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Arto Lindsay

| REGGIO EMILIA - Il chitarrista americano incanta il pubblico di un Lab.Aq16 gremito sino all'ultimo ordine di posti

di Paolo Rossi

Si è chiusa con l'evento più atteso la rassegna jazz del Lab.Aq16 di Reggio Emilia.

Accompagnato da Melvin Gibbs (basso) e David Roth (synth, tastiera, drum programming), Arto Lindsay non ha deluso quanti si aspettavano un'esibizione densa di emozioni, in bilico tra i trascorsi noise e gli ultimi , in ordine di tempo, esperimenti bossanovisti. A

ccolta da un lungo caloroso applauso, la laconica voce del compositore statunitense ha trascinato l'audience attraverso quindici pezzi (compresi i due bis), estrapolati per la maggior parte dai suoi "Mundo Civilizado" e "Noon Chill". I ritmi funky e a tratti dub del breakbeat newyorchese si fondono alla "saudade" dell'ammaliante cantato portoghese (in Brasile è infatti cresciuto Lindsay); soddisfatti dunque i nostalgici del passato no-wave dell'ex DNA (il suo modo di suonare, o meglio trattare la chitarra è lo stesso di venticinque anni fa:fatto di feedback e pochi accordi sghembi) e soddisfatti i meno esigenti sostenitori dei ritmi carioca. Standing ovation finale.

15/11/2005





        
  



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