La televisione del delitto
San Benedetto del Tronto | Bisogna diffidare sempre più dei programmi che trasformano delitti e processi in spettacolo
di Ettore Picardi
Televisione e giustizia, la situazione è insostenibile. La giustizia umana è stata organizzata nel tempo grazie ad elaborazioni scientifiche e filosofiche durate secoli e secoli, attraverso contributi di ingegni eletti e dispute alte quanto accese. Nella consapevolezza che la giustizia umana avrà sempre considerevoli limiti e lacune, e che a volte produrrà il contrario di quanto cerca, ovvero ingiustizia, la scienza giuridica ha comunque consolidato strumenti processuali importanti.
Pensiamo al principio del "favor rei", che guida il giudice oltre i suoi dubbi e lo spinge ad un miglior trattamento dell'accusato; pensiamo poi al processo penale costruito come un luogo dove tutti hanno parola uguale e la sintesi, cioè la decisione, arriva dopo adeguata riflessione e consiglio di più soggetti qualificati professionalmente.
Oggi però la scatola televisiva ci invia messaggi diversi. Troppi programmi, superficialmente, si occupano di casi drammatici, difficili, in contemporanea al pieno sviluppo di indagini e procedimenti. Peraltro queste trasmissioni celebrano i loro processi paralleli solo laddove essi suscitino interesse e spettacolo, mentre la giustizia tecnica deve celebrarli tutti e con adeguato impegno.
Le televisioni scelgono intrattenitori ed esperti con criteri non chiari, creando una casta di eletti esperti raramente capaci ed affidabili. Ripropongono all'infinito storie e temi orridi, sanguinolenti, basta che siano utili alla causa dell'ascolto. Propinano all'opinione pubblica le proprie verità e verdetti su casi aperti senza alcun riguardo per il vero processo e la sua difficile gestione.
Distorcono la percezione della società esasperando il singolo episodio, sovrapponendolo ad una lettura statistica idonea, necessaria per comprendere davvero l'evoluzione della società.
Così alla fine delle trasmissioni la confusione è totale. I programmi avranno fornito una pessima informazione, a cominciare dall'incapacità generalizzata a spiegare le regole di diritto e le complesse procedure che sono previste dalle leggi. Poi avranno costruito, spesso anticipando, un proprio verdetto su gravi fatti di sangue, un verdetto quasi sempre emotivo e spesso fazioso. Infine avranno inculcato negli spettatori l'idea di vivere una società popolata di mostri, mentre un tempo sì che tutti si viveva sereni e sicuri.
Oggi molti pensano che sianoin drammatico aumento le madri che uccidono i figli, le figlie che giovanissime uccidono le madri, i delitti passionali, le violazioni della privacy e le sordide vicende di pedofilia. In realtà una seria lettura statistica di questi fenomeni ci indicherebbe che il mondo evolve, ma che queste tipologie di reati non hanno subito un aumento di frequenza, bensì di impatto. Se ne parla di più e da pulpiti, come quelli dei moderni mass-media, che sembrano e si propongono come indiscutibili.
Invece che cultura ed informazione l'opinione pubblica riceve notizie imprecise ed il sistema giudiziario subisce pressioni e distorsioni che ne turbano la necessaria serenità di giudizio.
I personaggi di riferimento, eroi positivi e negativi, non sono più letterari, frutto di arte e della creazione di ingegni superiori.
Sono invece persone prese da vicende reali e sfruttate all'estremo, che non insegnano nulla perchè in origine banali e casualmente scelti dalla sorte come protagonisti del caso di attualità: peggio, poi, perchè rivisitati e ricostruiti da anchor-man e espertucoli vari con pochi scrupoli. Una madame Bovary, un Barabablù o una monaca di Monza erano molto più reali e vivi dei nostri "cattivi" che in realtà sono un affare per tanti.
Per completare il desolante panorama non vanno dimenticati i programmi dedicati alla crisi della giustizia, al conflitto magistratura-politica, alle riforme giudiziarie in corso. Anche qui manca del tutto la voce degli esperti e studiosi veri: ricordo solo inutili baruffe tra persone con posizioni preconcette.
