Ivan Basso ha stravinto il Giro dItalia
| Ha vinto anche la più difficile tappa di salita.
di Renato Novelli
E’ salito primo e in fuga sul Mortirolo, dove nel 1994, un giovano sconosciuto, gregario di Chiappucci, staccò tutti, compreso il vincitore di tre Tour e due Giri, Miguel Indurain. Si chiamava Marco Pantani, nel bene e nel male quel corridore ha rifondato il tifo ciclistico nazionale ed è diventato in pochi anni, il corridore più sfortunato, più amato, più punito di tutta la storia dello sport delle pedivelle. Basso ne ha fatta una grossa.
Ha scollinato con il suo gregario acquisito Gilberto Simoni e poi lo ha lasciato nella salita dolce dell’Aprica. In discesa Simoni ha guidato il duo aiutando Basso, che notoriamente non è un buon discesista, a prendere in modo migliore le traiettorie delle curve. Simoni ha detto che non ci sono più veri uomini, che Basso gli ha chiesto di non staccarlo, che è un extraterrestre troppo forte per chiunque. Simoni e tutta la sua squadra sono stati i gregari più affezionati di Basso per tutto il Giro. La versione di Basso è diversa.
Dice laconicamente che ha detto “non ammazziamoci lungo la discesa”. La differenza sembra inconsistente, ma nella versione di Simoni c’è implicita la promessa della vittoria di tappa per lui, nella versione di Basso, c’è un segnale di intesa, ma non una promessa. E’ chiaro che la versione di Simoni appare più verosimile, ma l’affaire non può essere isolato dal rapporto più ampio che Simoni ha stretto con Basso da almeno 7 -8 tappe, con buoni risultati di visibilità e vittoria per la sua squadra. C’è anche qualcosa che Simoni non dice.
Ha corso anche per impedire a Cunego di rientrare su lui e Basso. La rivalità con la giovane cometa veronese ha avvelenato i suoi ultimi tre Giri. Due episodi storici possono costituire per Basso e Simoni la meditazione della sera. Al suo primo anno di professionismo, Gimondi, fuggì in una classica minore, portandosi dietro un anziano buon ciclista, che non aveva pressoché vinto nulla. Se non ricordo male si chiamava Pettinari.
A pochi Chilometri dal traguardo Gimondi pestava sui pedali e Pettinari gli disse “tu sei un astro nascente, non staccarmi, non impedisco la tua vittoria, ma dammi la soddisfazione di arrivare secondo insieme a te” Gimondi, che fu fin da ragazzo, quella pasta d’uomo che abbiamo conosciuto per lunghi anni, non staccò Pettinari che lo bruciò allo sprint. Scesi di bici, prima che Gimondi potesse dire qualcosa Pettinari lo investì con rispetto “Gimondi non arriabbarti, oggi hai ricevuto gratis una lezione di ciclismo. Non fidarti mai di chi ti dice non staccarmi” Gimondi non si arrabbiò racconta questo episodio in una sua biografia intitolata “Io Gimondi”.
Forse a Simoni la stessa lezione è stata impartita a fine carriera. Nel 1955, il giovane Nencini dominava il Giro, Coppi non riusciva a recuperare. Magni era secondo con semplici 11” in meno di Coppi rispetto a Nencini. In modo ingeneroso, i due vecchi, durante una tappa nervosa, ma non difficile, videro la maglia rosa del giovane astro fermarsi per una pipì (sic). Si involarono e negli ultimi chilometri corsero una cronometro a due come fosse un Trofeo Baracchi. Coppi diede i cambi ogni cento metri in una folle corsa, ma contentò di riprendere gli 11”. Vinse la tappa. Tutti gli rimproverarono di avere il suo sesto Giro.
L’anno dopo, mentre la luce di Coppi diventava un lume, al Giro di Lombardia il più grande campione di tutti i tempi fuggì e rivide per un attimo l’opportunità di vincere ancora. Magni organizzò l’inseguimento del gruppo con acrimonia e determinazione. All’arrivo Coppi raggiunto e sconfitto, scoppiò in lacrime. Orse ha ragione Simoni nel dire che non ci sono più uomini nel ciclismo. Lui compreso ? Basso ha tagliato il traguardo mostrando tra le mani la foto del figlio Santiago nato ieri. Un gesto alto, che dà una dimensione reale alla presunta slealtà, mentre porta il suo trionfo al Giro nel cielo dei sentimenti forti e degli affetti lunghi.
