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Le stranezze del voto fermano e ascolano.

Fermo | Il centrodestra si riconferma al primo turno all'Arengo con Celani, ma soccombe alle provinciali con un "Rossi superstar" contro uno "Scaltritti abbandonato". Ma da chi? E perchè?

di Luca Moriconi

Cosa è andato storto nel centro destra? In molti se lo chiedono dopo una sconfitta elettorale che brucia tantissimo e che, nessuno lo neghi, non era minimamente preventivata.
 
La scelta del candidato alla carica di presidente della provincia, Gianluigi Scaltritti, era stata presentata come la più valida tra quelle fatte negli ultimi anni. Eppure, Scaltritti non è nemmeno arrivato al ballottaggio, come invece era successo cinque anni fa nella sfida tra Colonnella e Castelli, nella quale quest’ultimo aveva dato parecchio filo da torcere al presidente uscente.

In realtà la chiave di lettura del voto è di difficile interpretazione: perché da un lato c’è un uomo di Bertinotti, ex sindaco che ha rivoluzionato la sua cittadina (Rossi) ed è salito al rango del politico modello, dall’altro un uomo di Berlusconi, deputato azzurro, ottimo ed apprezzato imprenditore, che si è contraddistinto per fair play e moderazione. Troppa, forse. Perché i detrattori di destra sostengono che Scaltritti non abbia giocato le carte giuste in questa campagna elettorale, tralasciando un dettaglio importantissimo nella ricerca dei suoi voti: la massa.
 
Scaltritti non è arrivato al cuore del problema, non ha parlato con la gente; Rossi la gente se l’è portata dietro per tutta la durata della sua campagna elettorale, l’ha rassicurata, l’ha cercata e, laddove non gli prestava attenzione, l’ha convinta, prova ne sono i voti ottenuti dai moderati.
 
Forza Italia non è riuscita nemmeno a sfruttare l’onda grande della provincia di Fermo: proprio Fermo, dove gli azzurri speravano di ottenere un grande risultato e dove quel tanto preoccupante astensionismo ha lasciato il posto ad un’affluenza record del 70%, ha voltato le spalle a Scaltritti, e il colpo è stato peggiore di quello inferto dall’ormai rossa Grottammare e dalla sempre filodiessina San Benedetto.
 
56% contro 38%, un abisso. Fermo, patria anche del coordinatore regionale di Forza Italia, Remigio Ceroni.
 
Di certo, non si può dire che Scaltritti non si sia speso in un massacrante tour de force elettorale; a questo punto, quindi, viene confermata la tesi secondo la quale il candidato conta aldilà dello schieramento e del partito che lo esprimono, altrimenti non si spiegherebbe il voto disgiunto di Ascoli città, dove un uomo di centrodestra come Celani viene riconfermato al primo turno, ma dove i cittadini spostano la matita su altri simboli quando si tratta di scegliere il candidato alla provincia e danno la preferenza ad un uomo di sinistra, non moderata, di sinistra proprio.
 
La “provincia del Fermano” non ha, insomma, avuto nessun effetto sulla scelta della gente, che ha riconfermato un sindaco (Celani) dato per spacciato perché non era stato abbastanza addosso ai politici romani che decidevano sulla divisione del territorio, e una giunta provinciale di centrosinistra che veniva additata come la principale responsabile della rottura con il fermano.
 
Si può concludere, quindi, che il famoso librone dei 150 anni della provincia di Ascoli, si è rivelato una spesa inutile per Colonnella, non tanto perché non è stato un mezzo valido per incassare voti, quanto perché quei voti il centro sinistra ce li aveva già in tasca, con o senza la provincia del Fermano.  
 
Adesso, a questa “sinistra-centro” che governerà la provincia per i prossimi cinque anni, il compito di traghettare il territorio alla definitiva divisione in due Enti ma, soprattutto, di dimostrare che Colonnella aveva ragione quando diceva che il fermano era stato trattato con pari dignità dell’ascolano, a cominciare dalle strade.  Buon lavoro.
 

15/06/2004





        
  



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