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Elezioni amministrative 2006: il “caso” Martinelli

San Benedetto del Tronto | Il sindaco uscente potrebbe ricandidarsi, nonostante la sua lotta con i partiti

di Giovanni Desideri

Domenico Martinelli

Negli ultimi giorni il sindaco di San Benedetto Martinelli ha fatto più di un sopralluogo nei cantieri delle “sue” opere: il lungomare e il nuovo arredo da via Gramsci alla rotonda Giorgini. Oltre che un dovere amministrativo, un calmo rifugio neoclassico per sfuggire agli strepiti dei partiti nel “palazzo”.

Sulla politica sambenedettese, oltre a molte altre, due domande viaggiano parallele ormai da molto tempo: “l’amministrazione durerà fino alla scadenza naturale del mandato?”. E l’altra: “il sindaco Martinelli si ricandiderà?”. La risposta a quest’ultima dipende dalla prima. Entrambe vengono però dopo una premessa in due punti: il sindaco come uomo della “società civile” e il suo rapporto odierno con i partiti di centrodestra, dopo quattro anni di affettuoso reciproco disprezzo.

Nel 2001 vinse lo schieramento della protesta contro uno solo: il sindaco uscente Paolo Perazzoli, che tuttavia aveva dietro di sé un partito e un suo radicamento in città. Nel 2006 Martinelli potrebbe ancora giocare questa carta presso l’elettorato: chiedere di evitare “il ritorno di quelli di prima”. Nonostante la ben altra coesione politica di questi altri, e l’assenza di quell’infinito chiacchiericcio che caratterizza invece l’attuale coalizione.

Ma soprattutto Martinelli è un uomo della società civile, placidamente impegnato in questi quattro anni a indebolire e dividere i partiti che lo sostengono: per imperare meglio. Per questo si è conquistato la fama di “uomo furbo”. Sed contra, Machiavelli: “sono tanto semplici li uomini, e tanto obediscano alle necessità presenti, che colui che inganna troverrà sempre chi si lascerà ingannare” (Il Principe, cap. XVIII, par. 3).

Prima e principale vittima del sindaco proprio il partito più forte dopo il voto del 2001: Forza Italia, passata dal numero record di 9 consiglieri a quota 3. Ma anche AN è divisa in due gruppi. E uno dei suoi cinque consiglieri è passato oggi nel gruppo misto. Semmai è l’UDC ad aver risentito meno delle turbolenze politiche, forse per le ridotte dimensioni del gruppo, che ha comunque registrato i suoi arrivi e partenze.

I partiti non riescono a risalire la china in cui sono stati precipitati dal sindaco: vedi le lamentele per il mancato coinvolgimento sul nuovo PRG, che per la verità è uno strumento di reciproco indebolimento sindaco/partiti. Ma ci pare che questo sia riuscito al sindaco soprattutto in virtù dei poteri conferitigli dalla legge, di nomina e revoca degli assessori, di vita e di morte politica di un intero schieramento, anche se non possiede alcuna tessera (solo per un periodo, dopo aver vinto le elezioni, Martinelli è stato iscritto a Forza Italia).

Se l’amministrazione arriverà a fine mandato, Martinelli non potrà non essere ricandidato. D’altra parte, se si considera che i partiti vorrebbero eccome riconquistare il loro spazio, questa soluzione denoterebbe soltanto una loro debolezza.

Secondo alcuni Martinelli potrebbe decidere di tirarsi fuori dalle estenuanti beghe politiche, per tornare a fare il medico. E dire “questo l’ho fatto io” durante la passeggiata domenicale sul lungomare. Del resto la sua azione amministrativa sembra essersi caratterizzata più per le opere visibili (i lavori pubblici, appunto), che non per quelle invisibili, che fossero di tipo sociale o culturale.

Ma più ancora che un caso politico l’attuale sindaco sta di fronte ai partiti e ai cittadini per la sua particolare personalità: insofferente alle critiche, il barometro del suo umore segna “bel tempo” e sorriso da qualche mese, proprio perché l’ultimo anno di mandato gli si apre di fronte come gli Champs Elysées nell’ultima tappa del Tour de France: una passerella. Un ottimismo che viene meno solo quando si parla di consiglio comunale (p.e. quello del 2 maggio): per la sua amministrazione come la criptonite per Superman. Luogo di voti trasversali e ricatti.

Martinelli potrebbe ricandidarsi perché il potere logora chi non ce l’ha. Perché ci ha preso gusto. Per adottare davvero il nuovo PRG, qualora il nuovo lungomare e gli ultimi lavori pubblici gli valessero la rielezione. Ma persino per fare il consigliere comunale, in caso di sconfitta. Per togliersi più di un sassolino dalle scarpe, contro destra e sinistra. A queste cose fa pensare il suo sempre sorridente “vedremo”, alla domanda sulla sua ricandidatura.

15/05/2005





        
  



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