nel 1836 ritrovo diversi pezzi fra cui due pregiate statue: una venere senza braccia di 1,58 metri e la raffigurazione di giove 1,12 metri e altri oggetti più piccoli. La curia a quel tempo mise sotto sequestro tutte le opere poi stranamente nel 1893 finirono in un museo romano e quindi rivendute al Louvre.   

"E' senza dubbio un rapporto che ci riempie d'orgoglio - ha sottolineato l'assessore Sauro Cecchi - sia per l'autorevolezza del personaggio sia per i rapporti di collaborazione che né sono scaturiti. Ho avuto personali rassicurazioni che Laronde si sarebbe occupato di catalogare quali reperti come la scultura della Venere sono custoditi ed espoti al Louvre di Parigi. L'altra cosa interessente è che lo studioso francese possiede una grande stima del metodo di lavoro degli archeologi italiani e locali, cosa molto importante visto che noi per natura tendiamo sempre a sottovalutare quello che possediamo quando invece altri c'è lo invidiano".

22/08/2005





        
  



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