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"Cold case" all'italiana? Ennesimo omicidio irrisolto in Val Vibrata

Teramo | Chi ha ucciso la sfortunata polacca Marzanna Malgorzata Kurasz a Corropoli nel 2005? Assolto il marito per non aver commesso il fatto.

di Nicola Facciolini

Marzanna Malgorzata Kurasz

Ecco l'ennesimo caso di omicidio irrisolto in provincia di Teramo e, dunque, in Val Vibrata. Chi ha ucciso la sfortunata polacca Marzanna Malgorzata Kurasz a Corropoli (Te) nel 2005? Forse, non lo sapremo mai. Come tutti sanno, è stato assolto anche in Corte d'Assise d'Appello, a L'Aquila, Doriano Paolini per non avere commesso il fatto. L'operaio di Corropoli, accusato di avere ucciso la moglie polacca Marzanna Malgorzata, è stato scagionato da ogni accusa.

La Corte D'Assise, ha respinto le istanze del Pubblico Ministero David Mancini che aveva chiesto l'ergastolo e ha disposto la sua immediata scarcerazione. Torna dunque in libertà dopo 21 mesi di prigione. Confermata dunque la sentenza di primo grado per Paolini accusato di aver inferto 80 coltellate alla moglie.Era stato infatti arrestato dai Carabinieri di Corropoli su richiesta del magistrato il 29 giugno del 2005 con l'accusa di omicidio. Sua moglie, Marzanna Malgorzata, era stata ritrovata cadavere il 6 marzo in un laghetto vicino Corropoli, brutalmente massacrata a coltellate. Fin dall'inizio l'operaio, difeso dall'avvocato Lino Nisii, era stato il principale e poi unico indiziato.

Per saperne di più, come chiaramente espresso in un'intervista ai colleghi di Teleponte che gentilmente ringraziamo di cuore, riportiamo il parere espresso dalla difesa. "Credo che si tratti di una sentenza definitiva - ha dichiarato l'avv. Lino Nisii - perché l'assoluzione della corte d'assise d'appello ha confermato la decisione della corte di assise di Teramo che già aveva assolto Paolini per non aver commesso il fatto. Teoricamente, dal punto di vista strettamente tecnico, non è una sentenza definitiva perché sarebbe proponibile da parte della Procura Generale un ricorso per cassazione. Sono portato ragionevolmente a escludere questa ipotesi in considerazione del comportamento che ha tenuto il pubblico ministero di udienza a L'Aquila".

A carico dell'imputato non c'erano prove? "C'erano indizi secondo la procura della repubblica presso il tribunale di Teramo, però gli indizi non costituiscono una prova rappresentativa del fatto omicidiario, perché gli indizi possono assurgere alla dignità di prova occorre che questi siano precisi, concordanti e gravi, e quindi occorre una costellazione di indizi che vadano in un'unica direzione. In questo caso i pochi indizi che potevano avere un valore sintomatico per la tesi accusatoria, erano contrastati da una serie imponente di altri indizi se non addirittura di prova, in un processo che a mio avviso non lasciava scampo all'accusa".

Dopo il fatto si parlò subito di omicidio d'impeto. "Questa è l'impostazione data dal pm, impostazione che non ha retto un minimo di verifiche: non si capisce la ragione perché in un delitto d'impeto Paolini dovesse disporre di un'arma di notevoli proporzioni come quella che hanno descritto i periti; perché avrebbe dovuto avere a disposizione le buste con le quali poi è stato imbustato il cadavere della povera donna. Poi tutti gli elementi acquisiti a seguito delle indagini dei Ris di Roma, hanno escluso qualunque traccia di sangue non solo nei vestiti ma anche nella macchina, nei luoghi abitualmente frequentati dal Paolini. Ed è stato un omicidio caratterizzato da una forte dispersione di sangue".

Ecco allora l'ennesimo caso di omicidio irrisolto in provincia di Teramo e, dunque, in Val Vibrata. "Questo è un dato di fatto, allo stato questo è un omicidio irrisolto, tale resterà, che si aggiunge purtroppo ad altri episodi che sono avvenuti nella zona della Val Vibrata. Le ragioni possono essere le più disparate. Non sta a me individuarle".

Ora è molto probabile che si ricominci tutto daccapo, anche perché le carte processuali non possono che risultare utili agli inquirenti al fine di sperimentare nuove iniziative investigative atte, da un lato a rassicurare i cittadini della non pericolosità della provincia in cui vivono, dall'altro ad assicurare alla giustizia un pericoloso criminale che non può e non deve farla franca. Non vorremmo, infatti, dover registrare, nelle cronache giudiziarie aprutine, l'ennesimo caso di "cold case" all'italiana, soggetto di un romanzo dell'orrore senza fine. A questo punto, infatti, ogni ipotesi diventa plausibile.

17/02/2008





        
  



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