Insomma non è un male che la televisione si occupi di giustizia. Anzi l'informazione e la critica sono le energie che muovono la democrazia. Lo è diventato, un male grave, nel momento in cui il piccolo schermo ha trasformato la giustizia in uno spettacolo pretendendo di essere il vero giudice della vita e delle vicende degli uomini, anche di quelli che un giudice ed un processo lo devono avere o l'hanno già avuto.
Pensiamo al principio del "favor rei", che guida il giudice oltre i suoi dubbi e lo spinge ad un miglior trattamento dell'accusato; pensiamo poi al processo penale costruito come un luogo dove tutti hanno parola uguale e la sintesi, cioè la decisione, arriva dopo adeguata riflessione e consiglio di più soggetti qualificati professionalmente.
Oggi però la scatola televisiva ci invia messaggi diversi. Troppi programmi, superficialmente, si occupano di casi drammatici, difficili, in contemporanea al pieno sviluppo di indagini e procedimenti. Peraltro queste trasmissioni celebrano i loro processi paralleli solo laddove essi suscitino interesse e spettacolo, mentre la giustizia tecnica deve celebrarli tutti e con adeguato impegno.
Le televisioni scelgono intrattenitori ed esperti con criteri non chiari, creando una casta di eletti esperti raramente capaci ed affidabili. Ripropongono all'infinito storie e temi orridi, sanguinolenti, basta che siano utili alla causa dell'ascolto. Propinano all'opinione pubblica le proprie verità e verdetti su casi aperti senza alcun riguardo per il vero processo e la sua difficile gestione.
Distorcono la percezione della società esasperando il singolo episodio, sovrapponendolo ad una lettura statistica idonea, necessaria per comprendere davvero l'evoluzione della società.
Così alla fine delle trasmissioni la confusione è totale. I programmi avranno fornito una pessima informazione, a cominciare dall'incapacità generalizzata a spiegare le regole di diritto e le complesse procedure che sono previste dalle leggi. Poi avranno costruito, spesso anticipando, un proprio verdetto su gravi fatti di sangue, un verdetto quasi sempre emotivo e spesso fazioso. Infine avranno inculcato negli spettatori l'idea di vivere una società popolata di mostri, mentre un tempo sì che tutti si viveva sereni e sicuri.
Oggi molti pensano che sianoin drammatico aumento le madri che uccidono i figli, le figlie che giovanissime uccidono le madri, i delitti passionali, le violazioni della privacy e le sordide vicende di pedofilia. In realtà una seria lettura statistica di questi fenomeni ci indicherebbe che il mondo evolve, ma che queste tipologie di reati non hanno subito un aumento di frequenza, bensì di impatto. Se ne parla di più e da pulpiti, come quelli dei moderni mass-media, che sembrano e si propongono come indiscutibili.
Invece che cultura ed informazione l'opinione pubblica riceve notizie imprecise ed il sistema giudiziario subisce pressioni e distorsioni che ne turbano la necessaria serenità di giudizio.
I personaggi di riferimento, eroi positivi e negativi, non sono più letterari, frutto di arte e della creazione di ingegni superiori.
Sono invece persone prese da vicende reali e sfruttate all'estremo, che non insegnano nulla perchè in origine banali e casualmente scelti dalla sorte come protagonisti del caso di attualità: peggio, poi, perchè rivisitati e ricostruiti da anchor-man e espertucoli vari con pochi scrupoli. Una madame Bovary, un Barabablù o una monaca di Monza erano molto più reali e vivi dei nostri "cattivi" che in realtà sono un affare per tanti.
Per completare il desolante panorama non vanno dimenticati i programmi dedicati alla crisi della giustizia, al conflitto magistratura-politica, alle riforme giudiziarie in corso. Anche qui manca del tutto la voce degli esperti e studiosi veri: ricordo solo inutili baruffe tra persone con posizioni preconcette.
Insomma non è un male che la televisione si occupi di giustizia. Anzi l'informazione e la critica sono le energie che muovono la democrazia. Lo è diventato, un male grave, nel momento in cui il piccolo schermo ha trasformato la giustizia in uno spettacolo pretendendo di essere il vero giudice della vita e delle vicende degli uomini, anche di quelli che un giudice ed un processo lo devono avere o l'hanno già avuto.
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01/01/2005
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