Il terz’ultimo capitolo del Codice da Basso, è finito oggi. L’altare è consacrato definitivamente. La tappa era difficile, lunga 224 Km. con una salita finale micidiale. O così dicono i Vangeli.

Due uomini in fuga, lo spagnolo Garate e il germanico Voigt. Dietro Basso e Simoni insieme. A pochi metri dal traguardo Voigt che è gregario di Basso, dà una pacca sulla schiena di Garate, i due si scambiano una stretta di mano e Garate va a vincere. Per i cronisti è un bel gesto. Perché mai? Si tratta di un ringraziamento a nome di Basso per una fuga funzionale alla classifica ?

Non si spiega altrimenti. Le alleanze hanno una lunga storia nel ciclismo, ma gesti così si sono visti raramente. Il codice da Basso è sempre più best – seller. Io non ce l’ho con lui che è un gran corridore, ma con i dirigenti di un ciclismo che vuole un protagonista assoluto e solitario, una figura carismatica che si misura con se stessa e non con avversari. Basso è forte, ha costruito la sua vittoria con una tattica sapiente. Ha corso dando minuti giorno per giorno, a cronometro, sulle salite che tutti definivano d’assaggio.

Quando il Giro è arrivato alle montagne, in verità meno grandi di quanto al retorica rosa avesse detto, i giochi erano fatti. Ai pallidi avversari non rimaneva che cercare l’alleanza più esplicita, come nel caso di Simoni, o la penitenza più silenziosa come nel caso di Cunego o ancora il rifugio nel piccolo mondo antico di Savoldelli e Di Luca. Il Giro è diventato uguale al Tour.

Come Gimondi sono tifoso di Basso e mi butto anch’io in soccorso del vincitore, come sanno fare gli italiani da qualche secolo, ma spero che il Tour diventi un po’ come il Giro: una corsa di pirati, incerta fino alla fine.

Il grande Basso, permettendo, of corse. Che per il sommo Totò, voleva dire di corsa. Ovvio no?