Basso ha stravinto. Non ha mai avuto avversari che potessero farlo impensierire se non se stesso. Il nuovo imperatore ha coniato la moneta del suo impero che si chiama supremazia. Ora quelli che cercano di fare compromessi con lui sanno che con questa moneta verranno ripagati. Simoni pensava che fosse in circolazione la vecchia buona Lira. Ma legambe, ma le gambe, ma le gambe ancor di più.
Ha scollinato con il suo gregario acquisito Gilberto Simoni e poi lo ha lasciato nella salita dolce dell’Aprica. In discesa Simoni ha guidato il duo aiutando Basso, che notoriamente non è un buon discesista, a prendere in modo migliore le traiettorie delle curve. Simoni ha detto che non ci sono più veri uomini, che Basso gli ha chiesto di non staccarlo, che è un extraterrestre troppo forte per chiunque. Simoni e tutta la sua squadra sono stati i gregari più affezionati di Basso per tutto il Giro. La versione di Basso è diversa.
Dice laconicamente che ha detto “non ammazziamoci lungo la discesa”. La differenza sembra inconsistente, ma nella versione di Simoni c’è implicita la promessa della vittoria di tappa per lui, nella versione di Basso, c’è un segnale di intesa, ma non una promessa. E’ chiaro che la versione di Simoni appare più verosimile, ma l’affaire non può essere isolato dal rapporto più ampio che Simoni ha stretto con Basso da almeno 7 -8 tappe, con buoni risultati di visibilità e vittoria per la sua squadra. C’è anche qualcosa che Simoni non dice.
Ha corso anche per impedire a Cunego di rientrare su lui e Basso. La rivalità con la giovane cometa veronese ha avvelenato i suoi ultimi tre Giri. Due episodi storici possono costituire per Basso e Simoni la meditazione della sera. Al suo primo anno di professionismo, Gimondi, fuggì in una classica minore, portandosi dietro un anziano buon ciclista, che non aveva pressoché vinto nulla. Se non ricordo male si chiamava Pettinari.
A pochi Chilometri dal traguardo Gimondi pestava sui pedali e Pettinari gli disse “tu sei un astro nascente, non staccarmi, non impedisco la tua vittoria, ma dammi la soddisfazione di arrivare secondo insieme a te” Gimondi, che fu fin da ragazzo, quella pasta d’uomo che abbiamo conosciuto per lunghi anni, non staccò Pettinari che lo bruciò allo sprint. Scesi di bici, prima che Gimondi potesse dire qualcosa Pettinari lo investì con rispetto “Gimondi non arriabbarti, oggi hai ricevuto gratis una lezione di ciclismo. Non fidarti mai di chi ti dice non staccarmi” Gimondi non si arrabbiò racconta questo episodio in una sua biografia intitolata “Io Gimondi”.
Forse a Simoni la stessa lezione è stata impartita a fine carriera. Nel 1955, il giovane Nencini dominava il Giro, Coppi non riusciva a recuperare. Magni era secondo con semplici 11” in meno di Coppi rispetto a Nencini. In modo ingeneroso, i due vecchi, durante una tappa nervosa, ma non difficile, videro la maglia rosa del giovane astro fermarsi per una pipì (sic). Si involarono e negli ultimi chilometri corsero una cronometro a due come fosse un Trofeo Baracchi. Coppi diede i cambi ogni cento metri in una folle corsa, ma contentò di riprendere gli 11”. Vinse la tappa. Tutti gli rimproverarono di avere il suo sesto Giro.
L’anno dopo, mentre la luce di Coppi diventava un lume, al Giro di Lombardia il più grande campione di tutti i tempi fuggì e rivide per un attimo l’opportunità di vincere ancora. Magni organizzò l’inseguimento del gruppo con acrimonia e determinazione. All’arrivo Coppi raggiunto e sconfitto, scoppiò in lacrime. Orse ha ragione Simoni nel dire che non ci sono più uomini nel ciclismo. Lui compreso ? Basso ha tagliato il traguardo mostrando tra le mani la foto del figlio Santiago nato ieri. Un gesto alto, che dà una dimensione reale alla presunta slealtà, mentre porta il suo trionfo al Giro nel cielo dei sentimenti forti e degli affetti lunghi.
Basso ha stravinto. Non ha mai avuto avversari che potessero farlo impensierire se non se stesso. Il nuovo imperatore ha coniato la moneta del suo impero che si chiama supremazia. Ora quelli che cercano di fare compromessi con lui sanno che con questa moneta verranno ripagati. Simoni pensava che fosse in circolazione la vecchia buona Lira. Ma legambe, ma le gambe, ma le gambe ancor di più.
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